MASTRO
GEPPETTO,
O DELLA RESPONSABILITÀ
"Il volto umano nella produzione culturale globalizzata"
Traccia per un intervento in varie conferenze
di BRUNO TOGNOLINI
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1 . CON LA SCUSA DEL SISTEMA
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IL VOLTO UMANO E L'INTERFACCIA DELLA MACCHINA
S'usa dire, per farsi capire, che l'interfaccia grafica dei programmi
dei computer (le finestre di "Finestre", cioè di "Windows") sia
la maschera che la macchina indossa per rendere il suo volto inumano presentabile
all'uomo. Sotto di essa si muovono strati di linguaggi sempre più
oscuri, fino a quelli del tutto alieni del "linguaggio macchina", che si
parla al silicio.
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LA MACCHINA NON È INTERLOCUTRICE DELL'UOMO
La macchina si mette una maschera per parlare all'uomo? È dunque
interlocutrice dell'uomo? No, a dispetto dei nostri incubi così
non è. Un prodotto interattivo non è una macchina interlocutrice
ma un'opera, un manufatto dell'ingegno e delle mani che alcuni uomini
preparano per altri. Interlocutore dell'uomo quindi non è la macchina,
ma ancora e sempre l'altro uomo che l'ha intagliata - nel legno o nel software
- per lui.
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SCONGIURI, PROFEZIE, SIMULAZIONI
Ma se Geppetto si mette a intagliare il suo legno e salta fuori un
burattino parlante e scalciante? Da tempo infinito, da infinite storie
l'uomo fa le prove per generare la Creatura, la IA (l'Intelligenza Artificiale),
il Golem, il Frankenstein o il Pinocchio, buffi o fatali, ma sempre incontrollabili.
Le fiabe e i miti, dunque, cosa fanno? Scongiurano ed esorcizzano pericoli?
O prefigurano e profetizzano conquiste? Forse piuttosto "simulano", per
sperimentare in condizioni di sicurezza ciò che solo un domani si
realizzerà. E vediamo qualche realizzazione.
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È SOLO IL VECCHIO GENIO
È una macchina che ci fronteggia quando "il computer" genera
cartelle fiscali pazze, o quando "si blocca" in banca e non ci lascia vedere
i nostri dati? No, è qualche ingegnere che ha sbagliato nella scrittura
dei programmi di quei computer. Il computer è un servo scrupoloso
e velocissimo, e oltretutto non è per niente "nuovo": è dai
tempi della fiaba che lo "simuliamo". Da Cenerentola, che deve raccogliere
e dividere un sacco intero di lenticchie e fagioli e piselli, se vuole
andare alla festa; dalle prove magiche di "arare e seminare e raccogliere
in una sola notte"; dalle magie dei piatti e delle valige che Merlino e
Mary Poppins (in Walt Disney) fanno a colpi di bacchetta: l'uomo l'ha sempre
detto che voleva un Genio servizievole e veloce, che lo aiutasse a compiere
le operazioni ripetitive e stupide della vita di ogni giorno.
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CON LA SCUSA DEL SISTEMA
Eppure c'è sempre qualcuno agli sportelli che ti dice: è
il computer. Come qualcun altro, ad altri sportelli, che proclama che il
cinema si fa così, la televisione è così,
questa è la stampa baby. "È il mercato, son le regole oggettive
del mercato". C'è una certa quale cupa intonazione nella voce
di giornalisti opinionisti economisti, quando chiedono ai loro interlocutori:
o volete mettere in discussione il mercato? Non doveva esser molto
dissimile la voce con cui secoli fa gli inquisitori chiedevano l'abiura.
No, per carità: non si discute il Mercato Trionfante, in its full
glory: la televisione è così, la gente la vuole così,
e continueremo a farla così.
2 . ATTRAVERSO LE CREPE
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LABORATORI SEGRETI DEL FUTURO
Quando, nel ‘91, ho cominciato a far televisione, entrando nel gruppo
degli autori de "L'Albero Azzurro" ho creduto a una visione: un programma
televisivo per bambini che sembrava un laboratorio segreto, dove con la
scusa dei bambini si facessero prove per una televisione "dal volto umano",
più intelligente e affettuosa, meno spietata e cretina. Una rarità,
una mosca bianca - o un "Albero Azzurro", appunto.
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LE CREPE NEL "SISTEMA"
E come è potuto accadere, questo? Forse è accaduto perché
la RAI, quando l'Albero Azzurro è spuntato (nel ‘90), non produceva
programmi per bambini da vent'anni, e s'erano perse le "professionalità".
Pare che non ci fossero, nei corridoi RAI, sceneggiatori televisivi (dio
ci scampi) con esperienza di scrittura per bambini. Si è aperta
un crepa nel cemento del palazzo. Hanno dovuto cercarli in altri posti:
tra gli scrittori di libri (Bianca Pitzorno e Roberto Piumini), tra gli
scrittori di teatro per bambini, tra cui per caso me - che lavoravo da
dodici anni nella santa marginalità dei duri e puri, in un gruppo
teatrale.
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DALLA CREPA ROTOLA GIÙ UNA MELA
Sono stati anni di lavoro come sceneggiatore per bambini alla RAI;
poi altri anni fuori (conviene rifarsi il sangue); poi altri dentro. Dentro
e fuori: mi chiedono di scrivere televisione? Io do loro qualcosa che è
quasi uguale: "Melevisione", uguale a televisione, salvo per una
minuscola consonante. Ma i bambini lo sanno: da un granello fuori posto
nasce sempre una storia. E infatti eccola: la Melevisione è una
televisione che va a mele. Non è vero che un frutto così
non può esser caduto - attraverso le crepe del sistema - che da
un Albero Azzurro?
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IL VOLTO UMANO È L'ELEMENTO ESTRANEO
Un autore che scrive a casa, senza mettere piede in studio, è
estraneo al processo produttivo: ma questo può essere utile. Vi
sono inerzie in ogni sistema che replica se stesso, che lo portano prima
o poi alla rovina, se non immette "sangue nuovo". Dovrebbe immetterne in
tutti i programmi, per tutti i campi dei linguaggi: scenografi, musicisti,
attori presi "da fuori". Out there, come dicono gli americani, c'è
gente bravissima. Del resto fuori della TV c'è il mondo, nonostante
l'allucinazione cosmicomica in corso, e se la TV si salva sarà solo
assomigliando di nuovo al mondo, non ostinandosi a assimilarlo a sé
(non ci riuscirà, e la distruggeranno).
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QUESTIONE DI ZERI
La produttrice esecutiva della Melevisione, "il mio capo", durante
una discussione su certe mie scritture giudicate troppo sofisticate, troppo
fini, mi ha chiesto quante copie vendo dei miei libri di filastrocche belle
e fini. Tremila, cinquemila - le ho risposto. La Melevisione - mi ha detto
- tocca ogni giorno 500.000 bambini. È questione di zeri: vuoi che
"qualcosa" della leggiadria dei tuoi versi arrivi anche ai 495.000 bambini
che non comprano libri? O vuoi lavorare solo per quei 5000 figli di genitori
colti e avvertiti, e che gli altri si becchino la spazzatura?
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HEART PLUG A HOLE IN HEAVEN, OR HEAVEN PLUGS A HOLE IN HEART?
Allora vediamo: abbiamo detto che si aprono brecce nel sistema. Noi
ci ficchiamo, coi nostri volti umani, in queste brecce. Siamo i cunei che
le apriranno? O siamo la stoppa che tappa la spazzatura?
3 . MASTRO GEPPETTO, O DELLA RESPONSABILITÀ
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I MAESTRI
Questi quesiti ci fanno correre in discesa più veloci di quanto
le gambe pinocchie possano reggere. E allora conviene scalare di marcia.
Passo più corto: non si tratta di salvare il mondo e il sistema,
ma di fare bene il proprio lavoro. Quelli che sapevano fare bene il proprio
lavoro, una volta, si chiamavano maestri. Mastro Geppetto è un maestro
di legna (e infatti s'è visto che manufatto!). Maestro è
chi porta pari rispetto per i suoi destinatari e per la sua arte.
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RISPETTO PER GLI ATTREZZI
E le due forme di rispetto, se il processo dell'arte è sano
("ars/techne", naturalmente), non dovrebbero mai entrare in collisione.
Il maestro porta rispetto ai suoi pennelli, alle sgorbie e alle raspe,
ai libri e alle penne, e alle esigenze delle storie e delle rime. Un maestro
non fa opere che non gli piacciono, perché mancherebbe di rispetto
alla sua arte. E la sua arte si vendicherebbe. I produttori, gli editori,
gli editors, i direttori, i capi e i mecenati non dovrebbero mai chiedere
ai maestri di fare cose che non rispettano la loro arte; ma soprattutto
i maestri non devono mai farle. E qual è il limite di questo rispetto?
Ogni maestro conosce il suo.
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RISPETTO PER IL PUBBLICO
Come conosce limiti e leggi dell'altro rispetto, quello per gli utenti
della sua arte. Come è potuto accadere, viene da chiedersi, che
i produttori di cultura industriale si convincessero che questa spazzatura
è veramente "ciò che la gente vuole"? Ci interroghiamo su
quanti ne sono convinti in buona fede: per i mestatori nel torbido, che
son sempre esistiti, occorrono altri argomenti. Ma coloro che ne sono convinti,
come hanno potuto perdere il rispetto del loro pubblico fino a questo punto?
Come hanno fatto a dimenticare che rispettare il prossimo è crederlo
se mai un po' migliore di quello che è, mai peggiore. E dargli
di più di quello che merita, non di meno.
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RESPONSABILITÀ
Assomiglia come suono alla parola "rispetto", e certamente è
imparentata con "risposta": "responsabilità" è rispondere
di ciò che si fa. I maestri firmano le loro opere, perché
ne rispondono: davanti alla dignità del loro mestiere e degli spettatori.
E con mille responsabilità in più (e più che etiche,
etologiche) se gli spettatori son bambini. Il bambino non è un dato
di audience, ma una presenza individuale: è quel bambino seduto
in quella cucina, che ci ascolta perché abbiamo preso la parola.
Noi autori non siamo "la televisione", ma quegli scrittori, quegli attori,
quel regista: uomini e donne che hanno preso su di sé, coscientemente,
la responsabilità di parlargli per televisione. Nessuno si nasconde
dietro nulla.
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DOVE SEI? - SONO QUI
Perché il dialogo primario e segreto che avviene tra un bambino
e un adulto, qualsiasi cosa si dicano, è in fondo sempre lo stesso:
"dove sei?", chiede il bambino? "Sono qui", risponde il grande, se può.
Se sa veramente dirlo, se non si nasconde (per esempio dietro un sistema),
sentirà il bambino aggiungere: "anch'io sono qui". E avrà
davanti bambini, non ascolti.
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LUNGHE ERE DI GIUSEPPE FALEGNAMI
Una lunga processione di artigiani di nome Giuseppe, padri perplessi
ma buoni falegnami, da San Giuseppe a Geppetto, ha costruito nei millenni
carretti e teatrini per far giocare i bambini che capitavano loro tra capo
e collo, chi sa da dove. Il fatto che non fossero figli loro (ogni padre
è un po' putativo), non li ha mai esonerati dalla responsabilità:
ogni bambino umano è figlio mio. Chi invece manda i propri figli
a scuola dagli antroposofi, con una mano, e rovescia decenni di televisione
spazzatura sui figli degli altri con l'altra, non è un mastro falegname:
è un irresponsabile, e ci sta portando in epoche tristi.
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MASTRO GEPPETTO E LA RESPONSABILITÀ
Ecco tutte le responsabilità di un maestro, di un volto umano
nella cultura globalizzata. E ce n'è un'ultima ancora, molto forte.
Se non è facile sentirsi responsabili di un sistema che si padroneggia,
per esempio il proprio mestiere, come vivremo il senso di responsabilità
davanti a sistemi ribelli, che ci sfuggono di mano? Il manufatto che il
falegname ha fatto diviene macchina, diviene automa incontrollato, diviene
sistema irresponsabile e gli scappa: ma non per questo il vecchio Geppetto
si sente meno responsabile di lui. Lo andrà a cercare ostinatamente,
quel sistema impazzito, fino in fondo all'oceano, in pancia ai pesci.
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Insomma, alla fine di tutto si tratta di questo: nessun autore, nessun
produttore di cultura deve pensare di sfuggire alle proprie responsabilità
con la scusa che fa tutto il computer, o la TV o il mercato o il sistema.
O continuerà a fare tutto qualcun altro, che quei sistemi li manovra
bene.
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