Bruno Tognolini
FALARIA
Il mondo aspetta un bambino
Illustrazioni di Andrea Alemanno
Cartonato, 28 x 22, 64 pagine, € 18.00


Una piccola Genesi in prosa e poesia con figure. Una cosmogonia di bambini poeti creatori del mondo, che rinasce ogni volta che ognuno di loro viene alla luce. Un'insolita storia sacra, però sorridente. Per bambini, però adatta a ogni età. Dove ogni lettore potrà ricordare, o immaginare, il suo arrivo nel mondo. E presagire quello dei nuovi bambini futuri, che di nuovo lo rifonderanno.


Cammina il mondo, devi ridargli il nome
Girarlo in tondo, per ricordare come
Rifare il dono, per riparare il danno
Chiama le cose, altrimenti se ne vanno

Cammina il mondo, hai le benedizioni
I nomi bene detti che danno guarigioni
Li hai solo tu, sei la creatura del cammino
E sei il creatore, perché tu sei il bambino





  • Seconda vita di un testo
  • Recitativo e Aria

  • Sonaria
  • Falaria
  • Solaria
  • Buonaria
  • Nomaria
  • Malaria

  • E dopo?
  • Letture pubbliche
  • Ringraziamento







  • Seconda vita di un testo
    Questa è la seconda vita di FALARIA, in forma di libro illustrato. La prima è fiorita il 12 e finita il 14 dicembre 2020 al Teatro Ristori di Verona, in forma di concerto con letture e live painting.

    Quella prima vita era nata da una chiamata alle opere di Elisabetta Garilli, compositrice e creatrice di teatro musicale, lanciata a me e ad Alessandro Sanna sull'onda del magnifico concerto con pittura dal vivo creato da Elisabetta sul magnifico libro di Alessandro FIUME LENTO. Stavolta però avremmo fatto un cammino diverso: non un concerto con pittura composto per un libro esistente, ma un testo nuovo scritto accanto a un nuovo concerto con pittura e poesia dal vivo.

    Il testo di FALARIA, quasi identico all'attule pubblicato da Anima Mundi, crebbe pian piano nel 2019, negli scambi di idee e bozze di testi e musiche con Elisabetta, nelle prove di letture mie su esecuzioni dei maestri dell'Elisabella Garilli Ensemble, in un dolcissimo cammino di creazione rallegrato da bei pranzi con bevute. E poi?

    Poi il debutto al Teatro Ristori, nel pomeriggio di domenica 12 dicembre 2022.





    Per me, che dopo gli anni giovanili anni di teatro condiviso, ormai da trenta in casa scrivo e in giro dico sempre in santa solitudine, quella prima FALARIA a teatro è stata una cosa gioiosa e struggente. Gli attacchi, le pause, gli sguardi, l'andare comune; le maree delle parti orchestrali che venivano avanti al ritrarsi dei versi, felici di accoglierle; Elisabetta che, le mani alla tastiera, col viso e gli occhi sorridenti dirigeva i suoi maestri; Luca Nardon, il percussionista, che guardandomi in faccia e frullando le mani accompagnava la voce-tamburo dei versi, compagni noi due per quei pochi minuti fra i sette che sostenevano alle spalle. E Ale Sanna che dalla buca buia là sotto, circondato da un caos di colori e vasetti e pennelli, ci guardava per un istante e poi si chinava serio sui suoi fogli, e nell'immenso schermo in alto si facevano e disfacevano dietro di noi e davanti al pubblico le irreali figure giganti.





    Insomma insieme: musica, poesia e figura per una sera in danza in quel teatro, folto di facce in tutti gli ordini di palchi.
    E poi?
    Poi si replica, rifacendo e correggendo e affinando, nei due giorni sucessivi di matinée per le scuole.
    E poi?

    Poi, come spesso ahimè accade nel munifico ed effimero teatro, basta.
    Per ragioni di cui sarebbe qui noioso discettare, lo spettacolo non vide altre repliche. E il progetto di farne un libro + CD con l'editore Carthusia a sua volta non andò in porto.

    Ma scripta manent, gli scrittori non buttano via niente, e i manoscritti non bruciano, diceva Messieur Voland ne "Il Maestro e Margherita". E quindi e poi eccolo, quel copione in prosa e rima, che dopo due anni di latenza in forma di libro illustrato con un nuovo e Animoso editore trova seconda vita.

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    Recitativo e Aria
    Premessa di mani avanti. L'ho tirata un po' lunga, nella riflessione qui sotto, partendo un bel po' lontano da questo libro, e forse arrivandoci a stento. Ma pazienza, mi son divertito a scriverla, mi stava a cuore. E poi questo non è Facebook, e tantomeno Instagram: è il vecchio web (in questo sito vintage più vecchio ancora). Chi arriva fin quaggiù in fondo a leggere forse è disposto. E se non lo fosse, con tutte le sante ragioni, basta saltare alle parti successive. Ciò permesso...

    Non parlerò del contenuto di questo libro perché è "troppo infinito", indicibile: l'origine del mondo, nientemeno. O dicibile solo, a contrario, in quattro parole, a quel punto potentissime: "in principio era il Verbo", la parola. Sguscio via bellamente allora dal contenuto indicibile - che pure nel libro ho detto, ma in prosa e versi - parlando della sua forma letteraria: appunto, prosa e versi. Perché la parola può essere emessa così, parlata e cantata. Magari di seguito, a pendolo nel medesimo discorso.

    Il vecchio padre di una mia vecchia amica bolognese nel guardare i musical americani alla TV esclamava sbuffando: "Eh! 'Dess i chènta!": ecco, e adesso cantano! Quei personaggi avevano parlato, raccontato e dialogato fin lì, poi d'improvviso cominciano a cantare. E poco dopo, ancora più perplesso: "Eh! 'Dess i bala!": ecco, e adesso ballano! Le convenzioni artefatte dell'arte non vanno giù lisce da subito: hanno bisogno di tempo ed enzimi, per essere digerite.

    E il tempo se lo son preso, da ben lontano. Dalle fonti remote della nostra poesia, per esempio, quando i greci chiamavano i versi "piedi", perché la poesia si diceva cantando e danzando. E danzare era, in buona sostanza, un levare i piedi da terra (àrsi) e poi batterli in terra (tesi). Dopo millenni, "levare" e "battere" sono ancora fra le basi della nostra musica.

    Insomma, quando c'è da dire e fare qualcosa di davvero importante, per esempio creare il mondo, non basta parlare: bisogna alzarsi e cantare, e magari danzare. Il nostro Dio ebraico è assai poco canterino e ballerino, indubbiamente, ma tante altre Genesi la raccontano altrimenti. Quella degli Indios Makiritare del Venezuela, per esempio, come la riporta Edoardo Galeano: "La donna e l'uomo sognavano che Dio li stava sognando. Li sognava mentre cantava e agitava le sue maracas, avvolto in fumo di tabacco (...) e Dio, sognando, li creava".

    O la cosmogonia immaginaria di Tolkien ("Il Silmarillion"): il dio Iluvatar che "creò per primi gli Ainur, i Santi figli del suo pensiero (...) e parlò loro, proponendo temi musicali, ed essi cantarono al suo cospetto, ed egli ne fu lieto. (...) Quindi parlò agli Ainur, li condusse con sé nel Vuoto, e disse loro: 'Guardate la vostra musica!'. Ed essi scorsero un nuovo mondo reso visibile al loro cospetto". Prima canta, e crea; poi parla, e presenta il creato.

    Un altro passo tolkieniano lo conferma, in quel personaggio poco noto (non è entrato nel film), ma dal fascino supremo, che è Tom Bombadil. Costui era, nientemeno, l'essere umano immortale più antico di tutti: era già sulla Terra Varda prima degli uomini, dei nani, degli orchetti, addirittura prima degli elfi. Bene, questo omone ancestrale con gran barba e capelli rossi, e sommamente gioviale, parla e racconta; ma poi ogni tanto, quando l'entusiasmo del discorso lo esige, non si tiene e dalla prosa passa fluido alla poeisa. E con mia somma gioia, alla poesia filastrocca, in cui Tolkien era, anche lì, vero maestro: "Hey dol! merry dol! ring a dong dillo! | Ring a dong! hop along! fal lal the willow! | Tom Bom, jolly Tom, Tom Bombadillo!". E infine basta, quando ci vuole ci vuole: si alza e canta e danza scalciando davanti agli hobbit stupefatti.

    Così come Baloo nel Libro della Giungla disneyano. È lì che chiacchiera con Mowgli passeggiando, somministrandogli le sue pedagogie, e a un tratto senza cesure e siparietti parte la musica e: "Ci bastan... poche briciole, lo stretto indispensabile, e i tuoi malanni puoi dimenticar...".

    Insomma, quel passaggio di mano fra prosa e poesia, fra discorso e canto, che nella musica barocca fu infine codificato: aria e recitativo. Semplificati da Wikipedia così: "In campo musicale per aria (in francese anche air, ayr e ayre e in inglese anche air) si intende un brano cantato, quasi sempre per voce solista, articolato in strofe o sezioni. Nella storia dell'opera l'aria si contrappone al recitativo e rappresenta, sin dalle origini, un momento in cui la forma musicale, con le sue simmetrie e regole interne, prende il sopravvento sull'azione e sul dialogo. Di conseguenza, essa coincide normalmente con un momento drammaturgicamente statico, se non addirittura - specie nel primo Ottocento italiano - con un momento di sospensione del tempo durante il quale lo spettatore ha accesso all'intimo sentimento del personaggio".

    Ecco. Nel recitativo, che nell'opera poco si stacca dal parlato, si racconta, si portano avanti i fatti. Nell'aria si canta, il tempo e i fatti si fermano, sorge e si leva il pensiero e il sentimento di quei fatti.

    Tutto questo bell'excursus per arrivare qui. Falaria è scritto così: in altalena fluida fra prosa e versi. Non è il mio primo: recitativo e aria, prosa e versi, si alternano anche nel semivivo FUOCO (2002) e nel rinato TOPO DOPO TOPO (2007 e 2022). E ora, tredici anni dopo, ritorno a quell'antico passo doppio. Prosa e versi, recitativo e aria. "Apro la bocca e dico la rima | Ride il silenzio che c'era prima". La bocca si apre e fa aria. Falaria. E poi Solaria, Buonaria, Nomaria, Malaria...

    "Eh! 'Dess i chènta!": ecco, e adesso cantano! "Eh! 'Dess i bala!": ecco, e adesso ballano. Falaria è un poemetto in prosa e poesia: storia poi aria, che esce dalla bocca. L'unica lingua sacra buona per dire una Bibbia Bambina.

    E la danza? Niente paura, c'è anche quella. Se danza è poesia che si sparge nello spazio, abbiamo anche quella: sono le tavole di Andrea Alemanno. Che anche loro Fanno Aria.




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    SCORCI DEI SETTE MONDI


    Sonaria (...)

    È così che il mondo comincia. Non c'è niente. Neanche io.
    Neanche un suono. Solo silenzio. Solo aria.
    Allora forse il silenzio è il suono dell'aria.
    Che senza parole fa FFFFF...
    Foglie foglie foglie, forse foglie
    Vento, forse vento, forte vento
    Foglie, figlie, padre, madre, moglie
    Vento, forse canto, sentimento

    Aria, aria, aria, aria, aria
    Luce, buio, luce, forse luce
    Aria, mamma aria immaginaria
    Luce, tace, pace, forse pace

    Suono, sono suono, forse tuono
    Sono fiato bianco, canzonetta
    Sono l'aria che ti soffia il dono
    Mondo vieni in fretta, vieni in fretta
    Non c'è niente. Solo aria.
    Non ci sono neanche io.
    Anzi ci sono, ma sono aria anch'io.
    Sono aria.

    Per questo ora qui si chiama Sonaria.




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    Falaria (...) Sono arrivato, sono arrivato!
    E sono qui, sono io, sono nato!
    Prima non c'ero, ora ci sono
    Vita, vita, sono il tuo dono

    Mi chiamo Lola, sono spagnola
    Tienimi dentro una tua mano sola
    Vita, vita, sono il tuo canto
    Tienimi dentro una vita soltanto

    Pio pio, mio pigolio
    Che vuole dire che ci sono io
    Mi chiamo Enzo, forse Lorenzo

    Ora ci sono e domani ci penso
    Dopo ci penso a che cosa è successo
    Ma sono qui adesso!
    E non m'importa se non c'è ancora niente.
    Perché io ci sono, ora, qui, nel niente.

    E c'è anche l'aria.
    Non si vede ma io so che c'è.
    Perché la faccio io! La faccio io!

    Apro la bocca e faccio AAAAA, e faccio l'aria.
    E l'aria fa me.
    E io faccio l'aria.
    E l'aria fa me.
    A ogni respiro.

    Per questo ora qui si chiama Falaria.




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    Solaria (...)

    A... Allora...
    A... Avanti...
    A... AAAAPRI!

    E blink! Ecco! Aperti!
    Aperti gli occhi!
    I miei occhi si sono aperti... e fatta la luceeee! Esci sole! Esci sole! Vieni a vedermi!
    Aria che brilla, acqua scintilla, terra tranquilla!
    Occhi si aprono, cuore si muove, piedi stan fermi!
    Luce di sole contenta cicciona che canta che balla!

    Esci sole! Splendido sole! Resta là fuori!
    Butta sul mondo manciate manciate di zucchero d'oro!
    Aria fa nuvole, acqua fa onde, terra colori!
    Mondi mangioni mangiate mangiate la luce tesoro!

    Ora c'è il sole! Tutto è pulito, lindo ed asciutto!
    Sole lumaca cammina nel cielo, luce rimani!
    Ora c'è mondo, ora c'è mare, ora c'è tutto!
    Sole tramonta, e giuralo giuralo torna domani!
    E tornerà, babbo sole. Domani e miliardi di altri domani.
    Perché io sono la bambina che fa il mondo.
    Sono sola sotto il sole, e vedo tutto.

    Per questo adesso qui si chiama Solaria.




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    Buonaria (...)

    E allora io dico A, io dico Bi...
    Io dico bene, lo dico bene, e dico...

    ... BESTIE! Ali, zampe, zanne, pinne, peli
    Salta, corri, striscia, nuota, vola
    Brillano di voli azzurri i cieli
    Verde terra non sarà più sola

    Scoppiano di vita tutti i posti
    Spuntano bestioni e animaletti
    Chissà dove stavano nascosti
    Fatto sta che adesso son qui tutti

    Caccia, fuggi, segui, piglia, scappa
    Raglia, bela, miagola, muggisci
    Dove corri? Tu sei la mia pappa!
    Tu prova a chiapparmi se ci riesci!

    Mordi, bruca, rompi, succhia, sbuccia
    Luna bestia bianca incanta il bosco
    Dormi nella tana, nella cuccia
    Sei fratello, io ti riconosco
    Ecco, ho detto tutte le bestie, le ho dette bene.
    E loro son venute, le riconosco.

    Sono venute bene, e benvenute.
    E sono dette bene, e benedette.

    E io per altre lunghe ere mi guardo intorno.
    Vedo le cose belle, bene fatte.
    E sono contento, ora ci sono tutte.
    E mi sembrano buone.

    Per questo adesso qui si chiama Buonaria.




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    Nomaria (...)

    Dài, va bene, ora son qui, giochiamo? – mi dice.
    Come ti chiami? – mi chiede.

    Cosa vuol dire come ti chiami?

    È lì che ho scoperto i nomi. Perché io non avevo un nome.
    Finché ci sono solo io, mi chiamo io.
    Anzi, io non mi chiamo proprio: son sempre qua, cosa mi chiamo a fare?

    Però adesso ci sono anch'io – dice lui – e non posso chiamare “io” anche te.
    Devi avere un nome tuo.
    Dài, come ti chiami? Mi chiamo Renzo, Enzo Lorenzo
    Dimmi il tuo nome così io ti penso
    Mi chiamo Lola, sono spagnola
    Dimmi il tuo nome e non sarò più sola

    Cucciolo d'uomo, mi chiamo Adamo
    Le cose vengono quando le chiamo
    Danzo col mondo, scherzo col fuoco
    Do i nomi alle cose, così poi ci gioco
    E abbiamo giocato, oh sì, per un'era infinita!
    Lui mi ha dato il mio nome, io gli ho dato il suo.

    E giocando abbiamo dato i nomi alle cose del mondo.
    Perché solo quando hanno un nome le cose esistono.
    E noi ci possiamo giocare.

    Per questo qui adesso si chiama Nomaria.




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    Malaria (...)

    Va bene. Facciamo pace. Bella la pace.
    Ma i regni di pace non crescono?
    Non vorranno altra terra anche loro?
    Eccome se crescevano anche quelli! Pace, prendo la terra
    Scavo la crosta dell'uovo del mondo
    Talpa, va' sottoterra
    Portami fuori petrolio profondo

    Pace, io prendo il mare
    Pescami i pesci balena regina
    Scimmia, impara a nuotare
    Nave sul mare cammina cammina

    Pace, io prendo il cielo
    Sopra le nuvole uomini vanno
    Falco, rubo il tuo volo
    Missili fumano e fulmini fanno

    Pace, io prendo tutto
    Terra con mare, cielo e foresta
    Tutto cambiato, tutto distrutto
    La terra passa, la pace resta
    E insomma, stava andando un po' in malora la mia storia.

    Prima giochiamo ai regni di guerra.
    E quei regni vogliono tutto.
    E la guerra rompe tutto.

    Poi giochiamo ai regni di pace.
    Ma anche quelli vogliono tutto.
    E anche la pace alla fine rompe tutto.

    E allora?
    Le mie cose dette e fatte ora non sembrano più così buone,
    come nel posto incantato chiamato Buonaria.
    Stanno andando tutte male.

    Per questo adesso qui si chiama Malaria.




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    E dopo? E dopo basta, il resto nel libro, altrimenti che gusto c'è a comprarlo?
    Che cammino dovrà fare il Bambino per uscire da Malaria?




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    Letture pubbliche a due voci

    Nelle settimane successive all'uscita del libro è nata, quasi da sola, una particolare forma meticcia di presentazione: una lettura integrale e quasi-teatrale di FALARIA, a due voci e con immagini, preceduta da una prolusione teorica sonora e divertita sulla poesia. La felice riuscita di quest'incontro a due gusti, per chi lo fa e per chi lo ascolta, mi ha consigliato di riproporlo in tante successive occasioni. Eccone una descrizione. IL MORMORIO CHE RIGENERA IL MONDO
    LEZIONE NARRATA con suoni e immagini sulla poesia e LETTURA A DUE VOCI dell'albo illustrato "Falaria"
    Lezione narrata con audio e immagini. I grandi poeti scrittori, i piccoli poeti orali, le rime di gioco, le preghiere, i proverbi, gli scongiuri e i malauguri, gli spot, i rap, gli slogan: il mormorio umano che nei millenni dice e fa mondo.
    Lettura a due voci con figure del libro "FALARIA. Il mondo aspetta un bambino" (edizioni AnimaMundi). Una cosmogonia puerile, le prime parole che "dicono bene" il mondo, e così lo ricreano. Il libro sarà letto dall'autore e da un'attrice, le belle tavole di Andrea Alemanno saranno proiettate.

    POCO PIÙ IN PROFONDITÀ
    Un mormorio sussurra dai millenni, se si tende l'orecchio, fatto di tutte insieme le voci umane, grandi e bambine, che dall'inizio del tempo hanno scandito in rima poesie dei poeti, tiritere dei giochi, preghiere, proverbi, scongiuri e malauguri, spot pubblicitari, rap e trap e slogan degli stadi... Parleremo di questo mormorio, che da sempre chiama e nomina le cose e ricrea in cultura il creato; di come i bambini ne sono parte, nelle poesie PER i bambini, con molti esempi fra quelle dell’autore; e infine nella poesia loro, DEI bambini, con una squillante collezione di filastrocche orali e rime di gioco registrate dall'autore nelle scuole d'Italia. E come esempio di questo potere generativo della parola "bene-detta", leggeremo infine a due voci un libro che, in rima e in prosa, ripercorre le sette regioni di quella Genesi Poetica Puerile che si ripete a ogni nuovo bambino che nasce.

    Nota tecnica: per poter programmare l'evento sarà necessario trovare sul posto, o nelle vicinanze, un'attrice amica disposta a regalarci per una mezzora la sua voce e la sua maestria.

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    Ringraziamento
    Ringrazio suor Paola e le sorelle Clarisse di Ferrara,
    che mi hanno ospitato quando scrivevo queste parole,
    pur sapendo che non erano le loro.
    Ma io ascoltavo il loro canto alla mattina,
    e alla sera leggevo a loro il mio.
    Ci riconoscevamo lì, nel canto.

    "el canto de ustedes,
    que es el mismo canto;
    y el canto de todos,
    que es mi propio canto"


    Violeta Parra

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    Questa pagina è stata creata il 5 aprile 2024, e aggiornata l'ultima volta il 14 ottobre 2024


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