Bruno Tognolini
MANIFESTI
Per le cose del mondo

Ideato e realizzato con GEK TESSARO
FRANCO PANINI RAGAZZI, novembre 2011

Formato: 24,5 x 30,7 cm, hardcover - Foliazione: pagg. 36 - Prezzo: 16



PRESENTAZIONI

LA QUARTA DI COPERTINA

L'AGENZIA DI PUBBLICITÀ INCANTATA
  • I lontani antefatti
  • L'occasione di Panini
  • L'agenzia di Pubblicità Incantata
  • Le poesie corte
  • Le schegge riposte
  • Il lavoro con Gek
  • Lella
  • Teoria e pratica della poesia illustrata

  • ERRORE DI"STUMPA"


    RECENSIONI E OPINIONI
  • Carla Ghisalberti sul blog LETTURA CANDITA del 28/12/10
  • Walter Fochesato su ANDERSEN n. 287, dicembre 2011 (JPG 350 KB)


  • TRE TAVOLE


    Il libro può essere acquistato online presso
    FRANCO PANINI RAGAZZI


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    Presentazioni


    La quarta di copertina


    Con questi Manifesti l'agenzia di Pubblicità Incantata Tessaro-Tognolini intende manifestare a grandi e piccoli il suo sincero entusiasmo per la Città, i Piedi, il Futuro, le Formiche, il Correre, gli Alberi, il Silenzio, l’Andare dei Giorni, e altre cose belle del mondo. Se voi, dopo aver letto questo libro, andando in giro vedete i soliti manifesti per le calze, le auto, i cellulari, e dite: "Ci starebbero meglio quelli di Gek e Bruno… Bene, almeno un poco, è come se fossero lì".


    All'indice




    L'agenzia di pubblicità incantata

    I lontani antefatti

    L'incontro con Gek Tessaro non è nato con questo libro: aveva avuto una rampa di preparazione nel 2007, nella seconda edizione del Festival Tuttestorie di Cagliari, sul tema della Disubbidienza. Con Gek dovevo concordare una parte dell'evento finale: due grandi navi, la Giudiziosa e la Ribelle, realizzate in cartone dipinto da Gek coi bambini, che decine di palloni a elio dovevano portare su, a conclusione del Festival, nel cielo notturno di Cagliari. Trovandoci a parlare del come e del cosa per telefono, nei mesi prima, belle risate avevamo fatto, e affinità intravisto, nello scoprirci professionisti cinquantenni (io già assai oltre) che discutevano serissimi su come fronteggiare il rischio che quei due navigli volanti andassero a speronare qualche aeromobile della Meridiana. Ci pareva un buon segnale di salute e maturità nel mondo. E anche – allora non lo sapevamo – una bella promessa.


    L'occasione di Panini

    Son seguiti altri occasionali incontri, in festival e rassegne varie per l'Italia, in cui Gek ed io ci conoscevamo meglio, parlavamo, ci ripromettevamo, forse pittosto ognuno fra sé che dicendolo all'altro, qualche ulteriore impresa insieme.
    L'occasione è arrivata nel giugno del 2011 dalla sagace e affettuosa idea di Antonella Vincenzi, responsabile editoriale di Franco Panini Ragazzi, che ci voleva appaiati come un bel tiro a due nel suo prossimo "Illustrato d'autore", la collana in cui ci precedevano nientemeno che Lodi-Luzzati, Piumini-Altan, Solinas Donghi-Abbatiello, Ziliotto-Negrin, Quarenghi-Mulazzani… insomma, un'autentica Hall of Fame. Gek mi ha detto che sperava, si augurava, incrociava le dita perché io accettassi. Potrei fare il prezioso: la verità è che mi son precipitato.


    L'agenzia di Pubblicità Incantata

    L'idea iniziale, lo confido senza superbia, è stata mia. Da tempo riflettevo su quei colleghi apostati, poeti migranti passati ad altri Regni, che sono i copyrighters pubblicitari: ammirando la loro perizia nell'invenzione dei nomi dei prodotti, nella composizione di slogan fulminanti; rammaricandomi per la loro scelta di cedere "lo bello stilo" allo scopo imperioso di vendermi il brand, e soprattutto la visione del mondo che il brand include e detta, e che loro raccontano in forme così incantevoli; rimproverando loro di aver venduto, come Peter Schlemihl la sua propria ombra, la loro firma onorata al brand. Però, a dispetto di ogni sdegnato rimprovero e superciliosa censura, lo dico da collega: che bravi!
    E insomma da un po' mi dicevo: vorrei provarci anch'io a scrivere slogan, claim, headline, che poi sono in fondo filastrocche zippate, poesie consommè. Ed ecco, lo scorso giugno mi son detto: che non sia questa l'occasione di giocare a fare noi due, Gek e io, il "copy" e l' "art", il copyrighter e l'art director, gli Stanlio e Ollio della pubblicità, la coppia gemina che lavora insieme, in fitti confronti di tempeste di menti – mi dicono – nel creare le "campagne"? Facciamo dei Manifesti? Non per i prodotti, ovviamente: per le cose del mondo. Ci proviamo?


    Le poesie corte

    Per la mia parte il compito era chiaro: poesie corte, essenziali, fulminanti. Bene: gli editori a volte storcono un po' il naso quando un autore avanza qualche riserva (commercialmente scorretta) sulla riuscita totale di un progetto. E infatti: il libro è riuscitissimo, bellissimo, perfetto; vola in altro come l'Aeroplanino, saetta fiero come la Pinocchietta. Ma le valutazioni globali e commerciali sono una cosa, quelle artistiche personali, che l'artiere deve porre su sé e le se opere nel retrobottega, sono altra cosa. Il progetto del libro è perfettamente riuscito (tranne l'errore di "stumpa" di cui sotto), ma il mio progetto personale, poetico e artigianale, di scrivere rime corte e fulminanti come certi slogan dei miei colleghi passati a Mordor, insomma... quello meno, non a pieno, non sempre. Non sono stato ancora davvero capace. Benissimo dunque: vuol dire che il compito è arduo, quindi merita altre prove. Abbiamo tempo.


    Le schegge riposte

    E c'è una cosa da dire, curiosa. Queste schegge di filastrocche corte e allegre, epifaniche perché mostrano e basta, apodittiche perché dicono e basta, io le scrivo ogni tanto e da tanto. Sono come schegge speciali saltate via dalla lavorazione di pezzi più grossi, che l'artiere raccatta, si rigira fra le mani, rimira, ammira, e mette via per un qualche uso futuro. Io dal '90, dai tempi dell'Albero Azzurro, conservavo e aggiornavo un file intitolato "Magazzino Rime", in cui infilavo le schegge che non potevano essere usate nel lavoro del momento, copioni o libri che fosse. Da questo Magazzino ho scelto e portato a Gek cinque o sei pezzi. Eccone tre che sono stati accolti, scritti più di vent'anni fa.
    "Nella conchiglia si sente il mare / Nella patata la terra russare / Nella pietrina silenzio perfetto / E tu, stai zitto!" (modificata in "Giulio sta' zitto!").
    "Comincia il giorno, grillo sta zitto / Zitta cicala che il giorno è finito".

    E addirittura: "Formichine cinquemila / Dove andate tutte il fila?".
    Quest'ultima a me piaceva proprio tanto, mi dava un sorriso interiore, una frugale ma esatta "festa di parole", direbbe Sandro Penna; una festicciola. Ma esitavo a tirarla fuori: a me suonava così, ma per il mondo, immaginavo, era davvero troppo corta, troppo scema. Insomma, a Gek è piaciuta: e dentro.


    Il lavoro con Gek

    Con Gek il lavoro "sul pezzo", con le mani in pasta, ha mantenuto le promesse che quegli incontri lasciavano sperare. Nell'estate del 2011, luglio e agosto, eravamo in giro per vacanze o lavori in parti lontane d'Italia. Io gli spedivo versi da illustrare, lui illustrazioni da versificare, disegnando e scrivendo apposta, o tirando fuori dai cassetti. Poi parlavamo, per telefono, per mail: discutevamo, aggiustavamo, rifacevamo, ridiscutevamo, promuovevamo (bene, dentro: un'altra fatta) e buttavamo via (questa no). A un certo punto lui ha aperto un'altra strada: invece che inviarmi un'illustrazione fatta e finita, me ne dava (spesso solo per SMS) il nudo tema, l'idea, concentrato in una sola parola: la leggerezza, la nonna, la lentezza, la curiosità. E io mi mettevo al lavoro "alla cieca", senza neanche sapere se lui dovesse ancora disegnare, su quel tema, o avesse già disegnato. A volte ha funzionato e a volte no (vedi qui sotto la mail scritta a Gek il 21 luglio). Insomma, il prodotto non lo so, non sta a me dirlo: ma il processo di produzione è stato un cammino coi controfiocchi. O per tornare alle nostre lontane origini, coi contropalloncini.


    Lella

    Qui c'è da fare una piccola e importante nota a parte. Non avevo a che fare con un solo compagno di impresa, ma con due. Chi conosce Gek conosce Lella Marazzini, la compagna che lo segue nei libri e negli spettacoli. Trovo poco interessante l'approccio "dietro ogni grande uomo…" etc.; non li conosco abbastanza, ma per come li ho visti in questo lavoro Lella non stava dietro nessuno, ma a fianco. Frontale. E infatti era lei il mio front-contact. Bisogna sapere che Gek Tessaro non tocca computer: ogni mail scritta a Gek è scritta a Lella. All'inizio ero un po' disorientato, scrivendo "Caro Gek" mi sentivo scemo, e ho cominciato a scrivere "Cari Gek e Lella", e qualche volta anche "Cara Lella". Più tardi ho capito: alcune cose dovevo trattarle con lui, altre con lei. Le cose dell'esattezza e della pazienza, le maiuscole, le interlinee, i ritorni a margine; e più tardi, quando si è trattato di impaginare poesie e figure, la collocazione reciproca, gli spazi d'aria intorno, i font, il corpo… Tutte queste cose, per me non meno importanti dei versi, erano da concordare con Lella. E poiché i compiti della paziente esattezza e della furiosa creatività sono sempre confusi e sfumati, quando spedivo una poesia dubbia e Gek mi rispondeva "Lella dice che è perfetta", io ero in pace.


    Teoria e pratica della poesia illustrata

    A un certo punto, con sorpresa e soddisfazione, ci siamo accorti che in questo confabulare stavamo stendendo un'esperienza di teoria-pratica, di teoresi applicata, che ci portava ad avanzare norme e canoni e stilemi intorno ai rapporti fra testo poetico e illustrazione; naturalmente, più che come studiosi emeriti che enunciano l'enunciato, come sciamani malmessi che gettano sacre ossicine. Si teorizzava perché un passaggio problematico del fare andava risolto, e occorreva parlarne, spiegare, capire. Farò solo un esempio, un po' lungo ma bello e istruttivo: un vero sguardo dal buco della chiave nel retrobottega di due artieri all'opera.
    Quasi per intero, ecco una mail che scrissi a Gek e Lella.

    21 luglio, a Gek e Lella

    Oggetto: PROBLEMA AGGROVIGLIATO


    (…)
    Sul Coccodrillo del MANIFESTO PER L'ANDARE DEI GIORNI non sono convintissimo.
    E qui viene fuori un problema teorico (ma pratico, come vedrete), che era quello per cui ieri ho cercato di chiamare Gek al cellulare. Cerco di spiegarmelo a me stesso, proviamo.
    Ieri ho scritto le due filastrocche per la LENTEZZA e per la LEGGEREZZA che Gek mi aveva proposto, e ne ero abbastanza contento. Però... mi è venuto un dubbio: quella per la Lentezza mette in scena una LUMACA e una CAVALLETTA. Così:

    MANIFESTO PER LA LENTEZZA (non è stato incluso nel libro, n.d.r.)
    Fa' in fretta piano piano
    Lumaca in mezzo al grano
    Rallenta un po' più in fretta
    Cavalletta


    E quella della Leggerezza metteva in scena PIOMBO, PIUME e VENTO. Così:

    MANIFESTO PER LA LEGGEREZZA (non è stato incluso nel libro, n.d.r.)
    Un chilo di piombo e un chilo di piume
    Volavano insieme sul monte e sul fiume
    Perché li spingeva, ridendo contento
    Il soffio di un chilo di vento


    (oppure - e chiedo consigli su queste due varianti del terzo e quarto verso)

    E come può essere questo portento?
    Perché c'era un chilo di vento


    Allora, al di là delle due varianti, qual è il problema, il dubbio che mi è venuto?
    Che per raccontare concetti astratti come Lentezza e Leggerezza io devo farli interpretare a personaggi concreti.
    E per te, Gek, penso che valga lo stesso. A meno che non ti ponga il compito di disegnare "la Lentezza in sé" (astratta), facilmente ti verranno fuori figure, creature, personaggi. E se questi personaggi non sono le Lumache e Cavallette che ha messo in scena il mio testo, ma per esempio Canguri... secondo me si fa un po' di casino. Forse in scena si crea un po' di affollamento!
    Ecco, ieri ti telefonavo per dirti questo: se mi dài temi "astratti" corriamo questo rischio. Io li devo "incarnare" in personaggi, figure concrete, e se tu hai già fatto l'illustrazione, o se ne hai anche solo un'idea, e se in quell'illustrazione o in quell'idea ci sono altri personaggi concreti, diversi dai miei, si crea affollamento di segni. E allora volevo dirti: come facciamo? Forse è meglio che mi dài illustrazioni già finite, così io mi regolo sulle figure, sui personaggi che ci son dentro, e cerco di raccontare il tema coi versi senza ficcarne dentro di nuovi, senza affollare...

    Non lo so se son riuscito a spiegare, ma questa è l'impressione che ho avuto vedendo il MANIFESTO PER L'ANDARE DEI GIORNI (il titolo poi è stato accorciato per richiesta dell'editore in MANIFESTO PER I GIORNI, n.d.r.).
    Il testo manda in scena un GRILLO e una CICALA. E nella figura vediamo un COCCODRILLO. L'impressione che ne ho avuto è: affollamento di segni, depistaggio, disorientamento. Io non dico che nella figura debbano esserci per forza Grillo e Cicala (vecchia questione delle "illustrazioni non didascaliche"), ma forse neanche un altro e terzo animale...


    NOTA. Qui finiva la mia domanda. Nella sua risposta Gek mi ha spiegato la sua visione: il Coccodrillo è una specie di interruttore, sta per chiudere le fauci, spegnere il sole, e chiudere il libro. E anche questa lunga presentazione si chiude qui con lui.




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    Errore di "stumpa" Questa notizia invece non può attendere.
    Non so cosa sia accaduto al redattore che, nel trascrivere i due versi versi della tavola MANIFESTO PER I PIEDI, invece che scrivere...

    Piedi siete in gamba, gambe siete in piedi

    ... ha scritto...

    Piedi siete in gamba, gambe siete i piedi

    Ahimè, è volata via una "n".
    So invece ciò che è successo a me.
    La correzione delle bozze è un'arte difficile. Dicono che i correttori più alacri leggano il testo a rovescio, partendo dalla fine, per scongiurare un errore psico-percettivo molto comune: l'abbaglio della mente che si aspetta una certa parola, in quel punto, e quella legge a prescindere da ciò che vi è effettivamente stampato.
    Così io ho fatto: per ben tre riletture delle bozze ho letto quella "n" che non c'era, l'ho vista lì!
    La scoperta mi ha rovinato in parte il godimento del bellissimo libro che avevo appena ricevuto nelle mani. Quella "n", a dispetto del suo significato di "qualunque" in matematica e all'anagrafe, è invece qui straordinariamente importante. Non sono versi immortali, ma stanno in piedi bene, come sciocche birbe mature, dicono quello che vogliono dire. Così invece, senza quella "n", non vogliono dire più una pigna di niente.
    Non c'è stato purtroppo niente da fare: l'edizione in 3000 copie aveva già raggiunto le librerie, e non si poteva chiamare indietro; né onestamente mi sarei sentito di chiedere all'editore di mandare al macero tanti quintali di carta pregiata e trattata con tecniche costose. Per una "n"?
    Ho ottenuto che si stampi e si spedisca alle librerie un foglietto di errata corrige, che al momento in cui scrivo questa pagina dobbiamo ancora compilare. Speriamo non corra il rischio d'esser rimedio peggiore del male; come il celebre annuncio apparso non so quanto tempo fa nella prima pagina de l'Unità, che recitava "Ci scusiamo coi lettori per i numerosi errori di stumpa" (sic!).
    La prossima volta, giuro, leggo tutto al rovescio anch'io.


    Ed eccola qua la versione corretta, trovata su Facebook, fotografata in versione Manifesto Grande da Angela Articoni, vero detective, al BuckFestival Letteratura per Ragazzi di Foggia, i primi di ottobre del 2011. Non è meglio di questo?





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    Quattro tavole delle sedici


    Le tre che a me paiono più belle, e quella sbagliata.

  • 1 . Manifesto per il futuro
  • 2 . Manifesto per correre
  • 3 . Manifesto per la tigre
  • 4 . Manifesto per i piedi (testo sbagliato)



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    Questa pagina è stata creata il 26 novembre 2011 e aggiornata l'ultima volta il 12 gennaio 2012


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