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Questo libro è un testo teatrale.
Il testo di uno spettacolo che ha girato in tutta Italia per una dozzina d'anni. Si può leggere in silenzio come un qualsiasi libro, o a voce alta e recitando le parti come un testo teatrale. Se si vuole si può anche rimettere in scena. Presentazione di copertina di Federica Iacobelli Il cammino di Chisciotte di Bruno Tognolini Assaggi |
Nel 2004 e 2005 la parte ragazzi del Festival di letteratura "L'isola delle storie" di Gavoi, Nuoro, era curata dalle tre libraie della Libreria Tuttestorie e da me. Per l'edizione 2005, in complotto con la compagnia cagliaritana Cada Die Teatro, avevamo pensato uno spettacolo itinerante per vie e piazze del paese, che parlasse di libri, del loro potere nutriente, visionario ed eversivo. Nacque "PITZINNOS FAHRENHEIT" (pitzinnos in sardo sono i bambini), la cui drammaturgia intreacciava la tecnica dei trampoli nel teatro di strada (il nutriente, la crescita, la statura) con la figura di Chisciotte (il potere visionario dei libri) e col celebre "Fahrenheit 451" di Bradbury (il loro potere eversivo). La presenza fra gli ospiti di Marino Sinibaldi, allora mitico conduttore del programma di Radio Tre "Fahrenheit", non era estranea forse a queste scelte.
Come ogni spettacolo itinerante, era disegnato sul sito, "site specific" si direbbe oggi: il Municipio era la Fabbrica di Cioccolato di Roald Dhal, il grande albero di una piazza era il Platano Picchiatore di Harry Potter; una dozzina di bambini attori, preparati da Pierpaolo Piludu, regista dei Cada Die, erano i "bambini-libro", che portavano a testimone ciascuno un titolo delle bibliografie d'eccellenza per i ragazzi; e la sfida fra Chisciotte e il Capitano Beatty era combattuta come una classica Gara Poetica sarda, a suon di ottave. Il testo, come da mia abitudine e stile, era farcito di abbondanti rime. Nella foto: un momento dello spettacolo itinerante a Gavoi nel 2005. All'indice |
Come ogni evento cucito su un luogo e un'occasione, "PITZINNOS FAHRENHEIT" doveva vivere e bruciare in quella sola replica, che andò bene. Ma non abbastanza da appagare la compagnia e l'autore, che come spesso e giustamente accade non erano tanto felici di consumare in quell'unica fiammata tanta fatica e ricchezza di messa in scena e di scrittura. Cada Die preparò una "versione da palco" dello spettacolo, che trasformò il testo originario in copione, con una parziale riscrittura drammaturgica di Pierpaolo Piludu, necessaria a riadattare il pellegrinaggio da luogo in luogo in azione nell'unità di spazio.
Alcune cose andarono perse, e come sempre altre guadagnate: il titolo sardo/tedesco mutò in forme più acconce al circuito italiano, e fiorì in un bellissimo "Chisciotte Fenicottero"; fu aggiunto il nuovo personaggio Sancio Panza; i trampoli altissimi, che permasero, raddoppiarono nel chiuso della scena la loro formidabile suggestione; il copione, si arricchì delle necessarie gags e spunti comici nati dall'improvvisazione degli attori. Lo spettacolo girò in tournée per ben quindici anni, vincendo nel 2009 l'ambito premio Rosa d'oro, come miglior spettacolo italiano di quell'anno. Poi, come accade a ogni opera teatrale viva, languì in qualche sporadica ripresa e infine intorno al 2018 andò in magazzino, per fare posto a nuove produzioni. Nella foto: un momento dello spettacolo da palco, in scena dal 2005 al 2018. All'indice |
Passarono gli anni. Di rado, occasionalmente, in voce o in testi effimeri, senza mai pubblicarle, riesumai mazzetti di rime del testo originario, le più vivaci (la Marcetta dei Militi del Fuoco: "I libri sono stupidi | I libri sono brutti | I libri sono inutili | Li bruceremo tutti..."). Ma la vicenda, l'opera intera, il testo, erano morti; o forse in coma vigile, in letargo. Ci pensò Federica Iacobelli a destarli. Mi chiese in lettura alcuni miei testi teatrali per la nuova collana "I Gabbiani", delle Edizioni Primavera, che porta in vita dopo forse decenni un'audace impresa di editoria teatrale per ragazzi (qui, nel sito web dell'editore, tutto questo è spiegato con cura). Federica scelse, fra le altre poche mie proposte, "Chisciotte Fenicottero" e ci mettemmo al lavoro.
Compresi subito, e condivisi appieno, l'impostazione redazionale di Federica e dell'editore: né brogliaccio di scena né romanzo: un classico testo di letteratura teatrale. Senza trasmutazione narrativa, senza voce fuori scena che racconti azioni o spostamenti o altre parti teatrali mancanti; lasciando in vita le "didascalie", ma ripulendole, lustrandole, togliendo loro il tono tecnico di messaggi interni, istruzioni per attori e regista che nessun altro doveva leggere, e rendendole per quanto possibile lievi e gustose al lettore di libri. Nella foto: il "mio" primo Chisciotte di questa storia, un'illustrazione murale di Filippo Scozzari nella Salaborsa Ragazzi di Bologna ("Dulcinea para siempre!", proclama la maglietta viola col colletto di pizzo: come avrei desiderato che il mio Chisciotte teatrale fosse così). All'indice |
Di nuovo in perfetto accordo con Federica Iacobelli, il testo adottato come fonte di questo libro non è stato il copione di scena della compagnia Cada Die, col nuovo personaggio e nuove battute e azioni, ma il testo primigenio dello spettacolo itinerante di Gavoi. Il motivo è semplice, implicito nello statuto della collana, che raccoglie testi, la fonte letteraria a monte degli spettacoli, non copioni, trascrizioni del fiume a valle a scopo di memoria degli attori. Ho dunque riscritto daccapo tutte le didascalie, e ritoccato qua e là alcune battute, con rade pennellate di cura verbale: ma non ho cambiato una virgola nella sequenza delle scene e delle azioni.
Fino alla fine. Giunto al finale, mi sono accorto che in sedici anni anch'io sono cambiato: e cambiate sono in parte intorno a me le idee e i motti, le battaglie e le bandiere. Per esempio - da tempo lo avvertivo, e questa è stata l'occasione per rendermene consapevole in termini più chiari - sedici anni di proclami sulla funzione salvifica dei libri hanno reso quei proclami, così forti e nuovi allora (o tali parevano a noi), oggi ahimè spesso pigre ripetizioni, giaculatorie, talvolta dogmi e slogan. Occorreva ripompare un po' di vita. Mi suonava falso e stanco il buon Chisciotte, che dall'alto dei suoi trampoli alla fine, pur vincitore, continuava a strillare "leggete, leggete!" A lui, per dirla tutta, i libri non avevamo poi fatto tanto bene. Ho cambiato il finale. Sempre resterà sacro e condiviso il suo inno, di controcanto ai Militi del Fuoco: "I libri sono trampoli | Da mettere nei piedi | Il mondo è senza limiti | E da lassù lo vedi...". I libri sono trampoli, certo: ma i trampoli non sono gambe... Tutto si è sciolto da sé, nel più dolce dei modi: sono i bambini che gli hanno detto quasi da soli, senza quasi il mio intervento: "Ora scendi". Sì mi sono associato subito: scendi. Non startene più lassù, vecchio Chisciotte, a strillare da solo proclami, scendi e vai coi bambini. Oggi questo "messaggio" finale è molto più vero, molto più sano, e anche più bello. E del resto lo scrivevo già in rima tanti anni fa, ai tempi della Melevisione. da "Filastrocche della Melevisione", Gallucci editore Chino gli occhi sul mio libro Leggo e penso, leggo e vedo Leggo e sogno, leggo e viaggio Alzo gli occhi sul paesaggio Leggo il cielo, leggo il mondo Faccio un bel respiro fondo Chino gli occhi, leggo ancora Sto leggendo già da un'ora Leggo su, leggo giù Chiudo il libro e non leggo più Vado giù nel cortiletto Per giocare a ciò che ho letto |
Questa pagina è stata creata il 18 giugno 2021 e aggiornata l'ultima volta il 20 giugno 2021
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