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Il libro ha vinto il premio speciale della giuria del XXX PREMIO ANDERSEN
È stato inserito fra i WHITE RAVENS 2011, i 250 libri per l'infanzia migliori del mondo scelti dalla Internationale Jugendbibliothek di Monaco
È stato segnalato (con altri 4) al quinto posto nella classifica di LIBER, fra i 138 titoli eletti da una giuria di esperti le migliori uscite del 2010
E successivi riconoscimenti che non son stati più raccolti. |
Prima edizione, 2010 |
Seconda edizione, 2017 |
Edizione Audiolibri Salani, 2020
(Acquisto online) |
PRESENTAZIONI
Presentazione del libro
Dalla prefazione di Anna Oliverio Ferraris
Nota per un possibile impiego del libro nelle scuole
RECENSIONI
Concita De Gregorio sull'UNITÀ del 26/03/10 (seconda parte dell'editoriale)
Silvia Ballestra sul CORRIERE DELLA SERA del 28/03/10 (Corriere online)
Roberto Denti su TUTTOLIBRI, inserto de LA STAMPA del 24/04/2010
Gino Dato sulla GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO del 26/04/2010
Costantino Cossu su LA NUOVA SARDEGNA del 27/04/2010
Teresa Bettarello su IL GIORNO del 01/05/2010
Stefano Bartezzaghi su IL VENERDÌ di Repubblica del 14/05/2010
Daniela Pinna su L'UNIONE SARDA del 27/05/2010
Walter Fochesato su ANDERSEN N. 272 luglio/agosto 2010
Maria Lucia Meloni su DIARIO 24 NOTIZIE, 28 luglio 2010
Cristina Ansuini sul sito LA SCUOLA POSSIBILE N. 5, settembre 2010
Chiara Carminati su FUORILEGGE settembre 2010
Rossella Rivera su SARDI NEWS n. 9 - anno XI - settembre 2010
Roberto Denti su LIBER N. 88, ottobre-dicembre 2010
Stefano Bartezzaghi su LA REPUBBLICA, 11 dicembre 2010 (versione PDF)
Raimonda Morani su IL PEPEVERDE, dicembre 2010 (PDF 574 KB)
Donatella Trotta su IL MATTINO ONLINE, 3 giugno 2011 (versione PDF)
Elisabeth Lesquoy sul blog LECTURES ITALIENNES, gennaio 2012
E successivi articoli che non son stati più raccolti.
OPINIONI
Cosa ne pensa l'autore
Cosa ne pensa Nando Dalla Chiesa
Cosa ne pensano i bambini di una terza
La questione del ritmo
RECITAZIONI
Come le dicono cinquanta attori al Teatro Valli Occupato di Roma
Come le dicono i bambini di una quarta di Genova
Come le promuovono in un "booktrailer" i ragazzi di una seconda media di Segrate
Come le dicono e suonano Alessia Canducci e Tiziano Paganelli
Come le canta Ugo Ferrari, degli Humus
Come le animano in tre cortometraggi i bambini dell'Istituto Comprensivo 3 di Chieti
E altre versioni e recitazioni e azioni e illustrazioni che si potranno forse trovare sul web...
SEI POESIE SCELTE FRA LE CINQUANTA
Il libro può essere acquistato online presso
Home Page di Bruno Tognolini
Presentazioni
Dalla scheda di presentazione ai librai
Le invettive sono poesie che hanno sempre goduto nei millenni di superba salute. La rabbia è una delle emozioni primarie: se la gioia, l'amore, la tristezza hanno le loro poesie, perché la rabbia non dovrebbe averle? E la rabbia dei bambini cos'ha di diverso da quella dei grandi? È sempre sbagliata? Bisogna sempre solo reprimerla? Siamo sicuri?
Il nuovo libro di Tognolini propone cinquanta invettive per le grandi rabbie dei piccoli, e forse non solo dei piccoli. Sono poesie furiose, amare, spassose, dolenti e terribili. Poesie speciali che offrono ai bambini infuriati, per i loro buoni motivi di ogni giorno, "parole per dirlo". Parole poetiche e belle, perché magari, dicendola bene, la rabbia fiammeggia meglio e sfuma prima. Sono poesie da leggere per ridere, o per consolarsi, o per specchiarsi e condividere; e forse da copiare sul diario di un amico che ci ha offeso, su un bigliettino da inviare a un insolente. Poesie da usare quando servono, come quelle di "Mal di pancia calabrone". Solo che stavolta il calabrone si è infuriato...
Dalla prefazione di Anna Oliverio Ferraris
"(…) Questo è anche l'insegnamento che emerge dalle filastrocche di Bruno Tognolini. Lui è un poeta e come tutti i poeti si serve delle parole per esprimersi; ma le parole, quando sono armoniose e ben legate tra di loro come in questa raccolta di rime, hanno il potere di creare delle immagini, delle emozioni e dei significati. Le parole aprono scenari nella mente, ci mettono in contatto con i nostri ricordi e le nostre esperienze e ci fanno pensare. Hanno anche il potere, quando siamo arrabbiati, di farci immedesimare, sfogare e poi calmare.
In queste rime veloci e divertenti il poeta ci dice che arrabbiarsi è lecito e normale, che può capitare a tutti di sentirsi furiosi quando qualcuno ci tradisce, ci fa delle cattiverie, è prepotente, stupido o indifferente, quando ci fa ingelosire o ci punisce ingiustamente; ma ci dice anche che se noi riusciamo a esprimerla con le parole (oppure con il disegno, il gioco o la fantasia) la rabbia alla fine si sgonfia – puffff – proprio come un palloncino di gomma a cui sia stato tolto il laccio".
Nota per un possibile impiego del libro nelle scuole
Nelle scuole questo libro potrà entrare come un lavoro "in progress", continua estensione poetica dell'incontro coi bambini da cui in parte è nato. Durante l'intero anno in cui lo scrivevo, infatti, negli abituali incontri con le classi leggevo ai bambini le invettive man mano che venivano scritte, e chiedevo loro quali potessero essere altre occasioni delle loro furie, per poter scrivere l'invettiva adatta. Gran parte delle cinquanta poesie è nata così. I bambini, coinvolti e orgogliosi del compito di fornire materiali di prima mano per un libro, si lasciavano andare a racconti di rabbie e disagi d'ogni tipo, spesso anche molto intimi e celati.
Nulla vieta che questo dialogo si possa prolungare anche a libro chiuso: non verranno pubblicate altre invettive, ma col pretesto di scrivere insieme quelle che mancano, l'insegnante – o l'autore stesso – potrebbero esplorare coi bambini le ragioni, gli anfratti nascosti, e magari i voli e i rilanci in cieli lontani delle loro rabbie. Quelle rabbie chiuse e tese che forse così si aprirebbero al mondo dei linguaggi, e attraverso i linguaggi agli altri, offesi ed offensori, intorno a loro. E al tempo stesso ci consentirebbero di fare esperienza – che una riflessione finale cercherà di rendere consapevole – dei potenti strumenti di canto e di cura che ci regala per la vita la poesia.
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Opinioni
Cosa ne pensa l'autore
Prendo a spunto due casi accaduti nel mio lavoro di scrittore non per parlare di libri, e men che meno dei miei, ma per riflettere sulle parole e sulle cose che in modi silenziosi e inapparenti ci vengono sottratte, di acri della nostra cultura che senza vederlo abbandoniamo nelle mani del nemico, e che dobbiamo invece riprendere il passo per riconquistare.
Ecco il primo caso. A tutti gli artieri dei diversi mestieri accade, prima o poi, d'essere quasi gelosi di una propria opera, di sollevare perplessità sull'entusiasmo con cui viene accolta. A me è accaduto col libro di poesie "Rime di Rabbia". Ho pensato che quel libro, senza nulla togliere ai suoi meriti e alla cura che ho posto a scriverlo, sia un libro "giusto", uno di quelli che cadono nel momento esatto in cui il pubblico ne aveva esigenza. Si potrebbe dire addirittura, se il termine non fosse estraneo al mio stile, un libro "cool". Bene, quindi, dov'è il problema? Bisognerebbe dire: finalmente!
Invece c'erano dubbi. Sapevo bene che mi mettevo al nuoto non in un tratto lento e largo di fiume, dove le mie non erculee bracciate mi possano portare dove voglio io, ma in un tratto di impetuosa corrente dove una forza estranea si aggiunge alla mia, raddoppiando la velocità ma portandomi in cambio seri dubbi sul governo della rotta. Poi ho pensato fra me e me: devo fidarmi. Ho scritto in vent'anni più di mille poesie e filastrocche: forse posso sperare di aver mano (di rimatore, di rematore) ormai abbastanza ferma per manovrare la rotta in questa rischiosa corrente senza naufragare nell'indegnità. Parlo della corrente inarrestabile che oggi trasporta felicemente molti: dai vari furiosi turpiloquenti Sgarbi agli urlanti parenti serpenti dei "forum" televisivi, dai toni e il lessico di "certa stampa" alle curve degli stadi, dai controllori nei treni che apostrofano rudemente i migranti alle gazzarre degli "onorevoli" nei talk–show: è la corrente gagliarda del conflitto esasperato a sistema, della rabbia, dell'aggressione e dell'ingiuria.
Era dunque proprio necessario – mi sono chiesto se i miei lettori si sarebbero chiesti – che anche un poeta "buonista" come Tognolini si unisse al coro?
Necessario sì, mi son risposto: non se se sufficiente.
Necessario, perché la rabbia – come si dice nel libro – è un'emozione primaria, troppo importante, troppo presente a tutti noi per lasciarla tutta e solo nelle mani del Grande Fratello. Occorre che se ne occupi anche il Piccolo Zio scrittore.
Ed ecco il secondo caso. Simili dubbi sono occorsi a un altro libro, o per esser precisi al suo sottotitolo. "Cuoreparole", raccolta di belle poesie scritte da bambini (Mondadori, 2010), porta il sottotitolo "Poesie di poeti bambini d'Italia commentate da Bruno Tognolini". Su quel "bambini d'Italia" c'è stata discussione. Ho fatto addirittura un piccolo sondaggio personale con amici scrittori e poeti, che me ne hanno sconsigliato l'uso. Come suona oggi, ci si chiedeva, la locuzione "bambini d'Italia" a chi legge le cronache e le loro parole dominanti, a chi senta le voci delle strade e dei bar? Suona esclusiva o inclusiva? Ambigua? Per caso qualcuno non vi sentirà dentro qualche accento gutturale "razzista"? Vero, tutto vero, ma non giusto: mi sono ribellato.
Perché dobbiamo lasciare in mano al nemico sempre più vaste regioni della lingua, delle emozioni, delle nostre parole e delle cose, in conclusione delle nostre vite? Dobbiamo, come gli antichi popoli, radere al suolo le case abitate e lordate dal nemico? Bruciare per purificarli i campi razziati, scacciare le donne stuprate? O non è più giusto e degno, al contrario, curarle, accarezzarle, risarcirle perché tornino a noi?
Davvero non si può dire oggi "bambini d'Italia"? D'accordo, magari non "bambini italiani", troppo rischioso (peccato, però, anche quello!): ma neanche "bambini d'Italia"?
E pezzo a pezzo ci lasceremo portare via le parole e le cose?
Così ho insistito perché il sottotitolo di Cuoreparole, rischiando, restasse quello.
E così ho fatto appello alla mia forza di bracciata, sia quella che sia, alla piccola maestria da rimatore-rematore, e mi sono tuffato nella corrente delle Rime di Rabbia.
Pare che il libro stia andando benissimo. Appunto, mi dico perplesso: come dovevasi dimostrare...
Rimane il dubbio della corrente, infatti, dell'effetto di trascinamento; il dubbio se noi diciamo o siamo detti, viviamo o siamo vissuti: ma è un dubbio molto antico, ci si è sempre potuto convivere. Però remando nella corrente, nuotando, lottando per riprendere la parola, le parole, bonificandole dagli usi impropri e tristi che da chiunque ne siano stati fatti.
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Cosa ne pensa Nando Dalla Chiesa
Il pomeriggio del 17 luglio 2010, a Genova, nell'ambito della Settimana dei diritti curata da Nando Dalla Chiesa, insieme a Fulvio Scaparro, Pino Boero, Walter Fochesato e Barbara Schiaffino ho preso parte all'incontro"DIRITTI diVERSI. L'infanzia e la voce di Gianni Rodari". Come altre volte faccio, ho parlato e ragionato sulle filastrocche e il loro cuore di ritmo. Poi, sollecitato con affettuosa decisione da Walter Fochesato, ho detto alcune Rime di Rabbia.
La sera stessa, in una rubrica di Note quotidiane che Nando dalla Chiesa tiene sul sito dell'evento, ho trovato questa nota, che qui sotto riproduco.
Va così. Ci sono giornate di questa Settimana Internazionale dei Diritti che alla fine hai sei o sette personaggi che ti tornano in mente. Uno per quella parola particolare che ha detto e che ti ha fatto pensare, uno per la sua storia… La giornata di ieri l’ho chiusa invece con due chiodi fissi in testa, uno piacevolissimo e l’altro angoscioso.
Il chiodo fisso bello sono le poesie per l'infanzia di Bruno Tognolini. Lo confesso: non l'avevo mai sentito. Ne sono rimasto conquistato. Gli ho perfino chiesto l'autografo sul suo libro "Rime di rabbia". Il suo giocare con la metrica, con il ritmo, l'uso dolce e creativo delle parole e dei suoni, la mite profondità di un pensiero che non rinuncia alla rabbia, l'ironia che lo porta a contrapporre le rime dell'autonomia operaia del '77 a quelle dei bambini dell'asilo e a smontarle e rimontarle, tutto questo mi è parso stupendo. Indimenticabile.
Anche perché lui stesso mentre recita sembra un bambino con i capelli bianchi, lui stesso mentre insegna si fa monello. Sublime la poesia dedicata al bambino che vorrebbe vivere senza felpa; ma anche quella del bimbo che chiede di potere giocare non per socializzare o per imparare, ma di potere "giocare per gioco".
Il secondo chiodo fisso è l'Aquila. Il docufilm in tre atti di Zoro è sconvolgente. Atto primo: l'Aquila attraverso le televisioni. Atto secondo: l'Aquila attraverso le immagini girate da Zoro. Atto terzo: l'Aquila e gli aquilani davanti ai palazzi del potere a Roma (sempre immagini di Zoro). Scopri così che all'Aquila non è deserto solo il centro storico ma anche le periferie, che a colpo d’occhio sembrano in piedi e invece sono tutte lesionate e disabitate. Scopri soprattutto che la gente semplice dell'Aquila è andata a Roma e che le sue sacrosante intemperanze sono diventate, nella cronaca televisiva, provocazioni dei centri sociali romani. E che i poveri manifestanti devono andare a ripescare le immagini esistenti per spiegare a chi non c'era che erano proprio loro, aquilani in carne e ossa, a protestare, altro che anarchici e autonomi. Che c'erano Gianfranco e il fratello di Giuseppe, guardali qui, altro che "vi siete fatti strumentalizzare". Pazzesco. Tutto questo è pazzesco. L'Aquila diventerà un caso di esperimento socio-mediatico (realizzato dal potere) di interesse mondiale.
Questo penso da ieri sera.
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Cosa ne pensano i bambini di una terza
Barbara Mignoni è una maestra di una scuola primaria che ho avuto modo di incontrare in diverse occasioni (una sua classe è stata l'autrice della poesia "Il canto della gente", una delle più belle del libro Cuoreparole). L'ultima volta che l'ho incontrata, a fine maggio 2010 a Milano, proprio per la presentazione di Cuoreparole, Barbara mi ha detto che con la sua classe, la terza B della scuola primaria Zanella di Vicenza, aveva fatto un bel lavoro su Rime di Rabbia. I bambini le erano giunti da un altro cammino scolastico, in cui per qualche motivo non avevano imparato a "essere classe", sentirsi tribù, volersi bene. E Rime di Rabbia, mi ha detto, era stato un aiuto prezioso in questo cammino, di cui i bambini erano consapevoli. Allora le ho chiesto di domandare loro, a nome mio, se avevano voglia di scrivere e spedirmi le impressioni e i pensieri che quel libro avesse lasciato. Barbara mi ha spedito questo piccolo florilegio, una raffica di nano-recensioni, che testualmente, senza alcun intervento, qui pubblico. Grazie Barbara, e grazie bambini!
Di quelle rime penso che serviranno tanto: dicono straordinarie verità.
Io penso che Rime di rabbia sia un libro importante per capire la serietà della nostra vita perché noi dobbiamo essere umani.
Il libro diventa offensivo se le rime le dici a una persona a caso, mentre sarebbe "bello" poter dirle a una persona che ti offende.
E’ un libro molto utile per certe situazioni: ad esempio quando ti arrabbi oppure se qualcuno ti ha deluso perché gli hai detto un segreto che ha ridetto.
Credo sia un libro piacevole anche per dire le poesie a memoria ad un compagno.
Questo libro mi fa capire il vero mondo: se tutto è solo "bello" e solo "buono", allora sono solo bugie. Il vero mondo è anche rabbia e cattivi sentimenti: sì, ci fa capire tanto.
"Rime di rabbia" è scritto alla massima bravura. Aiuta a vivere e a far smettere di essere prepotenti alle persone che lo sono e anche te stesso.
Caro Bruno, la poesia che mi è piaciuta di più è quella dei minerali perché è terribile. Grazie di questa poesia.
Secondo me ci voleva un libro di rabbie perché senò siamo sempre buoni e non sempre va bene perché loro se ne approfittano. Io lo consiglio a tutti.
Secondo me la lettura delle Rime di rabbia ha cambiato il nostro carattere e il nostro modo di fare. Questo è un libro tesoro.
A me piace tanto perché dentro al libro c’è la verità: le bugie, le cattiverie e il buono.
Rime di rabbia è un pensiero che ognuno vorrebbe dire, ma non ha il coraggio di esprimerlo. E’ la vita dentro di te.
Per me Rime di rabbia è perfetto per esprimere la rabbia. Credo però che i birichini diranno che non è giusto. Baci.
E’ un libro che serve per tutti e per stare con tutti.
Io penso che è un libro bello, ma è un po’ offensivo per quelli che non capiscono di sbagliare.
Secondo me "Rime di rabbia" ha fatto prendere una batosta a tutti quelli che hanno comportamenti sciocchi. Sono rime che sanno essere leggere.
Per me, "Rime di rabbia" è molto bello perché esprime sentimenti che, nella vita, tutti sentiranno.
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Come le dicono i bambini di una quarta
Ecco una lettera che ho ricevuto il 16 maggio 2012:
Gentile sig Tognolini,
Siamo i bambini della 4 A della scuola Descalzi-Polacco di Genova. Ogni anno la nostra scuola organizza, nelle strade del quartiere, "Libri in piazza", una manifestazione in cui tutte le classi della scuola raccontano ai passanti in vari modi (recitando, cantando, disegnando ecc.) uno dei libri letti in classe che li ha maggiormente colpiti.
Noi, insieme con le nostre maestre, abbiamo scelto il suo libro RIME DI RABBIA e lo abbiamo rappresentato in una recita dove ognuno di noi si arrabbiava "usando" una sua rima.
Abbiamo anche registrato un DVD (in un'aula e non per strada) che vorremmo inviarle perché anche lei possa vedere che fonte di idee e di spunti sono i suoi libri. Come possiamo farle avere il DVD? Se ci comunica un indirizzo saremo felici di spedirglielo. Ci piacerebbe anche poterla incontrare. Noi abbiamo ancora un anno da trascorrere in questa scuola: possiamo combinare un incontro per il prossimo anno?
La prego ci risponda e noi nel frattempo la ringraziamo tanto per tutto!
I 23 bambini della 4A e le loro maestre Gioia e Karen.
Il DVD mi è arrivato. Ed ecco: a proposito della efficacia, convinzione, adesione, ritmo, insomma presenza e vita con cui i bambini "dicono" le poesie: guardate e ascoltate questi bambini genovesi! E non fatevi ingannare solo dall'enfasi furiosa: sentite come battono bene le due ali di Senso e di Suono. Il ritmo pesta a perfetto metronomo, il senso... be', l'impressione è semplice: questi bambini sanno benissimo cosa stanno dicendo. E in un bambino che ripete una poesia questa semplice condizione è invece piuttosto rara. Ciò che dice lo lo riguarda, è troppo impegnato a ripetere...
Questi dicono, fanno, sono.
Ecco tre esempi:
RIMA DI RABBIA
RIMA SENZA PERDONO
MALAUGURIO DEL CRUNCIO
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Opinioni
La questione del ritmo: turbolenze e scorrevole freschezza
"Non tutte le cinquanta invettive hanno la scorrevole freschezza che è il marchio di fabbrica di Tognolini. Qualcuna stride, forse volutamente antipoetica". Questo scrive Daniela Pinna nella recensione apparsa su L'UNIONE SARDA il l 27/05/2010, in tutti gli altri passaggi entusiasta. Come sempre il passaggio critico è il più fecondo: ne sono scaturite, in altre successive lettere con la giornalista, riflessioni molto utili per me. Eccone uno stralcio.
DANIELA. Ho mosso una sola critica: che non tutte le filastrocche scorrono come l'acqua, come è tuo solito. Magari è una tua scelta d'autore. Non potevo saperlo, perché non ne abbiamo parlato. Se hai tempo, facciamolo.
BRUNO. Credo che lo sia, che sia una scelta d'autore. O più che una scelta, forse è un'evoluzione del ritmo e del canto. Che ho semplicemente lasciato fluire per curiosità, perché era tempo. È un libro più complesso, più maturo rispetto al Calabrone e a Rima Rimani, nei contenuti ma anche nella forma: è il Calabrone cresciuto. Scivola verso bàttiti di canto e ritmo in certi punti più liberi e complessi, che possono talora richiamare il "rap" (sono un devoto ammiratore di Frankie Hi NRG), e in altri punti dare qualche passetto d'inciampo, qualche scarto di lato al lettore.
Ricordo che Piumini molti anni fa mi disse che i miei versi erano molto "squadrati", battuti e scanditi rigidametne a metronomo. E così era, così è stato per vent'anni e così ancora sarà. Con Rime di Rabbia però, proprio come un musicista che esplora, ho voluto lasciare fluire altri giri di bass&drum, altri metri altrettanto miei, altri stili. E forse sì, alcuni passaggi possono essere più complessi a cogliersi, per i lettori, un più arduo lavoro d'orecchio.
Quando queste poesie le dico io, a memoria e senza leggerle, incarnandole nella voce, le faccio tornare tutte (prima o poi le sentirai); ma mi accorgo che così non è per chi legge i segnetti neri secchi d'inchiostro sulla carta. O meglio: lo è meno che nelle mie poesie precedenti. Per quelle, le ottave scampananti e il tric-trac delle filastrocche per i piccolini, lasciarsi andare a una "scorrevole freschezza" era per il lettore più facile, più automatico forse: lì non ci sono dubbi di interpretazione, la gabbia metrica esatta (a metronomo, appunto), fa sì che possano essere lette e scandite solo così.
Bene. Mi aspettano nel prossimo anno molti incontri con scuole, alunni e insegnanti: non mancheranno le occasioni per sentire da loro, dalle loro stesse voci che le dicono, come batte il ritmo di queste poesie, e se inciampa e scarta di lato, come il bufalo di De Gregori. Allora vedrò come andare avanti.
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Sei Rime di Rabbia
RIMA DEL TONTO TAPIRO
E tu mi prendi in giro
E poi ti guardi intorno
Come un tonto tapiro
Per vedere l'effetto
Della burla del giorno
Della balla che hai detto
Come una grossa vacca
Che fa una grossa cacca
E poi si gira lenta
E la guarda contenta
RIMA DEL BRANCO
Voi ridete, bisbigliate
Quando arrivo ve ne andate
Io son solo, sono stanco
Ma voi siete solo un branco
Siete un gregge scemo e duro
Quando arriverà il leopardo del futuro
Io da solo scapperò
E voi in branco no
MALAUGURIO DELLE RISATE
Io vorrei che tu, con le mutande scese
Facessi a saltelloni tutto il giro del paese
E tutti ti guardassero da tutte le finestre
A scuola si affacciassero i bambini e le maestre
E tutti ti indicassero, segnandoti col dito
Tutto il quartiere a ridere, a ridere impazzito
Tu nudo come un passero in mezzo a fischi e gridi
Tu che ogni giorno mi indichi e ridi
Mi indichi e ridi
Mi indichi e ridi
RIMA DELLE DUE GATTE
Come due gatte
Voi litigate
Poi mi chiedete
Tu con chi stai?
E io paziente
Non dico niente
Ma nella mente
Penso così
Conta la conta
Chi è la più tonta
Rima la rima
Chi è la più scema
Filo che lega
Chi se ne frega
Io sto col gabbiano
Che vola lontano
RIMA DELLA FELPA
Mettiti la felpa, vento della sera
Mettiti la felpa, magico orso bianco
Copriti la testa, mitica pantera
Lupo della steppa non sudare che sei stanco
Saltano i delfini, strisciano i serpenti
Corrono i topini irraggiungibili e contenti
Vola l'uccellino, scavano le talpe
Sudano un casino ma non mettono le felpe
Io son solo umano
Ho gambe da nano
Io non posso correre come quel vento nudo
Perché se corro sudo
Perché se corro cado
Perché se corro chissà dove vado
Sono un bambino umano
Ma non è mia la colpa
Perché mi devo mettere la felpa?
ULTIMA RIMA. PER I GRANDI
SCONGIURO CONTRO IL NAZISMO FUTURO
Gli abbiamo detto che la rabbia non è bene
Bisogna vincerla, bisogna fare pace
Ma che essere cattivi poi conviene
Più si grida, più si offende e più si piace
Gli abbiamo detto che bisogna andare a scuola
E che la scuola com'è non serve a niente
Gli abbiamo detto che la legge è una sola
Ma che le scappatoie sono tante
Gli abbiamo detto che tutto è intorno a loro
La vita è adesso, basta allungar la mano
Gli abbiamo detto che non c'è più lavoro
E quella mano la allungheranno invano
Gli abbiamo detto che se hai un capo griffato
Puoi baciare maschi e femmine a piacere
Gli abbiamo detto che se non sei sposato
Ci son diritti di cui non puoi godere
Gli abbiamo detto che l'aria è avvelenata
Perché tutti vanno in macchina al lavoro
Ma che la società sarà salvata
Se compreranno macchine anche loro
Gli abbiamo detto tutto, hanno capito tutto
Che il nostro mondo è splendido
Che il loro mondo è brutto
Bene: non c’è bisogno di indovini
Per sapere che arriverà il futuro
Speriamo che la rabbia dei bambini
Non ci presenti un conto troppo duro
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Home Page di Bruno Tognolini
Questa pagina è stata creata l'11 gennaio 2010 e aggiornata l'ultima volta il 28 dicembre 2020
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