Bruno Tognolini
RIME BUIE Su immagini di Antonella Abbatiello
Brossura con alette, 88 pagine con tavole a colori, cm 14 x 26, 14,90 Euro ADRIANO SALANI EDITORE, aprile 2021
Questo è un libro per i grandi Per quei grandi che da piccoli, o coi piccoli, hanno amato i versi di Tognolini e i disegni di Abbatiello.
Stavolta, sono per loro.
Ecco i testi con cui l'editore, in accordo con gli autori, presenta il libro nelle pagine di copertina.
La quarta di copertina
Questo è un libro per i grandi. Per quei grandi che da piccoli, o coi piccoli, hanno amato i versi di Tognolini e i disegni di Abbatiello. Stavolta sono per loro.
"Io sono una pianta
Simmetrica, lenta, potente
La vita più santa
Si nutre di luce e di niente
Conosco vangeli di rami
Teoremi di steli
Silenzi di immensi reami
Millenni di cieli"
Boschi dei rapimenti, isole da cui non si parte, bambini che sono piante. Diciotto fiabe nere, lucide, tragiche, narrazioni di un poeta cresciute come edera su altrettante visioni di un'artista.
L'aletta della quarta di copertina
Le filastrocche di Tognolini sono formule luminose. Ma il buio c'è sempre stato, nascosto nella loro luce. Un filo d'ombra quasi impercettibile, un nero di matita appuntita incide lieve i contorni delle cose, che forse per questo si stagliano chiare nei versi. Ora, per una volta, il poeta si tuffa dentro quel buio sottile.
Ne nascono diciotto ballate, poesie narrative. Fiabe nere, lucide, tragiche, in cui ribollono secoli di smarrimenti. La misura del verso, però, frena il magma, il disordine si ordina in rima: forse perché lo possiamo vedere più distintamente.
Dietro le quinte, nell'ombra della bellezza, i due autori si incontrano a rovescio, coi versi che illustrano le immagini e non viceversa. Non sulla pagina bianca, ma su diciotto tavole d'arte di Antonella Abbatiello, inedite e antiche vent'anni, son scritte le rime che ora le fanno rileggere ‘sotto altro buio'.
L'esergo"I said to my soul, be still, and let the dark come upon you" T.S.Eliot, "Four quartets", East Cocker, III
L'intera copertina 'spianata', con le sue alette
NOTE DELL'AUTORE DEI VERSI Storia di questo libro"Nell'aprile del 2007 Antonella Abbatiello, con cui avevo stretto amicizia, mi spedì un piccolo libro confezionato a mano da lei stessa, con testi suoi. Allineava una sequenza incantata di visioni di mare dai colori liquidi e intensi, commentati da brevi e semplici versi. Col pudore di chi conosce molto bene la sua arte e da lì parte per avventurarsi nell'altrui, Antonella definiva quelle sue righe appena una tenue traccia, mere didascalie sostituibili con altre e migliori parole. Suonava come un invito, e a me non serviva altro: sfogliando quelle immagini e leggendo quelle parole avevo subito cominciato a chiedermi quali mai altre potessero meglio occupare il posto fortunato in calce a quelle visioni, quale altra storia potesse essere celata sottopelle in quelle forme colorate, ansiosa di affiorare. Ci siamo accordati su questo nuovo esperimento, il poeta che scrive sulle immagini, e mi son messo al lavoro. E che vacanza, che meraviglia e che riposo fare il "poeta illustratore". Non dover essere io, per una volta, l'avanguardia del drappello, il rompighiaccio, lo stalker che fronteggia l'ignoto, l'inarticolato, che ci va dentro per tornare col bottino di un testo..."
Così cominicia, in questo stesso sito, la presentazione dell'albo Maremè, che aprì questa nuova via di "poeta illustratore di immagini", dove si ribalta il rapporto usuale fre i due artisti. Seguì nel 2010 Farfalla, che ribatteva lo stesso sentiero. Ed ecco, sull'onda lunga di quel mare, tredici anni dopo un altro viaggio.
Dopo aver risalito il fiume di questo libro, nel suo farsi, un tuffo nelle sue fonti poetiche profondeè offerto qui, nella presentazione della mostra di Rime Buie alla Libreria del Palazzo delle Esposizioni di Roma.
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Sono già "Figure Buie" queste immagini, fiabe nere, tragiche, e fortemente narrative: contengono storie. Di più: numerose storie. Sono figure opalescenti, come le perle che avvolgono in fogli traslucidi strati e strati sottostanti: storie e storie sovrapposte. Io le guardo, scelgo quelle che "mi dicono", e quelle sviluppo, racconto in versi. Quando spedivo ad Antonella la Rime Buia di una sua figura lei spesso esclamava, un po' disorientata ma incantata: "Ah!... Ma guarda!... Sì, io non avevo pensato a questo, disegnando quell'immagine, però... però ecco, ora leggendo vedo che sì, ci sta: c'era dentro anche quella storia".
Di quelle sette prime tavole, sei diventano Rime Buie. "La donna serpente", per motivi che non so e trovo inutile indagare, non genera rime; le altre sei diventano le prime del libro, coi nuovi titoli:
1. Colle degli elfi - Le due sorelle 2. Casa nel bosco - Persa perduta 3. Prezzemolina - Lasciami andare! 4. Pinocchio e la balena - Mangia! 5. Conversione di San Paolo - Il Cavaliere 6. La donna e il serpente - (nessuna Rima Buia) 7. L'isola - L'isola
E da lì avanti: altre Figure Buie mi arrivano, altre Rime Buie ne nascono, portando in superficie strati perlacei sepolti. Alcune appaiono opache - attenzione, non sono ma appaiono a me: non traspaiono per gli occhi delle rime, che quindi tacciono. Poi le tavole finiscono, ma le rime scritte finora sono poche per "fare libro": altre ne occorrono, dello stesso stile, periodo, atmosfera di colore e narrazione. Antonella, come fra noi dicevamo, "scende in miniera" a rumigare negli scatoloni dei suoi archivi, cerca, trova, mi spedisce. E così, trasponendo, portando ad affiorare strati perlacei, sviluppando, provando e abbandonando, o non provando nemmeno e passando a un'altra, arriviamo a diciotto Rime Buie. Basta. Antonella "in miniera" non trova più metalli adatti, e io stesso sento raggiunta la misura: troppo buio a lungo andare acceca, o molto peggio annoia. Ci fermiamo, le Rime Buie sono nate.
Scrivo a Mariagrazia Mazzitelli, direttrice di Salani, gliele presento. Le dico: attenta, non sono rime per bambini (ma di ciò subito qui sotto). Lei risponde: "È bellissimo tutto, sono piena di ammirazione". Anche il libro è nato.
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Perché non per bambini?Non erano così buie queste rime, nel loro primo nascere: lo sono diventate, sono cresciute in statura, età e buio lungo il cammino. Hanno passato la pubertà, e perso l'innocenza, intorno alla quarta rima, "Mangia!".
Le prime tre volgevano già al buio ma, fedeli a titoli e soggetti delle loro figure (Colle degli elfi, Casa nel bosco, Prezzemolina), al buio scintillante della fiaba, tetra e paurosa prima delle bonifiche disneyane. Danzavano sul bordo della notte, queste prime tre ballate, ma le avrei pur fatte leggere ai bambini, a cui le paure ben finte nelle figure dalla fiaba da millenni non fanno che bene. E allora cos'è successo nella quarta?
È arrivata dal cielo una rima. O meglio, prima che rima, una battuta perfetta che poi ha trovato rima. La balena di Pinocchio, terribile e stupenda nel semicerchio della bocca immane sognata e disegnata da Antonella, era fiorita per me, nel racconto in rima, come figura dell'alimentazione: e per esempio, nella scena del somministrare la pappa ai bambini ("Apri la bocca grande grande!"). E mangia bimbo mio!, e mangia bimbo mio!, coi dovuti commensali animali (merli, leoni, lupi, scarabei) e poi fiabeschi (balene di Pinocchio, orchi) evocati a persuasione, alla fine la mamma esasperata sbotta in un'ultima quartina, che nella prima versione suonava:
Dunque perché non mangi?
Figlio delle mie brame
E adesso perché piangi?
Non hai fame?
L'Ala del Suono chiude bene, perfettamente. L'Ala del Senso no: non aggiunge e non toglie, non depista, non lancia, lascia lì. Ma un'altra chiusa possibile, cortissima, mi sussurrava già all'orecchio tre parole, elementari e atroci: e quelle sì che spostavano, scagliavano molto lontano. Provo a scriverle. L'ultima quartina diventa:
Dunque perché non mangi?
Figlio delle mie brame
Perché piangi così?
Cosa c'è, non hai fame?
Ma io sì
Quando la forma esatta si manifesta, non serve chiudere gli occhi. Deciso: Rime Buie non sarà un libro per bambini.
Perché? Non lo so, non lo so dire in modo chiaro e fondo. Essendo mio mestiere e maestria la narrazione e la rima per i bambini, non lo sono psicologia e pedagogia. Non so spiegare nelle loro chiare lingue questa istintiva ripartizione delle età: posso azzardare disordinate osservzioni, un po' dogmatiche, tautologiche, parafrastiche, ma eccole qui.
Proprio perché scrivo per i bambini, e da molti decenni, vedo subito quando ciò che sto scrivendo per bambini non è.
Ci sono forse enzimi della mente che i bambini ancora non hanno: perché non diamo a un piccolino cozze crude, barbera e 'nduja?
Queste rime narrano fatti, ma velati da reticenze e allegorie: per un bambinio non succede niente.
Non credo che i bambini se ne spaventino, tutt'al più si annoiano. E questa noia mi dispiace e anche mi nuoce.
Molto meglio, però, più vicino al mio mestiere, è leggere quese rime con gli occhi dei bambini. Sentirli leggere e poi chiedere, così:
"Ma chi era quella vecchia che la portava via?", "E alla fine la mamma lo mangia?", "Che cosa fa quel cavaliere? Vince o perde?", "Perché da quell'isola non si può partire?", "Che cosa dice quella signora distratta?", "Cosa vuol dire delirio calmo dell'interpretazione?", "Ma quella poesia dice come siamo fatti dentro?", "Cosa ha nascosto nella torre quel signore?", "Perché quell'altro saliva le scale, dove portavano?", "Ma quella è una pianta o un bambino?", "E il giardiniere piantave le persone nella terra?", "Ma quel lupo è cattivo?"...
I bambini son ben capaci di processare e godere cose, parole e versi che non capiscono: basta pensare alle loro stupende rime senza senso, magnifica e salvifica litania. Ma devono essere: o del tutto senza senso, per statuto giocose, una bella burla atletica della lingua ("Quando la sera la luna macarèna | Acqua salata, zucchero filato | Gelato al cioccolato, tu me l'hai rubato | Tutto ciucciato, mora mora yes!"); o inframezzate di parole comprensibili, den dosate, vicine l'una all'altra, pietre di fiume dove posare i piedi per guadare quella poesia. Altrimenti le domande di cui sopra riempiono interamente la lettura, e il silenzio di posa sul fondo che deve seguire; non resta neanche tempo e il silenzio per godersi il Suono, la rima e le parole a tamburino, e sacrosantamente quel bambino guarda la porta per andare poi a giocare.
Ecco, non so, non credo d'aver spiegato. Ma una cosa i bambini e l'età mi hanno insegnato: perché queste poesie non sono per bambini? Perché si vede che non lo sono, basta leggerle. E poi, se invece non basta, "perché sì".
Filastrocche per i grandiRime Buie è un esperimento, che a questo punto del cammino poetico e umano mi toccava e mi piaceva fare. Io sono un poeta di poesie filastrocche. Lasciamo fuori per ora il contenuto e parliamo per un minuto della forma. Le filastrocche sono composizioni poetiche fortemente strutturate in rima e metro regolari e ricorrenti, a differenza della poesia contemporanea, che da un bel pezzo ha abbandonato quella gabbia. Le filastrocche dunque, come tali, perché tali, per contenuto che si presuppone giocoso e per forma di metro e rima, son definite come poesia elettiva per l'infanzia. È così, tali sono e va benissimo. Ma c'è un dato d'esperienza che mi dice che sì, è così, ma forse non solo così. Da trent'anni di testimonianze, lettere e social e messaggi e incontri, io so per certo che le mie tante filastrocche per bambini piacciono ai grandi, che le trovano utili e belle, le conoscono e le consumano beati, quasi sempre "con la scusa dei bambini": perché hanno figli o alunni, e a loro le comprano e leggono. Le leggono anche da soli?
Bene, l'esperimento di Rime Buie è: togliere quella scusa. Visto che anche gli adulti sanno godere di una poesia di forte stoffa ritmica e sonora, che non si trova in altre produzioni poetiche d'oggi dedicate a loro, perché non farlo direttamente, "senza filtro"?
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Filastrocche narrativePoesia e narrativa sono generi duali, una diade di sorelle separate. Ma come ogni frontiera degli umani anche questa è un colabrodo, dove i popoli si meticciano felici da millenni. Esiste una prosa poetica e una poesia narrativa. Le Rime Buie son filastrocche narrative: in ciascuna c'è la voce forte e chiara di un "io" che racconta una vicenda forte e scura. Ecco una sorta di indice (un po' poetico a sua volta) di queste diciotto storie.
1. Sorelle lucertole in fuga, e il pericolo è qui.
2. Donne perdute nel bosco, che salva perdendo.
3. Bambine rapite dove non vogliono andare.
4. Mamme balene affamate di figli digiuni.
5. Cavalieri sfiniti, compiuti dai loro compiti.
6. Isole da cui non si potrà partire mai.
7. Donne distratte che hanno perduto la vita.
8. Porte sui labirinti reclusi del corpo d'amore.
9. Anime che volano via senza saperlo.
10. Bambini che sono piante rigogliose.
11. Torri prigioni di un'unica minima gioia.
12. Scale che era meglio non salire.
13. Sogni subacquei da cui non ci si sveglia.
14. Scale che era meglio non scendere.
15. Erbari dove ortolani coltivano gente infelice.
16. Donne rapite bambine, in rapina infinita.
17. Notti rabbiose d'insonnia in attesa del lupo.
18. Angelo Buio che dice e rigenera tutto.
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Vecchie ballateScrive l'editore nella quarta di copertina (citando un giudizio di Nicola Gardini, riportato per esteso qui sotto): "fiabe nere, lucide, tragiche, in cui ribollono secoli di smarrimenti". Ma perché, viene da chiedersi, tutta questa tragedia? Semplice: perché le storie tragiche e tristi, le fiabe nere disperate e commoventi narrate dai trovatori e dai bardi, dai facitori di cuntu siciliano e da tutti i griot del mondo, hanno da sempre incantato i cuori umani. È dovere del mestiere approfittarne, e così è stato per millenni, con esiti miseri, medi ed eccelsi. Non ho attinto a quei modelli lirici di malanno consapevolmente: solo dopo avere scritto queste rime mi son venute in mente le antiche ballate inglesi e irlandesi che ho amato (e cantato e suonato alla chitarra) in anni lontani. Per fare quattro esempi: "Cruel sister" e "When I was in my prime", nella versione dei Pentangle, o "Where the wild rose grow" e "Henry Lee" cantate da Nick Cave, rispettivamente con Kylie Minogue e PJ Harvey (qui i testi). Versi che cantano vite perdute brillano da millenni, come candele labili e inestinguibili nella notte dell'uomo.
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NOTE DELL'AUTRICE DELLE TAVOLE La narrazione visiva
Ho dipinto le immagini di questo libro in anni diversi, dal 1987 al 2012. Venticinque anni.
Hanno tecniche diverse. Il filo che le tiene insieme è l'inquietudine, la ricerca – nell'oscurità – di una traccia.
L'artista visivo ha continuamente 'visioni': si formano naturalmente nell'immaginazione, frutto di combinazioni fra ricordi, opere viste o studiate, impressioni quotidiane. La tecnica è necessaria per rappresentare quello che vediamo nell'immaginazione e che altrimenti ci può confondere o sopraffare. Quando riesco a tradurre la visione sulla pagina mi sento felice, più libera, più lieve, e soprattutto capisco cosa quell'immagine vuole dirmi.
Ogni immagine ha la sua storia, il suo posto lungo un arco di stati d'animo e di eventi. Fra le diciotto che compongono questo libro, per esempio, tante sono le sfumature fra due estremi: la più drammatica, Mangia! (2002), Pinocchio divorato dal pescecane che emerge in un angoscioso mare di denti; e la più salvifica, L'Angelo'(1987), che indica all'artista, al poeta e al lettore la via d'uscita dal buio del libro.
Le fonti delle immaginiIMMAGINI TRATTE DAL FILM "ICARO" (cortometraggio d'animazione; disegni, regia e animazione: Antonella Abbatiello; Musica: J. S. Bach. Produzione: Antonella Abbatiello e Giulio Gianini. Italia, 1987).
L'Angelo (ispirazione: "Le tentazioni di Sant'Antonio" di Odilon Redon, illustrazioni per l'opera omonima di Flaubert, 1888).
La Torre (ispirazione: "La torre di Babele" di Pieter Brueghel il Vecchio, 1563).
Le Porte (ispirazione: opere di Maurits Cornelis Escher).
Le Scale (ispirazione: scenografie di Adolphe Appia e Josef Svoboda).
La Pianta (ispirazione: incisioni botaniche ottocentesche).
L'Isola, L'Anima, Salmo 68 (ispirazione libera).
IMMAGINI TRATTE DA ALTRE FONTI E OCCASIONI
Il cavaliere: "La conversione di San Paolo", quadro realizzato per una mostra al Teatro La Fenice, Venezia 2012.
La discesa: illustrazione per "Il figliol prodigo", concorso su tema biblico, Monaco 2001.
Mangia!: opera realizzata per la mostra "L'altra metà di Pinocchio", 2002.
Le due sorelle: "Il colle degli elfi" (fratelli Grimm), opera realizzata per la mostra "Sirenette di carta e soldatini d'inchiostro", 2005.
Persa perduta: "La casa nel bosco" (fratelli Grimm), opera realizzata per la mostra "Antichi incanti", 2009.
Lasciami andare! (1), Lasciami andare! (2), L'Erbario: studi per il libro "Prezzemolina", di G. B. Basile, Fabbri Editore 2005.
La Distratta: manifesto per lo spettacolo teatrale "Escurial", 1987 (ispirazione: "Ritratto di donna" di Rogier Van der Weyden, 1435).
L'Insonnia: illustrazione per la poesia "La luna" di J. L. Borges, realizzata per la mostra "L'una e un quarto", 2001.
LE RIME BUIE IN MOSTRA nella Libreria del Palazzo delle Esposizioni di Roma, da marzo a maggio del 2022
Mostra di un doppio buio
Ecco come presenta la mostra il comunicato stampa del Palazzo delle Esposizioni.
"Boschi di rapimenti, isole da cui non si parte, bambini che sono piante. Fiabe nere, lucide, tragiche, ballate narrative di un poeta cresciute come edera sulle tavole visionarie di un'artista" (Nicola Gardini).
Questa è una mostra che esplora un doppio buio: quello del libro e quello delle sue fonti.
IL LIBRO
Entrambi gli autori, in quest'opera, hanno lasciato il loro cerchio di luce per avventurarsi in zone ignote, ciascuno per conto suo e l'una con l'altro.
L'una con l'altro, prima di tutto, ribaltando i ruoli consueti: non è l'illustratrice che legge i testi per dar loro visioni, ma lo scrittore che guarda le figure per dar loro parole.
Non era la prima volta: già l'albo Maremè (Fatatrac) era nato così nel 2007. Ci riprovano tredici anni dopo, nel 2020. Abbatiello lascia il cerchio di luce delle sue opere attuali, con la loro temperie di stile e segno e sogno del mondo, e "scende in miniera" nel buio dei suoi archivi. Propone a Tognolini una scelta di tavole inedite, create per pubblicazioni o mostre fra venti e trent'anni fa. E quelle che emergono dalle miniere son scene scure, drammatiche, narrative: "fiabe nere", le chiamerà Nicola Gardini.
Il poeta guarda e interroga quelle figure, in attesa che gli parlino, gli dettino. Lo sguardo attraversa gli strati di senso che affondano concentrici giù nel buio di ogni opera viva. Ciò che trova e porta alla luce, alla fine del tuffo, sono versi ancora scuri e narrativi. Rime e storie che lo portano lontano dal suo cerchio di luce consueto: le forme lucenti di gioia del mondo della sua poesia per i bambini.
Il risultato di queste spedizioni, solitarie e condivise, è "Rime Buie": un libro che canta e mostra, in rime battenti e scure come vecchie ballate celtiche, e in figure che accendono visioni di notti millenarie, diciotto umane vicende di sciagura.
Verso un barlume, forse, in fondo al buio: il lumicino in fondo al bosco delle fiabe. Difficile da scorgere, come "è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire" – canta Battiato. Ma lo incoraggia Leonard Cohen: "C'è una crepa in tutte le cose: ed è da lì che entra la luce".
LA MOSTRA
La mostra sfoglia e sparpaglia quest'Opera al Nero in giro per la libreria del Palaexpo. E il libro buio, come persuaso da tutti quei libri fratelli, si scioglie, si apre e si mostra: grandi pannelli riproducono le sue pagine, figure e versi; teche mostrano gli originali delle illustrazioni.
Ma la mostra fa di più. Si dice spesso al giorno d'oggi "mostra immersiva", e questa volta l'immersione è letterale. Il libro non si limita ad aprirsi, ma si rende per barlumi trasparente, offrendo in mostra i primi brevi scorci degli infiniti strati sottostanti. Le fonti di ispirazione dei due autori, le poche di cui sono consapevoli, affiorano dal buio oltre la pagina, dove lo sguardo del lettore non arriva, e appaiono in mostra.
Illuminare i fili delle fonti, le citazioni e assonanze e filiazioni, è normalmente compito dei critici, degli storici, di terzi. Stavolta sono gli stessi autori a svelare le loro fonti segrete. A mostrarle fisicamente chiuse in teche sotto le opere che hanno germinato. Ecco allora sotto le tavole di Abbatiello riproduzioni di Odilon Redon, Brueghel il Vecchio, Adolphe Appia. Ed ecco sotto i versi di Tognolini libri aperti di Bufalino, riproduzioni di antichi Salmi, cover di dischi dei Led Zeppelin e Leonard Cohen.
Non temono i due autori, svelando i fili nascosti, il disincanto? No, per nulla. Come i marionettisti che alla fine dello spettacolo levano i veli di fondali e quinte, e il pubblico vede i fili, e dalle bocche nascono gli "Oh!" di un nuovo incanto. I fili d'arte sono vene di maestria, che legano ogni opera a ogni altra. Vedere che la ragazza ha gli occhi del nonno non la rende ai nostri occhi meno bella. E quando i marionettisti svelatori caleranno di nuovo i veli, Orlando riprenderà a piroettare più vivo di prima, i fili nuovamente spariranno, e il canto della poesia tornerà incanto. Forse, la mostra ci conta, più incanto di prima.
Le fonti segrete dei versi Le fonti di ispirazione dei due autori, dice il comunicato stampa, "appaiono in mostra". Ma non tutte.
Per l'occasione mi ero messo alla cerca di quelle fonti sommerse raccogliendo libri, versi, musiche, ricordi, associazioni più labili e vaghe. Ne ho tirate a riva almeno due dozzine. Di queste, solo forse sette o otto "appaiono in mostra". La scelta di non affollare troppo l'esposizione di fonti segrete, correndo il rischio che i retroscena soffocassero la scena; la necessità di equilibrare le mie fonti con quelle di Antonella Abbatiello; il suo sacrosanto rigore nell'adeguare i materiali visivi esposti - tutti, anche quelli delle fonti - a un livello iconografico consono al suo gusto e a quel luogo: tutto ciò ha portato a selezionare solo alcune delle fonti che dalle mie liriche avevo distillato.
Naturalmente non una rassegna stampa: solo un tavolo in cui poggiare alcune poche recensioni che mi son capitate sotto gli occhi, che mi son state segnalate, che mi sono piaciute. LA STAMPA, Tuttolibri, Valentina De Poli, 24/04/2021
Lettere e messaggi NICOLA GARDINI Ho letto le Rime buie e volevo dirti che le ho trovate molto potenti: lucide, nere, tragiche. Ci ribollono secoli di smarrimenti. La tua misura, però, frena il magma, e il disordine si ordina - forse solo perché lo possiamo guardare e sentire più distintamente. Insomma, complimenti. Il tuo pubblico di grandi avrà adesso le sue filastrocche per guardarsi un po' dentro.
SILVIA VEGETTI FINZI Caro Bruno, grazie dello straordinario volume di immagini e poesie, creato con Antonella Abbatiello. Le ho osservate e lette con appassionato incanto. La sinergia tra figure e suoni è davvero meravigliosa. L'opera risuona nell'animo del fruitore anche al di là della coscienza intenzionale: per sempre.
CHANDRA LIVIA CANDIANI Cara Mariagrazia, il libro di Tognolini che mi hai mandato secondo me è il suo più bello: grazie!
ARMANDO BUONAIUTO Il Nick Cave dentro di te si è fatto strada a grandissime e inquiete falcate. Lo sto leggendo adesso e mi sono già un po' innamorato della Distratta. E della tensione tra versi e immagini. Bello bello. Strano però saperle uscite dalla tua penna
LORENZO ANTONAZZO Proprio stamane leggevo a mezza voce il suo "Rime buie", quando mi si è avvicinato mio figlio, cinque anni, come incantato. Si è steso accanto a me e ho cominciato a leggere a voce alta e limpida: nonostante i temi cupi, lo scoccare delle rime e l'affabulazione del ritmo (ché quella del narrato non era alla sua portata) hanno conquistato anche lui. Dunque grazie per le sue parole da parte di un grande ammiratore e di uno piccolo.
(La mia risposta: "Sì, Lorenzo, lo so. O meglio, lo sospettavo, in parte lo speravo. Ma questo dilagare del battito dei versi oltre le barriere delle età è cosa che potranno scoprire alcuni genitori con alcuni figli: non posso prescriverla io")
ROBERTA SANNA Raccontavi (nella diretta Facebook del 10 aprile) che in una prima versione di questa poesia non sei riuscito a descrivere uno stupro. Ma sei riuscito molto bene a intuire una tendenza del femminile. Hai sentito i riscontri così vivi delle ascoltatrici? Nell'etimologia distrahere = tirare di qua e di là trovi il motivo per cui noi donne ci emozioniamo dolorosamente a quei tuoi versi. Perché conosciamo quella condizione che ci riguarda come figlie donne lavoratrici madri. Sempre disponibili - per cultura educazione ecc. - a lasciarci "tirare di qua e di là", lasciandoci sviare dal nostro percorso, dall'essere presenti a noi stesse. Tutte sappiamo quanta fatica e determinazione occorre per tornare ogni volta in noi. E quante lesioni lascia. Esattamente come nella "distrazione muscolare" ci sono tre gradi di gravità della lesione: nel primo e secondo grado si strappano solo poche o numerose fibre connettive; nel terzo, la conseguenza più grave dell'essere tirate di qua e di là, c'è la rottura completa dell'unità muscolo-tendinea... io dico dell'unità della persona non più connessa con se stessa.
GIULIANO SCABIA Rime buie è pura musica. Bravo Bruno. A volte mi fanno pensare a Betocchi, lirico alto e perfetto.
Lasciami andare! Lasciami andare!
Lasciami andare!
Sono sparita, non me ne sono
Nemmeno accorta
La vita stava per cominciare
Alba di mare
Mi hanno rapita, non so nemmeno
Chi è che mi porta
Mi hai trascinata
Fra questi tronchi, gambe di morti
In questo bosco
Così lontana dai giorni miei
Mi hai fascinata
Non voglio andare dove mi porti
Non ti conosco
Lasciami stare, dimmi chi sei!
Sono la vita, sono la morte
Sono il cammino
Disse la donna, sono la strega
Sono la madre
E questi tronchi sono le porte
Del tuo giardino
Sono la sorte che ora ti lega
Lasciati andare
Tu sei uno sbaglio
Io non li voglio questi giardini
Lasciami andare
Tu mi hai rapita, non so perché
Ora mi sveglio
Perché non voglio che mi trascini
Se è dentro il buio che devo andare
Vado da me All'indice
Fu allora che vidi le scale
Che portano in cielo
La vita era lago di sale
Era fango di gelo
Un soffio dorato di brezza
Aprì uno spiraglio nel male
E fu la salvezza
Fu allora che vidi le scale
Non era né indietro né avanti
La via della vita
In corse e cammini fiammanti
Cercavo l'uscita
La favola di cui ti fidi
La nuvola di cui t'incanti
Ma quando la vidi
Non era né indietro né avanti
La via dell'uscita era in alto
La vita era in su
Tracciata in quel cielo di smalto
Nel sempre di più
Le belle utopie dell'altezza
Apparvero in un soprassalto
E fu la certezza
La via dell'uscita era in alto
E presi a salire le scale
Mio nuovo cammino
Non vidi il tranello mortale
Ogni nuovo gradino
La scala del cielo infinita
La luce diritta che sale
Lasciai la mia vita
E presi a salire le scale
E ora sono troppo avanti
Per tornare indietro
E ancora sono troppo indietro
Per giungere in cima
Non ho più la forza di prima
Gli uomini sono distanti
Il buio è più tetro
E ora sono troppo avanti
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