Testi per gli spettacoli all'aperto di "INCANTI
E MEMORIE"
Un progetto di Monica Maimone e Valerio Festi
I Castelli del Trentino, 1992-94
Castel Pietra, agosto 1992
OLTRE LA LUNA
di Bruno Tognolini
1 . ARRIVO DELL'ESERCITO
La musica sfuma. La grande foresta che abbraccia il Castello della Pietra è immersa nel suo canto notturno: grilli, cuculi, fronde. Appena visibile, in un angolo appartato della radura, illuminata fiocamente da un suo piccolo fuoco, una figura senza sesso e senza età pare impietrita in una posa arcana di meditazione. Ma dopo poco, lentamente, una ad una, le voci della foresta tacciono: resta un ultimo grillo, che esita, trema, si spegne. La figura allora si riscuote, con un solo gesto soffoca il suo fuoco, e scompare nel buio.
Per un tempo che pare infinito la foresta e la radura sono immerse nel buio e nel silenzio: un silenzio allarmato, innaturale, tremante d'attesa.
Infine giunge dalla lontananza un suono fievole d'uomini, di canti e di carri, e dalla parte della valle appaiono i lampi elusivi di un lontano bagliore rosso. Luci e suoni si avvicinano, crescono rapidi, e infine son qua. Oltre il ciglio della radura ammutolita, la foresta è invasa da un esercito in marcia: bagliori di torce, colori di stendardi, fulgori di lance e di corazze; fragore di carri e cavalli, clangori di corni e tamburi, grida di guerra e di giubilo. Sono arrivati. No, passano oltre: su per l'erta boscosa, verso l'alto, verso le mura del castello. Suoni e immagini si allontanano di nuovo, fin quasi a scomparire, ma non scompaiono più: si tramutano nel brusio allegro e minaccioso di un bivacco, con fuochi e canti lontani, sù, in cima alla Pietra. Qui, alle sue pendici, la radura è nuovamente invasa dal buio e dal silenzio.
Con un minuscolo lampo, in questo buio, la figura misteriosa riaccende
il suo piccolo fuoco. Poi, nel silenzio totale, si china ancora nella meditazione,
ma per poco. All'improvviso si leva, altissima per un istante, di spalle,
e con le braccia tese e le mani che stringono due rami frondosi, traccia
i segni delle sei direzioni dello spazio. Infine getta sul fuoco le fronde,
e mentre un gran bagliore verde illumina la scena, il MAGO lancia con voce
potente la sua Evocazione.
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2 . IL POPOLO SEGRETO
Durante l'intera Evocazione (che è pausata tra ogni strofa della formula), segni fugaci e presagi delle creature che il MAGO nomina appaiono, in tempi e modi diversi: ora appena occhieggianti tra le fronde, ora in corse e voli spavaldi e fulminei, ora in figure umane danzanti o immobili, ora in forma di luce o suoni o elementi.
MAGO
Apparite!
(...)
Spiriti e nomi del bosco, geni dei siti e padroncini di ogni fonte,
popolo minore delle foglie, anime delle pietre, guardiani dei sentieri
e dei ponti, creature, creature, ascoltate la mia voce: apparite!
(...)
Spiriti e nomi dell'aria, seguaci degli uccelli e del vento, folletti
pomeridiani, esseri dei tramonti e voi, bambini dei sette angoli del mondo,
creature, creature, vi sto chiamando: apparite!
(...)
Spiriti e nomi di questi monti e questi boschi, genti segrete delle
foreste di Fiemme, Primiero, Paneveggio, San Martino, ogni orecchio diverso
da quello di uomo o di donna ascolti il mio richiamo: apparite!
(...)
E voi, elfi, gnomi, silvani e coboldi, fate e streghe, Comèlles
che ogni notte scherzate con la ragione degli umani, Smare orribili che
portate la discordia, ragazze-lontra coglitrici di miosotis, e anche tu,
Caza Beatrich, caterva orrenda, valanga devastartrice, anche voi chiamo
a raduno in questa notte: apparite!
(...)
E per ultime voi, Guane nascoste, fate bellissime dal piede rovesciato,
Strixfal dei grandi alberi, ti chiamo, Lychien del sottobosco, ti chiamo,
Cisp della macchia, Bist degli animali, Girs dei fuochi, vi chiamo, Iugiflux
del gran fiume, Nectaris dei frutti e del miele, Guane creature, che dormite
nei vostri elementi: io, Mago della Foresta, uomo e donna, io, Antico,
Messaggero tra le Cose, questa notte vi chiamo a raccolta, creature, creature,
creature: apparite!
(...)
Apparite, vi supplico...
Il MAGO si china nuovamente in meditazione, e intorno a lui i timidi
presagi prendono animo d'un colpo e tutti assieme, e d'un colpo la radura
è piena di luci, suoni, e presenze magiche.
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3 . IL MAGO
Tace la musica. Il MAGO leva il capo.
MAGO
Benvenuti, antichi amici miei.
Perdonate, se ancora ho disturbato il vostro sonno, e vi ho evocato
dalle dimore nascoste.
Ascoltatemi.
E' una notte nefasta. Ogni nostro stratagemma è stato vano.
A nulla son servite le tue barriccate di tronchi, Strixfal degli alberi;
i tuoi grovigli di rovo e di ginepro, Cisp della macchia; a nulla è
valso confondere i sentieri, celare i ponti, geni silvani. Come vedete
Carlo, il Re Ragazzo, e i suoi mille guerrieri sono qui.
Ebbene - voi dite? Non abbiamo forse nei secoli affrontato, amato,
atterrito, accolto come fratelli o annichilito innumerevoli ordini di genti?
Ascoltatemi. Questi che sono giunti son diversi. Io sono stato tra
loro, li conosco. Forse un'era è finita, e una nuova sta lanciando
i suoi vagiti: forse questi guerrieri cinici e superbi sono già
i suoi primi bambini, e forse chi verrà dopo sarà peggio.
Hanno cavalcato tutta notte, la notte scorsa, la notte di San Giovanni,
traversando la valle di Fiemme in un sol corso. Ignoravano i fuochi, ignoravano
i prodigi, i voli, i gridi, ignoravano perfino in quale notte s'erano messi
in via.
Al mattino di ieri erano al ciglio dei nostri boschi, mai violati da
uomini su bestie. Son penetrati senza un pensiero al mondo, senza offerte
e saluti a voi e a me, come cinghiali. Han cavalcato dove nessuno ha cavalcato,
per le foreste di San Martino e di Primiero, sono arrivati al cuore del
gran bosco, dove noi avevamo teso le nostre trappole estreme.
Baluardi vani: il Re Ragazzo è smontato da cavallo, ha chiamato
cinque conti ardimentosi, ha ordinato una fiasca d'acquavite... ed è
entrato. Cosa sia accaduto lì dentro, io non so. Con che magia maggiore
della nostra, con quali formule, o forse solo con che animo e che spade
abbiano rotto i nostri incantesimi, non so. So che dopo sei ore, due di
loro sono usciti dalla foresta col viso ferito e ridente, a chiamar gli
altri: poiché la via era aperta.
Ora son qui. Non è passata un'ora da che son giunti, e hanno
già posto il campo, e l'assedio. Il castello cadrà, non può
fermarli. Carlo ha chiesto un parlamento. Non vuole perdere un uomo più
del necessario, e ha proposto un duello di campioni: tre cavalieri assedianti,
e tre assediati, si scontreranno qui, in questa piana che fu nostra, e
il loro sangue deciderà di tutto.
Questo è quanto è accaduto ed accadrà.
Celatevi, sogni, antichi sogni: scomparite.
Vigilate, nascosti nelle cose.
Ma non guardate le loro spade, sono fatte
di materia diversa dai sogni, diversa da noi.
Sogni, sogni, creature: scomparite...
(...)
Scomparite!!!
Nel lanciare in un potente grido l'ultimo comando, il MAGO si china
sul suo fuoco e lo soffoca: e in quell'istante tutte le creature magiche,
le luci e i suoni scompaiono nel buio.
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4 . I TRE CAMPIONI
Subito, infatti, altra luce, altro suono e altre figure occupano
la radura. Come per incanto, tre padiglioni di colori diversi si ergono
sul prato ad opera di alacri SCUDIERI. Tre stendardi recano le insegne
araldiche: un Cuore Spaccato, un Unicorno, una Pietra.
Quando i padiglioni son ritti tre CAVALIERI, uscendone, si fermano
sulle soglie: aprono le braccia, e a quel gesto gli scudieri accorrono
per vestirli delle armature, e porger loro le armi.
Sono:
* GIOVANNI DI CARINZIA, detto il Cavaliere del Cuore Spaccato: giovanissimo ed esaltato, alla sua prima battaglia illustre, cultore dei codici cavallereschi, delle gesta eroiche e della spada (combattimento ravvicinato ma "ortodosso", secondo le regole);
* FEDERICO DI SPORO, detto il Cavaliere dell'Unicorno: erudito e cortese, stratega e spietato, virtuoso della lancia e dei tornei (combattimento a distanza, gioco e stilema della guerra);
* VOLKMAR DI STALL, detto il Cavaliere della Pietra: fortissimo e misterioso, brusco e temibile, indifferente ai codici e perfino agli attrezzi della Cavalleria (combatte con mazza e con pietre, zuffa primordiale).
Quest'ultimo Cavaliere ha un tratto ombroso e inqietante: è
muto, e porta una sorta di maschera-museruola sulla bocca. Per
lui parla una FANCIULLA-SCUDIERO, con la quale l'uomo vive in una sorta
di simbiosi, portandola spesso (ovunque l'azione lo consenta) legata a
sè, come un doppio individuo. Questa bizzarria - cui i due compagni
faranno tra poco fugacissimi accenni - verrà narrata per esteso
e motivata al pubblico soltanto più avanti, alla 7^ scena. Lo chiameremo,
per il momento, VOLKMAR-DONNA.
Infine, vestiti e armati, i tre si presentano a vicenda con voci
tonanti e cerimoniali.
FEDERICO
Giovanni di Carinzia, per grazia di Dio e del nostro sovrano Cavaliere
del Cuore Spaccato, dove vai?
GIOVANNI fa tre passi avanti, presenta la spada, quindi intona:
GIOVANNI
Alla guerra! Volkmar di Stall, per grazia di Dio e del nostro sovrano
Cavaliere della Pietra, dove vai?
(Idem)
VOLKMAR-DONNA
Alla guerra! Federico di Sporo, per grazia di Dio e del nostro sovrano
Cavaliere dell'Unicorno, dove vai?
(Idem)
FEDERICO
Alla guerra!
Sia reso onore ai nomi ed ai blasoni
dei tre di Carlo Cavalier campioni.
Né parole né lodi niun risparmi.
Giovanni di Carinzia, mostra l'armi!
VOLKMAR-DONNA e FEDERICO si ritraggono in pose fisse e guerresche in secondo piano, e da lì intonano le lodi di GIOVANNI. Il quale si porta avanti, e dà inizio a un suo violento e squilibrato atto marziale con la spada.
VOLKMAR-DONNA
Primizia d'arme, oh tu, campione infante,
primavera d'ardire e di coraggio,
gran promessa di gloria e sangue innante
che sia il tuo giugno, ma del pieno maggio
furia e splendore d'anni e di sembiante
e fresca alba di gloria: rendo omaggio,
chino lo capo e piego il braccio armato
avante al Cavalier del Cuor Spaccato.
FEDERICO
Cento ne può piegare la fortezza
del braccio esperto e dell'acciaio duro,
cento ancora può vincer l'accortezza
di mente ferma e consiglio sicuro:
ma mille solo annienta giovinezza,
che ha corto senno e lunghissimo futuro.
Nemici e giostre e guerre a perdifiato
auguro al giovine Sir del Cuor Spaccato.
GIOVANNI
Ben saprò tale augurio meritarmi.
Federigo di Sporo: mostra l'armi.
Girano le parti: GIOVANNI (che con l'ultima battuta ha terminato l'esercizio e salutato) ora si ritrae accanto a VOLKMAR-DONNA, FEDERICO viene avanti ed esegue in silenzio un lento e stilizzato esercizio marziale con la lancia, danzandolo sul ritmo delle ottave.
GIOVANNI
Campione di sapienza e di tranelli
Federigo di Sporo, mente e spada,
con lingua e ferro sgomini e debelli
l'avversario che ingombre la tua strada.
Nè gli giovan corazze né rovelli,
per lancia o verbi alfin convien che cada,
e maledica il fato e il cupo giorno
ove conobbe il Sir dell'Unicorno.
VOLKMAR-DONNA
Cento ne stronca il braccio di Diomède,
cento d'Ulisse il senno e l'argomento,
cento schiaccia la forza sotto il piede,
mentre l'astuzia sgomina altri cento;
a Federigo chi il passo non cede
a fronte e a tergo ha d'aspettar tormento:
tormento e insidia vanno insieme intorno
a chi sfida il Cavalier dell'Unicorno.
FEDERICO
E Unicorno potrete ben chiamarmi.
Volkmar di Stall, è il turno, mostra l'armi!
Ancora gira il turno: FEDERICO saluta, si ritira, viene avanti VOLKMAR-DONNA, che senza sciogliersi dal suo scudiero-simbionte compie un esercizio parco e pauroso a mani nude (o con macigni).
FEDERICO
Gran Sire senza verbi e senza scudo,
bocca di fiori e braccio di gigante,
Cavalier che va alla pugna a petto nudo,
prega con mani insanguinate e sante,
e con le stesse un masso immane e crudo
leva sul capo e schianta chi ha d'innante;
e ad ogni masso e ad ogni colpo impetra
perdono prima a Dio, poscia alla pietra.
GIOVANNI
Non mai bastanti avrò voci di lode,
o Cavaliere Muto, per tue gesta.
Mai nimico ti vede, mai ti ode,
mai dubita la sorte che s'appresta,
ma ignaro di che arti o di che frode,
ha tosto un masso in luogo della testa.
Oh schiaccia, e prega, e stronca, e mai t'arretra!
Combatti, o Doppio Sire della Pietra!
FEDERICO e GIOVANNI
Combatti, o Cavalier del Cuor Spaccato!
TUTTI E TRE
Combatti, o Cavalier dell'Unicorno!
Combatti!
Combatti!
HA!
Si sono uniti in un gruppo compatto e minaccioso, e con l'ultimo grido breve e potente presentano le armi ai quattro punti cardinali. In quell'istante si riaccende il piccolo fuoco del MAGO, e una breve musica a contrasto ne annuncia la presenza. Che però non si manifesta agli occhi: giunge, da chissà dove, solo la sua voce che sussurra.
VOCE DEL MAGO
Lychien... Cisp, Iugiflux... venite...
Strixfal... Girs... venite, ma senza mostrarvi.
Guardate: sono atroci, e ridicoli a un tempo.
Guardate, ascoltate, sedete qui con me.
Ora racconteranno...
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5 . LA SPADA
Il gruppo statuario e pleonastico, infatti, s'è sciolto: i tre CAVALIERI siedono in breve raccoglimento. Infine FEDERICO si alza e annuncia, conciso e pragmatico, la veglia d'armi.
FEDERICO
Chiedo licenza, Messeri, d'uscire di rima. Grazie.
L'ora del triplo tenzone è omai vicina, e occorre prepararsi.
In qualità d'anziano e siniscalco dei nobili Cavalieri di Carlo
di Lussemburgo, sarò ministro di questa veglia d'armi.
Ciascun Sire illustrerà con una storia come e perché
vincerà questo duello.
Giovanni di Carinzia è il cadetto. Lui sia il primo.
GIOVANNI si alza, saluta cerimoniosamente, ed esordisce.
GIOVANNI
Messeri. Voi di gran tratto ormai mi precedete sulla strada delle gesta,
e ben sapete più di me casi e argomenti. Io so solo due cose, ma
bastanti: che questo pugno stringe questa spada, e che di fronte ho il
nemico del mio Re. Dunque di una Spada e di un Re io narrerò, che
non avranno mai l'eguale nei millenni. Mi saranno di buon auspicio. Date
orecchio.
Quindi si fa avanti sulla scena, e prende a narrare con enfasi trobadorica. Nel corso di questa e delle successive narrazioni, figure ed eventi fugaci appaiono alle spalle dei Cavalieri, ai margini della radura e nel bosco: possono essere illustrazioni delle vicende che essi vanno narrando (in questo caso il "raggio" di Escalibor), e manifestazioni del mondo magico che segretamente li circonda ed ascolta. GIOVANNI e FEDERICO non danno segno di avvedersene: solo VOLKMAR, di tanto in tanto, si volta di scatto, come allarmato da qualcosa che ha creduto di vedere.
GIOVANNI
Il Sire Artù partì per l'oltremare, incalzando col cuore
in gran tormento il prode Lancillotto, che tradì, e osò insidiare
il cuore alla Regina. Lontano il Re, Sir Mordred ordisce il filo di un
cupo tradimento: incita i conti ostili di Bretagna, solleva i foschi Sassoni
mai domi, e assedia Camelot, sguarnita di guerrieri. Artù ne ha
tosto notizia, e fa ritorno, alla testa di armate stanche e rade.
Sir Mordred, il fellone usurpatore, era figlio segreto di un peccato:
l'amore reo del Grande Artù e Morgana, Dama di Avalon, Maga del
Lago, e ahimè sorella del Re, a sua insaputa. Figlio adunque di
due potenze mal congiunte: la fronda millenaria dei Druidi, e la spada
del Nuovo Re Cristiano. Tale doppio campione era Sir Mordred, e ben a suo
danno Artù dovrà provarlo.
Eccoli al fin di fronte, padre e figlio, nella pugna finale per il
trono: a Camlaun, secondo alcuni trobadori; a Salisbury, o addirittura
ad Avalon, per altri.
La pugna infuria intorno a loro, e le due schiere, con l'animo che
canta il proprio re, vanno al macello: braccia mozze, teste mozze, membra
sparse, mani orfane dei polsi, crani fessi, cavalli scalpitanti sui feriti,
e sangue e cervella e sterco in un sol lago.
Ma il Re Cervo e il Cerbiatto Traditore non guardano e non vedono che
l'odio, e l'odio vede la morte in ambedue.
(Anche FEDERICO, a questo punto, può levarsi e dar man forte a GIOVANNI nel momento in cui, all'acme del dramma di sangue, entra in rima: possono dire insieme ed eseguire in scherma la seguente celebre ottava del Tasso)
FEDERICO e GIOVANNI
Non schivar, non parar, non ritirarsi
voglion costor, né qui destrezza ha parte.
Non danno i colpi or finti or pieni or scarsi,
toglie l'ombra e il furor l'uso dell'arte.
Odi le spade orribilmente urtarsi
a mezzo il ferro, il piè d'orma non parte.
Sempre è il piè fermo, e la man sempre in moto,
nè scende taglio invan, nè punta a voto.
(FEDERICO torna al suo posto, e GIOVANNI prosegue da solo)
GIOVANNI
E punta e taglio e punta e taglio ancora, furiosa rissa che pare non
finire. E che invece finì.
Si ferma il tempo, il fiume ferma il corso, il vento è fermo,
l'uccello è a mezzo il volo, e come statue le genti e gli animali,
ed in tale quiete, un moto solo: Escalibor, spada incantata del Gran Lago,
che lenta come il tempo, inesorabile, s'avanza, s'immerge, affonda, e poi
riaffiora.
Disse Gamlain, fido compagno al Sire, che vide un raggio di sole penetrare
con quella lama nel petto del malvagio, e uscita essa, restare nelle carni,
e appendere il trafitto contro il cielo.
Così Mordred morì: ma anche il suo ferro, mentre moriva,
bevve al fianco del Sire così a fondo, che ne fuggìa la vita,
e già per sempre.
Artù dette la spada allo scudiero, e insieme ad essa l'ultimo
comando: lancia nel lago Escalibor, lontana. Il ragazzo lanciò,
e dalle acque vide emergere un braccio femminile, e una mano afferrar l'elsa
che volava, e brandire la spada tre volte, e poi sparire, tornando nel
suo abisso.
Il giovane si placa, torna tra i compagni, e annuncia fieramente l'epilogo della sua narrazione.
GIOVANNI
E così similmente questa spada, che ancora non ha nome, possa
domani immergersi nel petto del mio nemico, e spaccare il suo cuore, e
lì trovare nome e vittoria insieme.
FEDERICO e VOLKMAR-DONNA
Dio lo voglia.
GIOVANNI ha terminato e si siede.
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6 . L'UNICORNO
E' il turno di FEDERICO, che si alza ed esordisce a sua volta con una premessa.
FEDERICO
Vissero, in ere passate anche tra noi, mostri diversi e difformi in
molti modi: creature tristi e inique, corpi atroci, teste nei ventri e
membra ingarbugliate, animali diversi fusi in uno. Ma ora che Cristo ha
redento ogni contrada, e gli ordini dei Cavalieri luminosi batton le selve
nelle cerche sante, cacciandone ogni abominio, ora quei mostri si torcon
negli abissi del Serpente Oceàno, o si celano nelle selve sconosciute
d'India e di Libia, terre senza cielo.
Uno, tra essi, è tuttavia caro al mio cuore, e al mio nome ornamento:
l'Unicorno. D'esso vi narrerò, porgete orecchio.
Quindi si fa avanti sulla scena, e narra con fare sobrio e deciso. Le figure misteriose continuano ad apparire a commento (in questo caso l'Unicorno e la luna - o i loro fantasmi); FEDERICO e GIOVANNI continuano a non vederle, mentre FOLKMAR-DONNA ne è sempre più inquietato.
FEDERICO
E' l'Unicorno un alto destriero ardito, maggiore ad ogni destriero
per grandezza. Ha forza pari a dieci leoni etiopi, e reca un corno ritto
sulla fronte, lungo per altri più, per altri meno, ma capace di
passare tre elefanti. Alla sua base è una pietra smeraldina, di
luminoso e ineguagliabile splendore. E corno e pietra son prede assai ambite,
poiché annientano i veleni traditori, e così salvano il regnante
dalle insidie della sua corte infida.
Ma non v'è caccia regale, non v'è cane, arco o balestra che fermino quel mostro. L'Unicorno selvaggio china il capo, e carica ruggendo, e passa e infilza ogni vivente che intralci la sua via.
Una sola lo vince, una lo tiene: una fanciulla, vergine per certo, che sieda sotto un albero cantando, e tessendo pensieri amorosi. L'Unicorno sente l'afrore della vergine da lungi, ed accorre ammansito, e poggia il capo e il lungo corno ritto nel suo grembo, ed ella gli scopre il seno: e prendon gioco. Allora, e solo allora i cacciatori, con reti e funi accorrendo, fanno preda.
Finita la narrazione, FEDERICO passa all'esegesi, dove forse il suo tono assume sfumature profetiche, predicatorie.
FEDERICO
"Videmus nunc per speculum in aenigmate". Così dice il sapiente,
ed è pur vero: vediamo il mondo in uno specchio, e nell'enigma.
Guardate là! Nostra Signora dei Segreti! La Luna! Scimmia del Mondo,
Sorella all'Unicorno, Specchio Proibito delle cose primigenie. Là,
in quello specchio si celano gli enigmi a noi vietati. Oltre lo specchio
son le nostre risposte, oltre la luna! Irraggiungibili alla mano.
E noi quaggiù, viviamo in mezzo ai simboli nel sonno, balbettando decifrazioni puerili, brancolando. Vedete la mia lancia? Vedete la punta ritorta, inusitata? Ebbene è un corno d'Unicorno, comperato da mercanti d'oriente, a prezzo di molto sangue e molto oro. Quando cavalco contro l'avversario, cavaliere e cavallo e corno insieme ricompongono il Mostro, e il mio nemico cade, senza scampo. E quando invece una fanciulla m'apre il seno, il portatore di morte si riposa.
Dunque galoppa, Cavaliere, non fermarti! Di donna in donna, di morto in morto, non fermarti! Cerca nei petti squarciati, o nei seni scoperti, le risposte ai fugaci enigmi. Un giorno forse, vecchio signore e stanco, galopperai con la tua lancia in resta nel gran gioiello del cielo, tra le stelle, come un dardo lanciato a infrangere la luna!
FEDERICO cambia tono bruscamente, e conclude con fare pragmatico, tornando presso i compagni.
FEDERICO
Messeri: fin che giunga quel giorno, molti altri uomini cadranno per
mia mano con il petto squarciato. E il primo sarà domani.
GIOVANNI e VOLKMAR-DONNA
Dio lo voglia.
FEDERICO si siede.
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7 . IL DRAGO
E' il turno del doppio VOLKMAR, che si alza ed esordisce.
VOLKMAR-DONNA
Messeri arditi nella lingua e nella mano, che narrate cose mirabili
a sentire: Volkmar Di Stall, il Sire Silenzioso, il leone che ha bocca
di fanciulla, non vi sarà da meno. Date ascolto.
Si porta al centro della radura con passi tesi, di belva in allarme. Nel parlare si guarda intorno con aria terrorizzata, terrore e collera montano insieme nel suo discorso, e le ultime frasi sono grida lanciate verso la selva.
VOLKMAR-DONNA
A tutti è noto il mio destino atroce, il cupo nodo che stringe
questo viso, e che mi lega a costei, mia viva bocca. Ma non v'è
alcuno che conosca la vicenda, terribile ed immane, che fu cagione di tale
destino. Ebbene, udite: è una notte affollata di prodigi, la notte
giusta per rivelarla, finalmente.
Anch'io fui come voi, un tempo remoto. Anch'io cercai nelle gesta e nelle spade, nelle corti e nelle giostre fama e onore, e trofei di nemici sempre nuovi. Finché un giorno trovai l'Ultimo.
Guardate! E' una notte fatata: ed Egli è qui! I vostri occhi, accecati dalle spade, oppure persi a mirare oltre la luna, non scorgono che fronde, legni e massi: ma in ogni foglia che trema in questa selva, in ogni moto di rami, in ogni ombra che striscia intorno a noi, sappiatelo, respira l'Animale, l'Avversario di Dio, nostro Nemico. I miei occhi ne riconoscono la vampa, le mie orecchie ne rammentano il muggito, la mia lingua si torce ancora tra i suoi denti, e ciò che ne resta si tende nello spasmo di gridare la sfida, e ahimé non può!
Guardate, Messeri, guardate! L'estremo nemico di ogni Cavaliere!
Guardate negli occhi del Drago, e tremate!
GIOVANNI e FEDERICO si alzano di scatto, sguainando le spade, e assumono una posizione di difesa, schiena a schiena, con le armi protese e roteanti. Intorno a loro, in tutta la selva, un rapido mutare di luci e suoni e immagini annuncia la presenza del Drago: ma non ne scorgeremo che simboli e presagi ambigui, le sue insegne elusive. Anche il MAGO e le CREATURE MAGICHE son riapparsi, e occhieggiano fugaci dai loro nascondigli. Tutto pare presagire l'apparizione del Mostro, ma è invece una terribile risata di VOLKMAR-DONNA che risuona.
VOLKMAR-DONNA (risata)
No... No no, Cavalieri, pace, pace... Riponete le spade. Non bastano
i vostri anni: occorron gesta maggiori delle vostre, grandi cerche ostinate
come lame, e digiuni implacabili, e giorni e notti atroci, per meritare
di vedere il Drago. Non lo vedrete, non vi si mostrerà. E se pur
si mostrasse, riderebbe di quelle due futili spade. Riponetele, prestate
orecchio: è me che cerca.
GIOVANNI e FEDERICO non gli danno ascolto, e restano nella loro posizione di battaglia, tesi e pronti. Ora VOLKMAR-DONNA si è calmato. Si scioglie dalla sua simbionte - senza che questa smetta di parlare - e dà inizio a un misterioso rito preparatorio, vestizione ed esercizio marziale, ma in altri gesti e forme per il diverso scontro che l'attende.
VOLKMAR-DONNA (di seguito)
E mi ha trovato, e non gli sfuggirò. O non mi sfuggirà,
secondo il fato che l'unico Dio ha deciso da millenni. Deve riprendersi
ciò che mi ha lasciato in pegno, o io riprendermi ciò che
mi ha rubato, quando strappai dai suoi artigli la fanciulla che mi era
sposa, amante, sorella, ed altro ancora: e che ora... mi è voce.
(Qui VOLKMAR può avvicinarsi alla FANCIULLA-SCUDIERO, in un gesto di amore, una carezza; e nell'unico lampo di presenza personale e di ricordo, la voce della donna si spezza per un istante e trema)
VOLKMAR-DONNA
In cambio, dovevo lasciargli la vita. Rifiutai. Pronunciai un nome
vietato, uno dei nomi segreti di Dio, il più potente. Dovette retrocedere,
ma disse:
"Tu uomo non avrai lingua né bocca per pronunciare quel nome un'altra volta, quando ti troverò sulla mia strada. Allora il Drago avrà ciò che gli spetta. Attendimi. Ricordati di me".
E nel dir questo, in un ultimo assalto, quell'abominio mi volò sul viso, come un amante mi baciò la bocca: e la mia bocca rimase nella sua.
Ora VOLKMAR è pronto, imponente e pauroso in un'armamento mai visto, fatto di tronchi e cortecce e fronde: un Cavaliere Silvestre. Si porta alle spalle della FANCIULLA-SCUDIERO, sulle spalle le posa le mani.
VOLKMAR-DONNA
Da allora taccio, e da allora costei, che s'è ormai persa in
me, per me parla e ragiona, a sua condanna.
Ed ora è giunto il tempo.
Impallidisce il vostro duello, fronte a questo cui state per assistere.
Guardate!
Cavalieri guardate, ed imparate!
Ogni nemico che incontriamo ed abbattiamo non è che il grado
di una scala d'assassinio. Ma questa scala spietata, oltre la luna, oltre
ogni specchio, riconduce qui!
Il Drago è qui! I boschi, gli uomini, le bestie, tutti i nemici
che invano assassiniamo, tutti gli esseri che formano il suo Nome, son
sempre stati qui!
Addio, Messeri.
Curatevi di questa sfortunata. Chiudetela in convento.
Se vivrà.
VOLKMAR scioglie per la prima volta la sua maschera-museruola (sotto, il viso dell'attore sarà deformato da qualche trucco d'effetto - senza bocca, con ferita, cicatrice, etc. - o del tutto normale, secondo quanto parrà più opportuno). Quindi, a viso nudo, si avvicina alla RAGAZZA-SCUDIERO, la bacia, e separa il bacio con un pugnale (o altro atto che segni la recisione del legame). La ragazza grida e crolla al suolo. VOLKMAR-UOMO, diviso dal simbionte, si porta al centro della radura con le sue armi arboree, si piazza in una posizione di battaglia, e per la prima volta grida con la sua voce, stranita ed incerta per il lungo silenzio:
VOLKMAR-UOMO
Drago!
Appari!
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8 . LA GUERRA
Per un breve istante nulla accade. Poi il finimondo: scompaiono le CREATURE MAGICHE, e un istante dopo la radura è attraversata da truppe in carica d'assalto. Passano arcieri che scagliano frecce alla rocca, e fanti e cavalieri con le insegne; in alto, alla Pietra, si levano fuochi e grida e colpi. Non è il Drago: è la Guerra.
FEDERICO e GIOVANNI, dopo un breve istante di sorpresa, comprendono e si uniscono alle truppe, scomparendo verso la Pietra (GIOVANNI può prendere tra le bracia la FANCIULLA-SCUDIERO e portarla con sè). Poi la radura è invasa da combattenti che tirano di spada: uomini di Re Carlo e Veneziani che hanno tentato una sortita. VOLKMAR resta immobile nella sua posa d'attesa, impietrito e indifferente al centro degli scontri. Il MAGO appare, gli si avvicina, si ferma ritto di fronte a lui: entrambi paiono invisibili e intoccabili.
Finalmente, gli scontri paiono spostarsi verso l'alto, alle porte
del castello. La radura si sgombra, i rumori si attenuano, restano bagliori
di fiamma e grida lontane sulla cima della Pietra. E restano le due figure
del MAGO e di VOLKMAR, a fronteggiarsi in silenzio.
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9 . IL CAVALIERE E IL MAGO
Infine il MAGO parla. VOLKMAR, come destandosi da un sonno, dapprima si guarda attorno smarrito, poi guarda il MAGO, e l'ascolta. Timidamente, ochieggiando una ad una dal bordo della radura, le CREATURE MAGICHE riappaiono, e ascoltano a loro volta. Il MAGO ripete - e stavolta recita - il rito delle sei direzioni dello spazio, e della settima raggiunta.
MAGO
Ora sei giunto, uomo. Ora sei qui.
E ormai conosci dove.
In lunghi anni di cerche dolorose
hai frugato le sei case del mondo.
Avanti, come un puledro temerario.
Indietro, come un uomo che ripensa.
A destra, a manca, come chi cerca i suoi compagni.
In alto, verso un Dio che è oltre la luna.
In basso, dentro la prima Dura Madre.
E ora hai scoperto la settima dimora:
l'ora, il qui.
Cavaliere, hai detto il vero: il Drago è qui.
Tu sei nel Drago.
Sei dentro il tuo Nemico: se è il Nemico.
Guarda lassù: in cima alla Pietra infuria la battaglia. Il Re
Ragazzo ha tradito i vostri patti: la tenzone era solo una menzogna, una
trappola da principe scaltro, che gioca con ciò che voi chiamate
onore. I Veneziani, presi due volte alla sprovvista, cadranno tra breve
tempo. La vostra guerra ormai è vinta: se è la tua.
E guarda laggiù: le creature segrete, gli spiriti ed i nomi
di ogni cosa, assistono impotenti alla rovina. Tra poco cadranno in sonno,
nell'esilio. La loro era è finita, e comincia la vostra: se è
la tua.
Lassù, quaggiù, gli uomini ed il bosco, son le due teste
del Drago.
Sei nel Drago.
Avanti, uomo. E' il tempo di affrontarlo.
VOLKMAR, per un istante, è smarrito e dubbioso tra le due strade indicate del MAGO: la cima della Pietra, coi bagliori della battaglia, e la selva, coi lampi elusivi delle presenze magiche. Infine, presa una risoluzione, sveste la sua corazza arborea e si lancia in corsa nella selva, gridando:
VOLKMAR-UOMO
Drago! Drago! Drago!...
In breve l'uomo scompare nel bosco, e le CREATURE con lui: per un poco si sente il suo richiamo, e infine anche quello svanisce. Il MAGO riaccende il suo piccolo fuoco, e vi si china in meditazione.
MAGO
Buona caccia, Cavaliere. Così sia.
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10. PARTENZA DELL'ESERCITO
Buio e silenzio nella radura. Dalla Pietra, crescendo gradualmente,
risuonano i canti e le grida, e appaiono e trascorrono fra gli alberi le
insegne e i bagliori dell'esercito che parte, in una scena simmetrica alla
Prima.
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11. SECONDA EVOCAZIONE E FINALE
Quando infine l'esercito è scomparso, intorno al MAGO ancora chino al suo fuoco e ai margini della radura, tornano ad occhieggiare le CREATURE. Simmetricamente alla Seconda Scena, il MAGO si alza, leva le braccia con le fronde, traccia i suoi segni, e pronuncia questa evocazione a rovescio:
MAGO
Scomparite!
(...)
Spiriti e nomi dei monti, dell'aria, dell'acqua; spiriti e nomi delle
foreste di Fiemme, Primiero, Paneveggio, San Martino; elfi, gnomi, silvani
e coboldi, fate e streghe, Comèlles, Smare, Caza Beatrich, creature,
creature segrete: scomprite!
(...)
Strixfal dei grandi alberi, svanisci, Lychien del sottobosco, svanisci,
Cisp della macchia, Bist degli animali, Girs dei fuochi, svanite, Iugiflux
del gran fiume, Nectaris dei frutti e del miele, Guane creature, che avete
regnato su queste terre per millenni: io, Mago della Foresta, uomo e donna,
io, Antico, Messaggero tra le Cose, questa notte vi chiamo al lungo sonno,
oltre la luna! Creature, creature, creature: scomparite!
Il MAGO soffoca il suo piccolo fuoco, gettandovi il mantello, e in quell'istante le luci e le CREATURE MAGICHE svaniscono. Ancora per poco e fiocamente illuminato, il MAGO pronuncia l'Epilogo, e il Commiato.
MAGO
Scomparite nel sonno. Apparite nei sogni.
Gli uomini cambiano, i loro sogni no.
Quella sarà la patria, oltre la luna,
da cui nessuno potrà mai più cacciarci.
Fra sette secoli, in questo stesso luogo,
sotto il castello che sarà rovina,
molti uomini in una notte estiva,
sogneranno di noi,
come già hanno sognato l'anno prima,
e l'anno dopo sogneranno ancora.
Ma se questo loro sogno, per un'ora
ci ha richiamato in vita,
ora quest'ora è finita,
ed è il saluto estremo.
Addio, Messeri.
Se sognerete ancora,
torneremo.
Buio. Musica. Fine.
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IL CAST
"OLTRE LA LUNA"
Una memoria nell'incanto del CASTELLO DELLA PIETRA
Testo di BRUNO TOGNOLINI
Riduzione scenica di MONICA MAIMONE
Collaborazione alla regia GIAVANBATTISTA STORTI
Regista Assistente PAOLO DALLA SEGA
Ideazione luci PAOLO BARONI
Ideazione costumi ANNA CARNELLI
Maestro d'armi GUSTAV KYSELICA
Coreografie aeree TULLIO SIMONI
Una produzione TRAFESTI
Regia e ideazione scenica di MONICA MAIMONE e VALERIO FESTI
Il mago ELEONORA FUSER
Giovanni di Carinzia GIOVANNI LORENZI
Federico di Sporo GIOVANBATTISTA STORTI
Volkmar di Stall FABRIZIO CARAFFINI
Re Artù TULLIO SIMONI
Sir Mordred FRANCESCO CENIN
L'esercito del Re Ragazzo I BORSEUS (arma bianca) - I COLIBRI' (free
climbing)
Le creature dei boschi POPOLO DI PRIMIERE
Prima rappresentazione a Castel Pietra, PRIMIERE (TN), 8-9 agosto 1992
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