Presentazione di LILIM DEL TRAMONTO a UOMINI E PROFETI, Radio Tre, 26/12/2009


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LILIM DEL TRAMONTO - Palestina Quest, romanzo, 336 pagine

Prima Edizione SALANI, Milano, novembre 1999
Nuova Edizione SALANI, Milano, novembre 2002
Nuova Edizione: TEA DUE, Milano, luglio 2007

Edizione spagnola: LILIM - Palestina Quest
EDITORIAL DIAGONAL DEL GRUP 62, Barcelona, novembre 2002 (colofon e 1^ pagina)

Edizione catalana: LILIM - Palestina Quest
EDITORIAL EMPURIES, Barcelona, novembre 2002 (colofon e 1^ pagina)



Il libro può essere acquistato online presso



Alla Home Page di Bruno Tognolini


1 . PRESENTAZIONI
2 . RECENSIONI E GIUDIZI
3 . I CAPITOLI 5 E 6
4 . UNA SPECIE DI TRAILER
5 . COPERTINE DELLA PRIMA EDIZIONE



RISVOLTO DI COPERTINA DELL'ULTIMA EDIZIONE TEA

In un futuro vicino vent'anni e in un passato lontano duemila anni si snoda la storia di Lilim Pitheké. Lele, un ragazzino esperto di videogame, e Padre Giuseppe, un vecchio frate costruttore di presepi meccanici, scoprono che stanno giocando la stessa antichissima storia, e che forse non è solo un gioco. Due personaggi fra le loro mani: Lilim, piccola vagabonda dotata di strani poteri, e Zahel, sicario impegnato in un'oscura quest: cercare una giovane donna incinta di un Re Annunciato, ed eliminare il problema "prima che nasca". Il luogo è la Palestina dei Vangeli, nel formicaio impazzito dell'anno zero, tra legioni romane, monaci guerrieri, ribelli integralisti, Re Magi in viaggio, streghe devote all'antica Dea... Fuori di lì, nella realtà reale, tra madri che protestano per i figli "inchiodati al computer", e frati rigidi e ostili ai giochi, inesplicabili crash di sistema si incrociano a eventi stranamente simili narrati dai Vangeli. E infine eccola: in un tramonto fosco di conflitti, a poche ore dalla nascita di un Dio Bambino, guidata da un bambino videogamer, una strega bambina corre...


RISVOLTO DI COPERTINA DELLA PRIMA EDIZIONE SALANI

Vincerà il videogame o il romanzo? Ma devono proprio combattere? La realtà virtuale simulata da un computer è poi così lontana dalla realtà letteraria narrata da un libro? Non potrebbero lavorare insieme? Questo romanzo ci prova, naturalmente dalla parte del libro: in fondo è tanto più vecchio e saggio, e può ben fare il primo passo...

LILIM DEL TRAMONTO è una storia incrociata, ambientata in un futuro vicino vent'anni e in un passato lontano duemila anni. Lele, un bambino esperto di videogames evoluti, e Padre Giuseppe, un vecchio frate costruttore di presepi meccanici, scoprono per caso che stanno giocando e costruendo (cioè raccontando) la stessa storia, e decidono (anche loro) di collaborare. Racconteranno di Lilim Pitheké, la Scimmia, una piccola vagabonda dotata di strani poteri, e del suo viaggio con Zahel Onagro, sicario impegnato in un'oscura "quest": cerca una giovane donna che sta per dare alla luce un bimbo annunciato da antiche profezie. Il luogo è la Palestina dei Vangeli, nel formicaio impazzito dell'anno zero, tra legioni romane, guardie galate di Erode, eremiti miracolosi, ribelli integralisti, Re Maghi in viaggio, streghe devote all'antica Dea... E fuori di lì, nella realtà reale, tra madri desolate per i figli "sempre davanti al computer", frati rigidi e ostili ai "giochi", inesplicabili "crash" informatici...

Un libro coi colori e gli scatti di un game in "virtù reale", la realtà virtuale del futuro. O un video-game con il flusso maturo e maestoso di un libro?


ULTIMA DI COPERTINA DELLA PRIMA EDIZIONE

... Neanche il frate riesce a capire molto bene come lui riesca a giocare col suo game.
- Ma... - torna a chiedere perplesso ogni tanto, - tu come fai a muovere i personaggi?
- Si chiama inerzia attiva, è una proprietà dei personaggi sintetici lifelike. I master dei giochi la spiegano con un bellissimo esempio.
- Dimmelo.
- Se tu lanci una palla di pietra per terra, va dove vuoi tu. Se tu lanci un topo, no.
- O per San Piero!
- Se lanci un topo con un lancio abbastanza forte, va dove vuoi tu. Se lanci un gatto, no.
- Geniale! E questi tuoi personaggi son topi e gatti?
- E cani e vitelli e orsi. Ce ne son certi che non posso proprio governarli.
- E chi li governa, allora?
- Il Motore Drammatico.
- Ah. Mistero della fede...
E giù a ridere tutti e due, ma con le mani sulle bocche per non farsi sentire.

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ULTIMA DI COPERTINA DELLA SECONDA EDIZIONE

Ma come fa Tognolini a sapere tutte quelle cose sulla Palestina dell'anno zero e i suoi dintorni? Che ci sia stato?... O magari si è inventato tutto... Fa lo stesso. Quello che importa è che quel passato remoto noi possiamo visitarlo insieme al futuro prossimo di Lele, il ragazzino che costruisce mondi al computer.
GABRIELE VACIS

Qualcuno, come Bruno Tognolini, scrive dei romanzi, come Lilim del tramonto, e svela l'arcano: da che mondo è mondo i bambini le storie importanti per organizzare il futuro le hanno sentite dai nonni.
MARCELLO FOIS

Tognolini ci offre un'opera matura, che unisce con perfetto equilibrio le suggestioni del passato e le prospettive del futuro.
BIANCA PITZORNO

Un bel romanzo per ragazzi? Non solamente! Lilim si rivolge a tutti, a prescindere da età, sesso e religione, per la sua capacità di raccontarci in maniera moderna, profonda e laica la Storia delle Storie.
ENZO D'ALÒ

Bruno Tognolini ci regala un romanzo bellissimo, che parla delle inquietudini di sempre con le parole di oggi, anzi, di domani...
TERESA BUONGIORNO

C'è un tipo di frase ad alta densità poetica che all'autore riesce particolarmente bene. è roba autentica. Somiglia ai Salmi più che a D'Annunzio. Tiene su il tema senza abbassare il battito alla trama.
SILVIA TEBALDI


PRESENTAZIONE AI LIBRAI

Questa la scheda inserita dall'editore nel "copertinario", l'opuscolo dei nuovi titoli destinato a distributori e librai per l'anno 1999.

Bruno Tognolini
LILIM DEL TRAMONTO - Palestina Quest
UNO STRAORDINARIO INTRECCIO TRA REALTA' E GIOCO, STORIA E MAGIA

Lele, un bambino di undici anni esperto di videogames evoluti, crea un "adventure" meraviglioso. Protagonista è Lilim Pitheké, la scimma, una piccola vagabonda dotata di strani poteri. A lei si affianca Zahel Onagro, sicario in viaggio per un'indagine segreta: cerca una giovane donna, che sta per dare alla luce un bimbo annunciato da antiche profezie. Il luogo è la Palestina dei Vangeli, il tempo quello della nascita del Messia. Ma mentre crea la sua realtà virtuale, Lele conosce per caso Padre Giuseppe, un frate costruttore di presepi meccanici, e scopre che il vecchio bizzarro "gioca" a sua volta, con statuine che paiono la riproduzione esatta dei suoi personaggi digitali. Basta poco a entrambi per capire che, in due modi così diversi, stanno narrando la stessa storia, e che faranno bene ad allearsi per raccontarla insieme. I suoi sviluppi, infatti, sono tutt'altro che scontati: nel gioco, i protagonisti rischiano continuamente la vita nel formicaio impazzito dell'anno zero, tra legioni romane, guardie galate di Erode, eremiti miracolosi, ribelli integralisti, Re Maghi in viaggio e streghe devote all'antica Dea; nella realtà, i giocatori sono ostacolati dai rigidi confratelli di Padre Giuseppe e da inesplicabili "crash" informatici. Forse il viaggio di Zahel non è così innocuo, e la presenza al suo fianco di Lilim non è così casuale...

Bruno Tognolini, nato a Cagliari nel '51, abita dal '75 a Bologna, dove ha avuto luogo la sua formazione: dalla laurea in comunicazioni e spettacolo al DAMS di Bologna, alla lunga stagione del teatro "di base" (opere con G.Vacis, M.Paolini, M.Baliani). Dal '90 il suo lavoro d'autore si divide tra i libri, la televisione e i multimedia. Come autore multimediale realizza, tra altri titoli, il CD-rom Nirvana X-Rom tratto dal film di Gabriele Salvatores. Per la TV è tra gli autori de L'Albero Azzurro per quattro anni, e ora de La Melevisione (Rai3). Per il cinema scrive la filastrocca iniziale e i testi italiani delle canzoni per il film La Gabbianella e il Gatto di Enzo D'Alò. Ma il suo primo amore restano i libri: sette titoli dal '91 a oggi, romanzi, racconti e poesie per bambini, tra cui Mal di pancia calabrone pubblicato da Salani, e altri titoli per Giunti, Mondadori, e Fatatrac. Altre notizie e testi online in www.tognolini.com.


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RECENSIONI E GIUDIZI



  • Recensione di Francesco Abate su "L'UNIONE SARDA" del 23/05/2000 (qui la versione offline)

  • Intervento di Daniela Pinna alla presentazione del libro, a Cagliari nel novembre 2000

  • Recensione di Roberto Cossu su "L'UNIONE SARDA" del 02/01/2002 dello spettacolo tratto dal romanzo dal gruppo Cada Die Teatro (qui la versione PDF, con la mia lettera di risposta al giornale del 20/01/2002)

  • Recensione di Susanna Pesenti su "L'ECO DI BERGAMO" del 23/07/2003 (PDF 433 KB)

  • Recensione di Michela Zangarelli su WWW.LIBRIDALEGGERE.EU del 13/12/20010





  • Presentazione di LILIM DEL TRAMONTO a UOMINI E PROFETI (Radio Tre, 26/12/2009)

    Chi possa e voglia - ascoltando in streaming o scaricando due file audio MP3 di circa 5 MB ciascuno - potrà sentire Gabriella Caramore parlare del romanzo LILIM DEL TRAMONTO, e l'attore Danilo De Girolamo leggerne due brani scelti. Il contributo è andato in onda nella puntata di sabato 26 dicembre 2009 del programma di Radio Tre UOMINI E PROFETI.

    UOMINI E PROFETI è uno dei gioielli di Radio Tre, un luminoso spazio di parola dove rabbini, imam, frati serafici e prelati animosi, storici e pastori e teologi e mistici mi hanno personalmente guidato per anni a "guardare il mondo con gli occhi delle fedi e le fedi con gli occhi del mondo". Anche, o forse soprattutto per un non credente, è una finestra aperta sul reame sconfinato dello spirito, quanto mai benedetta in un momento in cui gli uomini, torvi saracini e civilissimi europei, stanno di nuovo armando i loro dei come rozzi burattini da guerra.
    Gabriella Caramore, curatrice e conduttrice del programma, è sempre stata ai miei occhi un esempio, ai miei orecchi la sua voce profonda e colta, sorprendentemente serena e vasta, un conforto. Bene: un giorno, lo scorso settembre, in coda a una sua conferenza al festival di poesia di Seneghe, ho preso il coraggio a due mani e ho affrontato la molesta figura, che per quanto posso evito, dello scrittore che somministra un suo libro: le ho messo nelle mani LILIM DEL TRAMONTO, con tanto di dedica e numero di telefono. Una ragione c'era: la storia di Lilim deve qualcosa della sua luce a quella finestra sulle fedi e sul mondo, io volevo rispecchiarle uno scorcio delle visioni che può aver contribuito ad aprire, ed ero "quasi" certo che sarebbe stata apprezzato. Non del tutto sorpreso, ma molto felice, sono stato dunque quando Gabriella mi telefonò tempo dopo, facendomi le lodi del libro e dicendo che ne avrebbe parlato nel suo programma per Natale.
    Sabato 26 dicembre Gabriella Caramore ci ha raccontato la sua lettura di LILIM DEL TRAMONTO, e l'attore DaniloDe Girolamo ne ha letto due brani, scelti dalla Caramore stessa. Nel podcast del programma la puntata potrà essere ascoltata per intero per un periodo limitato di tempo. Ecco qui sotto, invece, ascoltabile in streaming o scaricabile in MP3, divisa in due brani per comodità di download, la sola parte del programma che riguarda il romanzo.

    LILIM DEL TRAMONTO A UOMINI E PROFETI - Prima parte (4,30 MB)
    LILIM DEL TRAMONTO A UOMINI E PROFETI - Seconda parte (5,68 MB)
    Non è, evidentemente, uno di quei "passaggi nei media" di cui vanno in caccia uffici stampa degli editori e agenti letterari, tutt'altro. Saremo stati in sette, mettiamo pure settanta volte sette, quel giorno in ascolto: ma per me è una specie di assunzione nel cielo dei laici illuminati che guardano con infinito amore e rispetto al mondo dello spirito.





    UNA COROLLA DI AUTOREVOLI OPINIONI

    In occasione della Fiera Internazionale del Libro per Ragazzi di Bologna, la Salani ha deciso di pubblicare, in ciò che chiama "un trentaduesimo", un INVITO ALLA LETTURA: un fascicoletto con 4 capitoli di "Lilim del tramonto", da usare in Fiera e in seguito. Per arricchirlo ho chiesto a conoscenti e sconosciuti, che sapevo (o speravo) aver letto il libro, una serie di "giudizi" nello stile degli stralci dai giornali, o qualcosa di simile. Ho raccolto una buona messe.

    Un bel romanzo per ragazzi? Non solamente! Lilim si rivolge a tutti, a prescindere da età, sesso e religione, per la sua capacità di raccontarci in maniera moderna, profonda e laica la Storia delle Storie. Il bambino protagonista del racconto vive nel nostro mondo, ma da qui intreccia relazioni sia virtuali che metafisiche con una storia di 2000 anni fa. Questo straordinario racconto è già pronto per divenire un film ed un CD-rom di sicuro successo.
    ENZO D'ALÒ, regista cinematografico

    C'è un segreto, qualcosa che tutti gli scrittori sanno, anche se non se lo dicono: in letteratura non ci sono rotture. Ce lo bisbigliamo nei corridoi delle Case Editrici quando prepariamo le rivoluzioni letterarie. E non c'è niente di più tradizionale del rifiuto della tradizione. Qualcuno, come Bruno Tognolini, scrive dei romanzi, come Lilim del tramonto, e svela l'arcano: da che mondo è mondo i bambini le storie importanti per organizzare il futuro le hanno sentite dai nonni.
    MARCELLO FOIS, scrittore

    Lilim è un libro sulla Luce. Libro luminoso con molte luci diverse: ora bianca, più spesso rossa, a volte ombrosa. Le stelle che brulicano, la luna che bagna, l'ultimo giorno di sole in centro, la facciata scura di San Sigismondo, le luci di Nazareth in festa, il sole che nasce tra la i e la emme della copertina, il sole che nasce da Myriam, il sorriso di Jod-He, la brillante fede di Zeitan, i led, il sorriso di padre Giuseppe l'ultimo giorno. Grazie.
    MATTEO DE BENEDITTIS, lettore, 17 anni

    Forse ho capito qual era l'ambizione nascosta di Bruno Tognolini. Dimostrare, ma anche mostrare come la pagina stampata renda bene la virtù reale del game, e lo faccia meglio di quanto altri media non sanno. Se è così, c'è riuscito, lo dico come lettore che si è appassionato alle storie racchiuse in Lilim. Ecco allora la prova alla quale mi auguro Tognolini vorrà sottoporsi nel futuro: inventare un game che renda altrettanto bene la virtù reale di questa narrazione.
    ROBERTO MARAGLIANO, Docente di Tecnologie dell'Istruzione, Università Roma Tre

    Il valore del virtuale, estremizzato nella vertigine tecnologica, non ha probabilmente tenuto mai molto conto della componente virtuosa che alberga in ogni irrealtà, sogno o visione. Bruno Tognolini colma in parte tale lacuna accoppiando un vecchio frate costruttore di cyberpresepi e un giovanissimo smanettone di video games. Entrambi virtualmente perseguivano il medesimo cammino virtuoso.
    GIANLUCA NICOLETTI, golem della radio

    Potrei mediare più altamente e proporvi di accosciarvi innanzi al presepe - o per caso non l'avete fatto? - e concentrarvi nella lettura del romanzo di Tognolini "Palestina Quest", dove si racconta di un ragazzino prossimo venturo che con il suo computerino costruisce un videogame del genere quest, nientedimeno che un'avventura ambientata in Palestina nell'anno zero, con l'ultimo difficilissimo livello da giocarsi a Betlemme nel giorno uno. Non era una brutta idea regalarlo quel libro ai vostri figli o nipoti, no, e intanto darci un'occhiata anche voi.
    MAURIZIO MAGGIANI, scrittore

    Già: c'è il finale biografico del frate, con un climax tranquillo che è perfetto. Tu lo sapevi che già nella stretta della Via, prima della casa della strega, gli anticorpi del lettore sono all'erta, proprio nel cuore dell'intreccio, sentendo non solo che arrivano i guai, ma anche che il libro sta per finire, cioè la storia per compiersi? Premeditato o no, questo asincrono è un bel colpo da maestro.
    Poi credo che ci sia un tipo di frase poetica, o ad alta densità poetica, che ti riesce particolarmente bene; forse te ne freghi della storia - e dell'abuso - di queste espressioni nell'italiche lettere: scrivi e funziona. È roba autentica. Somiglia ai Salmi più che a D'Annunzio. Tiene su il tema senza abbassare il battito alla trama.
    SILVIA TEBALDI, lettrice, 40 anni

    Bruno Tognolini - l'autore impagabile delle filastrocche di "Mal di pancia calabrone" - ci regala un romanzo bellissimo, che parla delle inquietudini di sempre con le parole di oggi, anzi, di domani, e non demonizza i videogiochi ma ne coglie le potenzialità nascoste in un quadro più grande, in cui tutto concorre a farci più ricchi, più consapevoli, più umani. E tutto senza perdere ritmo neppure una volta, con soluzioni geniali che trovano riscontro nei vangeli apocrifi: come quando il gioco s'ingrippa, e il tempo sembra fermarsi, ed è invece la grande sosta cosmica che accolse la nascita di Gesù a entrare nel videogame e a piegarlo alle regole della vita.
    TERESA BUONGIORNO, scrittrice e giornalista

    Ma come fa Tognolini a sapere tutte quelle cose sulla Palestina dell'anno zero e i suoi dintorni? Che ci sia stato?... O magari si è inventato tutto... Fa lo stesso. Quello che importa è che quel passato remoto noi possiamo visitarlo insieme al futuro prossimo di Lele, il ragazzino che costruisce mondi al computer. È un mondo salvato dai ragazzini quello che visitiamo attraverso gli occhi di Lilim, la ragazzina che salva il salvatore. Un mondo in cui si viaggia nel tempo senza grandi turbamenti... Fantastico! Perché, alla faccia di Lele e del suo computer, un libro è ancora la più efficace ed economica macchina del tempo.
    GABRIELE VACIS, regista teatrale

    È una necessità immanente, un destino ineluttabile che conduce tutti verso un unico punto di luce, un luogo, un evento straordinario nel romanzo di Bruno Tognolini "Lilim del tramonto". I protagonisti vengono da lontano, chi attraverso la Palestina, che Palestina non è ancora, chi attraverso il tempo, da mille e mille anni nel futuro. Sono Lele, il piccolo mago dei video, e padre Giuseppe che giocano allo stesso gioco estremo, così come Zahel il sicario di Sparta e Lilim Tamaliel, la misteriosa fata del tramonto: tutti devono arrivare, perché il tempo, tanto atteso, si è compiuto. Lilim del tramonto è il risultato di un'operazione letteraria affascinante, il frutto insolito dell'intreccio tra realtà e iperrealtà, tra mondi e linguaggi differenti, del convergere di piani di racconto apparentemente paralleli in un unico nodo focale. Dove la Bibbia cede il passo al fantasy, il virtuale alla tradizione, Tognolini dà vita a un romanzo avvincente e di grande impatto emotivo.
    LUISELLA SEVESO, giornalista

    Che rapporto c'è tra un videogame d'avventura e un presepe meccanico? L'accostamento è inusuale ma entrambi sono mondi virtuali che prendono vita dai giocatori, o degli osservatori del presepe, trascinati in un reticolo narrativo che presuppone, al di là di un evento principale, le mille storie di cui i personaggi sono protagonisti. Con "Lilim del tramonto" Bruno Tognolini ci invita a guardare con meno apprensione a quei bambini e ragazzi che maneggiano con perizia videogame e computer. C'è un filo comune che unisce il gioco in "virtù reale" di Lele e la meticolosa manualità di frate Giuseppe, costruttore del presepe. Entrambi esprimono il bisogno insopprimibile di uscire dal mondo, di creare una realtà fittizia in cui ciascuno possa vivere molte e differenti avventure, come uno scrittore che moltiplica se stesso nei personaggi delle sue storie.
    LUCA GIULIANO, sociologo, studioso delle comunità virtuali e dei giochi di ruolo


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    INCOMINCIA LA STORIA

    Capitolo 5 - Incipit / Start
    Capitolo 6 - Matarieh

    5. Incipit / Start

    L'indomani, dodici di dicembre, è giorno di guerra per i due giocatori.
    La tattica di Lele sul fronte materno, la sera prima, è saltata del tutto. È tornato alle sette e un quarto, la mamma era già a casa, era già andata a prendere Carlotta - ovviamente furiosa con lui - aveva chiamato per telefono Fabrizio, neutralizzando ogni suo alibi, e lo attendeva al varco.
    Daniele non è un vero mentitore. Quando riesce a prepararsi per tempo, un alibi innocuo e pulito con un po' di fatica lo regge: ma improvvisare menzogne acrobatiche davanti allo sguardo teso della mamma, non ci prova nemmeno.
    Le ha detto la verità, e quasi tutta. Le ha detto che è stato alla chiesa di San Sigismondo; perché lì c'è un vecchio frate che fa un grande presepio meccanico; che questo presepio è famoso per l'accuratezza storica; e che lui voleva solo confrontare un paio di dettagli del paesaggio per il gioco nuovo che...
    - Ecco! - sbotta la mamma che lo aspettava - L'hai presa larga ma ci sei arrivato! Ci arrivi sempre, non c'è verso di sbagliare! Il nuovo gioco! Il nuovo videogame!
    E via, la solita litania: Lele stava troppo tempo attaccato al computer.
    Gli avrebbe fatto male. Male alla vista, coi visori stereo-3D del casco-scimmia appiccicati agli occhi per ore. Male all'udito, per l'identico motivo. Male alla testa, alla mente, alla cultura, con quelle storie mezzo finte e mezzo vere, che poi non si distingue più fra storia e fantasia. E poi male alla vita, soprattutto, con tutte le ore passate in posti che non esistono, ad avere a che fare con fantasmi invece che con le cose e le persone...
    Carlotta nella sua camera, in pigiama e già pronta alla notte, mette a letto le sue Barbie nella casa di Barbie, fingendo grande concentrazione sul quel compito, ma in realtà con le orecchie ben tese.
    - Mamma sgrida Daniele. Ora lo sgrida. Ecco lo sta sgridando, senti Daisy?
    Lele è spaccato a metà: metà di lui china la testa, metà incrocia le dita.
    La prima metà sente il peso di quella delusione, quell'altro affanno che quella mamma sola pare dover patire per causa sua. Hanno già condiviso tante pene da quando il papà è partito, e lui è stato così orgoglioso di aiutarla. Ora la pena a quanto pare è lui, e lui non sa come aiutarla più: e china il capo.
    Ma non può certo aiutarla rinunciando a Palestina Quest. Non a quel gioco, no, non sa perché. Quello che sta per cominciare è un gioco strano, è diverso dagli altri, non sa come. E per saperlo deve farlo, e lo farà.
    Ora quindi tra sé incrocia le dita, augurandosi che anche stavolta, come altre, la tirata della mamma finisca in niente, vaghe minacce ma nessun divieto, nessun esilio dal nuovo gioco che l'aspetta.
    E invece:
    - Per insegnarti che tua sorellina viene prima di qualsiasi videogame, e che non la puoi parcheggiare dovunque per farti i tuoi giochi, tu domani per tutta la giornata non accendi il computer! E neanche stanotte, naturalmente. A letto!
    Metà di Lele, quella col capo chino, registra un'altra sconfitta sul solito amaro fronte: non sono più un aiuto per risolvere i problemi. Io sono il problema.
    L'altra metà scioglie le inutili dita ed argomenta: vuoi vedere che il vecchiaccio aveva ragione a predisporre lo start un giorno dopo?

    * * *

    L'indomani mattina alle dieci, nel convento di San Sigismondo, padre Giuseppe fissa con grande attenzione le macchie di colla e vernice sulle proprie mani.
    Intorno a lui l'ufficio di padre Serchi, immerso nell'ombra degli scuri accostati, odora di dopobarba, di prodotto per mobili, del fiato caldo e acidulo delle stampanti, sempre al lavoro per subissare i confratelli di comunicati, planning, preghiere del giorno e notizie dell'ordine.
    Gomiti sui braccioli della sedia, mani congiunte a dita larghe, indici contro le labbra, dall'altro lato della scrivania padre Serchi lo fissa accigliato.
    - Allora, padre Giuseppe. - dice infine col tono paziente di chi principia una lunga spiegazione - Ancora una volta non siamo stati ai patti. Lei sa benissimo che, immeritatamente, è stata caricata sulle mie spalle, ancorché giovani, la responsabilità di vegliare sulla condotta quotidiana di questa comunità: che sia conforme alla regola del nostro ordine e alla santa vita in Cristo. Lei sa questo?
    Il vecchio leva il capo, ma solo per seguire il volo di una mosca che passa e che si posa, col suo sguardo, sulla campana della lampada da tavolo. Padre Serchi attende qualche secondo oltre il dovuto, perché il silenzio sottolinei di biasimo il mutismo del vecchio, poi riparte.
    - Sì lo sa. Come anche sa che lei, padre Giuseppe, per questa comunità è un bel problema. Certi suoi comportamenti... originali... rischiano d'essere male interpretati. E sa quanto nella nostra missione sia importante l'esempio cristallino del pastore! Ne abbiamo parlato tante volte, no?
    Altra pausa, questa volta sapientemente breve.
    - E qual è stato il nostro accordo?
    Il vecchio torna a guardarsi le mani, poi guarda quelle di padre Serchi, quindi atteggia anche le sue alla stessa posa: dita congiunte con le punte separate.
    - Glielo ricordo io: - riprende il giovane, fingendo di non notare la manovra - lei può stare nel retro del presepio anche durante il giorno, se lo desidera... o se non può farne a meno. Purché non esca e non si mostri mai al pubblico. Non era così? Risponda.
    Dalla posa delle mani scimmiottata, il vecchio frate è passato a esercizi complicati di intrecci di dita, che esegue con concentrazione. La collera del suo interlocutore si palpa nell'aria, e vibra nella voce che ormai stringe il laccio.
    - E allora, se questo era l'accordo, cos'è successo ieri? Perché è saltato fuori e ha fatto quei numeri? Chi è quel bambino? Cos'è questa storia di Lilim? Padre Giuseppe Cavalli, mi risponda!
    Il vecchio ha risolto le sue acrobazie assumendo l'intreccio di dita di un classico gioco infantile, dove i due medi flessi sporgono, isolati e contrapposti, sul piano delle mani intrecciate, e si agitano comicamente. E finalmente padre Giuseppe parla.
    - Lo sa fare così?... Zac-zac!
    Padre Serchi impallidisce, si alza in piedi, tace per qualche secondo sotto lo sguardo ridente del vecchietto, che continua a agitare le dita. Quindi scandisce con voce gelata:
    - Lei non si prenderà gioco di me, glielo assicuro. Visto che si ostina a fare il bambino, come tale sarà trattato. Non ha il permesso di recarsi al suo presepio per tutto il giorno di oggi, fino a sera. Ho finito. Sia lodato Gesù Cristo.
    Il vecchio frate finalmente si fa serio, lo guarda addolorato, si alza, si avvia alla porta. Ma prima di raggiungerla si volge con un nuovo sorriso, e rivolge al furioso confratello un ultimo strano saluto, muovendo rigidamente un braccio su e giù:
    - Zac-zac!
    Lascia l'ufficio, guadagna la sua cella, siede a un piccolo tavolo istoriato di tagli e croste antiche di colla, ingombro di sgorbie, pennelli, ciotole, tubetti di colore. Tirando via un lieve panno di seta nera scopre, su un piedistallo tenuto da una morsa, una statuina di una decina di centimetri, di pregiata fattura, con la testa ancora abbozzata, e senza occhi.
    Il frate accende una piccola radio, innesta all'occhio sinistro una lente da orafo, e riprende quietamente il suo lavoro.

    * * *

    Frattanto, in un altro punto della città, ventitré ragazzi fissano assorti gli schermi dei loro banchi, e digitano senza guardare le tastiere. Sui monitor le schermate di un form di matematica, coi quesiti, le iperfigure, gli ipertesti, i campi per le risposte, il tutor P.
    Alla cattedra il professore sonnolento legge il giornale nel sole pallido dei vetri, ignorando il grande monitor "spione" che alterna in random le schermate degli alunni.
    Anche Lele fissa intento lo schermo del suo desk, dove però scorre qualcosa di diverso dal compito di oggi: le righe di comando per gli agganci del nuovo gioco ai siti NPG.
    In un angolo in basso si agita un'icona animata nello stile degli hacker ginnasiali: un tipetto legato a una sedia e imbavagliato, che strabuzza gli occhi. È l'agente intercettore del tutor P, il programma di sorveglianza del professore, che funziona schermando a quest'ultimo l'attività reale di quel desk, inviandogli in sua vece una media delle azioni degli altri compagni, e simulando così un compito fantasma che progredisce in tempi e forme verosimili. Quel programmino "cuccaspia" è un regalo di un suo amico di quinta media, e solo Fabrizio sa che l'ha installato.
    Ecco Fabrizio, infatti, in una cornice di stanza privata che esplode a sinistra.
    FABRI: Ehi Lele, stai caricando Palestina?
    Lele digita in righe viola le sue risposte, sotto le righe verdi dell'amico.
    LELE: L'hai detto.
    FABRI: Mi fai vedere?
    LELE: Sganciati, che non hai mica il cuccaspia!!!
    FABRI: Lo so ma il gobbo tanto non guarda, legge il giornale.
    LELE: Se guarda e c'è il tuo desk ci becca tutti e due. Dai, sganciati!
    FABRI: Sicuro che non vuoi farlo con me, Palestina?
    LELE: Te l'ho detto, questa volta è lonely game.
    FABRI: Ma non ti sei trovato bene coi Duumviri?
    LELE: !!! SGANCIATI FABRI CHE TRA UN PO' CI BECCA !!!
    FABRI: Va bene, ne parliamo a ricreazione.
    LELE: Shalom!
    La cornice di chiacchiera implode. Lele soffia un sospiro.
    Sempre digitando alla tastiera per non dare nell'occhio, fa ripartire il monitoraggio NPG. Le righe appaiono una per una, con brevi indugi alla conferma dell'aggancio, scorrendo verso l'alto.
    Lontano da lì, nella sua casa vuota e silenziosa, il suo computer mugugna tra sé, obbedendo ai comandi remoti in arrivo da scuola, e agganciando il suo gioco a quei siti.

    NPG Chronology Timeline for the History of Judaism = PLUGGED
    Lifelike Synthetic Characters Project - First NPG Dramatic Engine = PLUGGED
    Laboratoire d'Intelligence Artificielle de Paris 8 - NPG server = PLUGGED
    NPG Archive of Material Cultures of the Ancient Canaanites and Related Peoples = PLUGGED
    Fachbereichs Für Historiker NPG Datenbanken = PLUGGED
    Aish Ha Torah College of Jewish Studies - NPG server = PLUGGED
    NPG Resources for the Study of Ancient Landscapes = PLUGGED
    Servidores NPG de información Historica de la Universidad de Zaragoza = PLUGGED
    NPG Ancient Virtual Maps From Space = PLUGGED...

    * * *

    Così passa la giornata.
    Quella notte, scontate le rispettive punizioni, il frate e il bambino compiono gli ultimi passi verso l'inizio della loro storia.
    A casa di Lele regna il silenzio. Carlotta dorme, coi peluche che lei chiama "la sua gente" addossati da ogni parte. La mamma dorme, sfinita dalla solita giornata, nel suo vecchio pigiama da uomo a morbide righe. Lele veglia, assorto davanti al monitor che gli illumina il viso.
    Nello schermo una clessidra perfetta e lucidissima è sospesa nel buio siderale. Dentro le ampolle scorre una sabbia che è fatta di microscopici numeri arabi. Una semplice scritta avverte:
    Sto caricando i driver crono-meteo.
    Millenni... FATTO
    Secoli... FATTO
    La clessidra si volta.
    Anni...

    In quello stesso momento la mano ossuta di padre Giuseppe fa scattare il polveroso interruttore nella nicchia sul lato destro del presepio. Con uno schiocco seguito da un ronzio la portentosa fabbrica si accende.
    Il vecchio si porta al centro della sala e guarda ancora una volta la sua opera. Esamina a lungo ogni scena ruotando lo sguardo serio sulle pianure, sui valichi, sui fiumi, riepilogando e confermando ogni dettaglio.
    Tutto a posto: va al fondo della sala, all'inginocchiatoio. Si inginocchia, un ultimo sguardo al presepio, poi china il capo e prega.

    Anni... FATTO
    Stagioni... FATTO
    Mesi...
    I Satelliti volano in cielo, Angeli Ripetitori del Messaggio: uno stormo in formazione di battaglia, una rete che copre il pianeta cantando nelle orecchie delle antenne, posate sui davanzali dei ragazzi, bibbie immani di dati.
    Sta cominciando un gioco come gli altri, ripete Lele sbirciando la finestra. L'antenna butterfly si volta di scatto in alto sinistra e nel monitor, in basso a destra, la barra di ricezione tocca il rosso: flusso di dati in entrata a maximum rate.
    Mesi... FATTO
    La clessidra si volta.
    Settimane...

    Ansimando come un gigante incollerito, padre Giuseppe emerge all'improvviso al centro del presepio da un botola celata in un boschetto, dominando con tutto il busto il paesaggio. Tiene in mano un piccolo involucro di carta velina, che ha tratto da sotto la tonaca, e che ora svolge.
    Ne emerge una statuina di finissima fattura: una bambina magra, scura di pelle e capelli, sporca e stracciona. Il vecchio ridacchia guardando la figura con affetto infinito di nonno.
    Poi si raccoglie di nuovo, chiude gli occhi.

    Settimane... FATTO
    Giorni... FATTO
    Ore...
    Lele si scuote, si distoglie dal monitor, prende il monkey dal suo stelo, lo accende, lo indossa.
    I display video stereo 3D, sagomati a forma di mani, gli coprono gli occhi; le cuffie audio a forma di conchiglie gli chiudono le orecchie; i due microfoni come due lunghe lingue sfiorano gli angoli della sua bocca. Ora vede solo un'immensa clessidra sospesa nel cielo stellato, e voltandosi tutto è buio intorno a lui.
    Poi calza i joyglove, i guanti di comando, e con un gesto di un dito spegne il monitor.
    Anche la camera intorno a lui piomba nel buio.
    Ore... FATTO
    La clessidra si volta.
    Minuti...

    Padre Giuseppe si sporge e allunga un braccio verso una strada bianca di polvere.
    Si ferma, la mano che tiene il personaggio esita sospesa su un grande albero scuro.

    Minuti...FATTO
    Configurazione crono-meteo successful
    Date convenzionali di partenza
    Calendario Gregoriano: 13 Dicembre 0001 AC (modern civil calendar)
    Calendario ebreo: 29 Kisleu 3761 (3761/3/29)
    Ore 17:30:00, cielo sereno, 12 gradi C.
    Premere START per cominciare Palestina Quest

    Il frate depone con mano tremante la statuina sulla sabbia.
    Nel ciclorama del cielo del presepio, e nei display di Lele, per qualche istante vorticano insieme cieli, nubi, stagioni e ore del giorno, stabilizzandosi infine su un tramonto.

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    CAPITOLI 5 E 6
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    6. Matarieh

    Era il tramonto dell'ultimo giorno di kisleu, alla fonte di Matarieh, presso Sichem, sessanta chilometri a nord di Gerusalemme.
    Matarieh era un posto di cambio per i messi delle poste imperiali, marcato da un antico sicomoro, sulla Via Collinare che dall'Egitto portava a Damasco seguendo i crinali più dolci dei monti Giudei. In quella parte di Samaria, però, la Via si faceva più impervia, dovendo affrontare i contrafforti del Monte Garizim, sulle cui cime i samaritani costruivano templi blasfemi.
    La fonte, il grande albero e la locanda per il servizio di posta erano situati ai margini di un altopiano, presso il culmine di una lunga salita, così da offrire ristoro ai viaggiatori che arrivavano in cima stremati. L'edificio, abitato da un samaritano appaltatore del servizio imperiale con la sua famiglia, era un'umile casa di mattoni d'argilla e paglia, con piccoli locali pavimentati di pietre piatte disposti intorno a un cortile centrale, dove si cucinava. Dietro la casa si apriva un largo recinto, dove venivano governati i cavalli del cambio di posta e gli asini dei viaggiatori, e dove si sistemavano per la notte, sotto una tettoia di palme, i clienti più poveri.
    L'immensa chioma scura del sicomoro spiccava da lontano sul paesaggio montuoso tappezzato di macchia bassa, senza boschi. Solcando quella macchia, la Via Collinare giungeva da sud fino a lì serpeggiando a perdita d'occhio sul dorso dell'altopiano; attorno ai piedi del grande albero tracciava una curva che pareva di santo rispetto - si diceva che albero e fonte fossero prodigiosi - per tuffarsi e scomparire subito dopo giù nella ripida discesa verso il nord.
    Tra la Via e l'edificio si stendeva uno spiazzo terroso calpestato da uomini e bestie, contornato da un basso muretto a secco con un varco aperto alla strada. Le pozzanghere di una pioggia recente riflettevano un cielo bellissimo, arruffato di nubi volanti.
    Tre uomini sedevano per terra chiacchierando accanto alla porta buia della locanda, aperta a sud come quasi tutte le porte di Canaan. Uno di essi era il gestore del cambio di posta, e a giudicare dai due asini che brucavano liberi nel recinto, gli altri due erano viaggiatori. Dall'interno giungevano voci femminili, risate infantili, acciottolio di stoviglie: la moglie del gestore e le serve dovevano essere all'opera per la cena.
    Sul lato a ovest della casa, contro il muro bagnato d'arancio dal sole al tramonto, sedeva per terra una bambina sola.
    Bella, spettinata, le guance rigate di sporco, il naso diritto, la bocca grande piegata appena in un sorriso, le sopracciglia nere e ben marcate, pareva non avere più di dieci anni. Nello straccio giallo che indossava si riconosceva a stento uno shaluk, la tunica con maniche lunghe dei giudei. La sua era lacera, troppo grande, cinta di semplice corda, tinta di giallo croco, evidentemente elemosina d'un levita. Altrettanto malridotti erano i calzari di giunco ai suoi piedi, inadeguati alla stagione fredda e alla Via. Non pareva avere mantello, né copricapo.
    Mostrava insomma, per tutte queste insegne, di appartenere alla folta armata dei bambini di strada, randagi e mendicanti, che brulicavano dopo le ultime guerre civili nelle città e sulle grandi vie di Palestina.
    Sedeva con la schiena poggiata al muro caldo, fissando il sole con un occhio solo. Teneva infatti aperto e fisso nel disco arancio l'occhio sinistro, a sua volta d'un bel colore chiaro ambrato, mentre con la mano sudicia copriva il destro.
    Nella polvere, davanti ai suoi piedi, era sparsa una manciata di piccoli oggetti, giocattoli di pietra, di metallo, di legno, di osso, non più grandi di un dattero: un omino, una ciotola, un coccodrillo, una sfera e altre forme.
    Un'altra manciata di figurine, pecore e capre, biancheggiava disseminata sul dorso piatto della prima collina in vista; oltre quella, la fascia seghettata dei monti di Samaria si stagliava nera ormai contro il tramonto; oltre ancora, più in alto del tramonto, i soliti due rapaci perduti nel cielo.
    La bambina taceva immobile. Il sole calava.
    Uno dei tre uomini seduti accanto alla soglia si alzò, girò l'angolo della casa, si fermò torreggiando di fronte a lei e la osservò.
    - Mi hanno detto che sei qui da ieri, e che non hai aperto bocca. - le disse in tono brusco, e insieme velato d'un sorriso latente, che pareva ironia.
    Nessuna risposta, la bambina non mosse un muscolo. Lui tacque a sua volta e continuò a fissarla a braccia conserte, meditando.
    Era un uomo maturo, alto e forte per la media giudea, dai tratti lineari, le sopracciglia lunghe, ben ondulate sugli occhi neri e lucenti, la bocca improntata a un fugace sorriso, la barba corta e nera. I capelli, lunghi fino alle spalle, erano raccolti sotto la kefiyah chiara, stretta alla fronte da una treccia ben fatta di fascioline colorate.
    Le sue vesti dichiaravano le condizioni di persona agiata, di viaggiatore e di amante delle belle cose: la tunica in lana di colore crudo era tessuta in taglio unico, senza cuciture, ed era stretta alla vita da una fascia di bisso fenicio arrotolata più volte, che nelle pieghe doveva celare molte cose. La polvere ai suoi piedi velava un paio di preziosi calzari da viaggio di pelle di iena.
    - Non mi senti? - riprese l'uomo con tono paziente - Com'è che sei in viaggio da sola? Da dove vieni?
    La bambina tacque ancora. Il disco del sole era scomparso per metà oltre le creste del Garizim. L'uomo chinò lo sguardo sui piccoli oggetti sparsi per terra di fronte a lei. Ne mosse uno con la punta della scarpa. La bambina ebbe un piccolo sussulto, ma ancora non parlò e non si mosse. L'uomo notò la reazione, guardò più volte i suoi oggetti e lei, e infine chiese con voce più decisa:
    - Non vuoi che tocchi i tuoi giocattoli? Allora rispondimi.
    La piccola mendicante pareva protesa a bere col suo occhio fino all'ultimo baluginio del sole.
    - Sto parlando con te, qual è il tuo nome?
    Il sole sparì. Fregandosi l'occhio destro a capo chino, la bambina rispose.
    - Mi chiamo Lilim Pitheké.
    Ritrasse la mano, levò il capo e aprì l'occhio: era diverso dall'altro, d'un profondo marrone scuro, quasi nero.
    Piantò in faccia all'uomo lo sguardo di quegli occhi spaiati, accompagnandolo con un sorriso gaio e vuoto. Questa volta toccò a lui sussultare, e per un attimo oscurarsi in viso. Ma si riprese all'istante, e a sua volta accennò un sorriso ironico.
    - Lilim la Scimmia, direi che ti sta bene.
    La bambina allargò ancora di più il riso, e attaccò una pantomima scimmiesca vociferando e battendo le palme per terra.
    - Ho-ho-ho-ho... Lilim la scimmia, la scimmia della Via!
    - Ascoltami Scimmia! - tagliò corto l'uomo, di colpo serio di nuovo. - Ora tu risponderai alle mie domande. Perché hai un nome greco? Conosci qualche greco?
    - I mercanti greci della Via mi hanno chiamata Scimmia.
    - Non conosci nessun greco?
    - Nessun greco.
    - Viaggi da sola? Perché viaggi da sola?
    - Pitheké è sempre sola, suoi amici sono i passi.
    - Non hai qualche parente, qualche amico, da qualche parte di Palestina?
    - Sì, ho un amico cane, ma ora non so dov'è.
    - E dove vai?
    - A nord.
    - Dove a nord?
    - A nord, dove ci sono città ricche vicino a un lago, dove ci sono feste, e la gente regala.
    - Chi ti ha detto di queste città?
    - La voce della Via, i bambini viaggiatori, i loro passi danno le notizie.
    - Allora vai a nord e non hai nessuno.
    - Nessuno, solo Lilim Pitheké.
    L'uomo la guardò ancora per qualche tempo, e lei resse lo sguardo sorridendo. Infine si voltò e tornò alla casa.
    Lilim si dedicò alle sue figurine sparse: raccolse una casetta cubica, la lanciò in alto e mentre ricadeva afferrò con gesto rapido da terra una piccola sfera; riacciuffò al volo la casetta, lanciò la sfera e mentre ricadeva raccolse un omino; lanciò l'omino e raccolse un coccodrillo. Intanto la sua voce salmodiava una filastrocca di gioco, in una lingua diversa dall'aramaico corrente con cui aveva parlato fino allora.
    Quando ebbe raccolto tutte le sue figurine e le ebbe riposte in un sacchetto di stoffa e perline che portava legato alla cinta, l'uomo tornò. Reggeva in mano un pezzo di pane d'orzo, mezza cipolla, un trancio di pesce salato già inumidito nell'acqua. Si chinò di fronte a lei sedendo sui calcagni, la guardò col suo sorriso indecifrabile, posò il pane per terra e i cibi sul pane.
    - Per l'acqua vieni da me, alla casa.
    Si alzò e se ne andò. La bambina girò il sorriso ai cibi, guardandoli per un istante coi suoi occhi diversi spalancati come fossero un miraggio: poi si lanciò su di essi con un mugolio selvaggio, e prese a divorarli.
    Il suo benefattore, poco dopo, parlava amabilmente col gestore del posto di cambio, quando Lilim si presentò in piedi di fronte a lui, un po' intimidita ma sorridente.
    - Hai sete?
    - Sì.
    L'uomo riempì un bicchiere di legno con l'acqua di una brocca rinfrescata da un panno bagnato. La bambina bevve avidamente, sorrise, rese il bicchiere e corse via.
    Gli altri due uomini ghignarono, ammiccando complici al mescitore d'acqua, che in qualche modo però li dissuase all'istante con un unico sguardo inespressivo. I tre, che erano uomini di mondo e viaggiatori, ripresero come se niente fosse stato la conversazione.
    Il gestore della stazione di posta, grazie ai contatti continui con venditori e artigiani ambulanti, con pubblicani esattori di tasse e altre figure viaggianti, si fregiava d'essere il notiziario pubblico del posto, e stava giusto allora raccontando le ultime novità: circolava per la regione una centuria romana, un drappello di cento uomini sceltissimi, forse in missione speciale. Non parevano infatti i soliti straccioni delle coorti di stanza in Palestina, sapientemente formate di ausiliari siriaci e samaritani per non irritare l'orgoglio giudeo: questi erano veri soldati, cittadini romani, galli e spagnoli, staccati dal grosso delle legioni discretamente accampate in Siria. Qualcosa bolliva in pentola, evidentemente.
    - Saranno qui per le incursioni dei maledetti briganti idumei, cammelli incirconcisi, che la collera di Javeh li incenerisca! - si scaldò uno dei due viaggiatori, un vecchio e collerico mercante di conserve, che doveva aver avuto qualche brutta esperienza.
    - Dev'essere così. - aggiunse l'altro, più calmo e già visibilmente insonnolito. - Ho sentito che si stanno spingendo sempre più a nord, sfidando la guardia di Erode.
    - Ah! Erode, il nostro re beduino! - rincarò il primo - E come potrebbe contrastarli? Non è un idumeo anche lui? Ha voglia di farsi strigliare col nardo dalle sue schiave concubine nella fortezza Antonia, dove si veste da romano di nascosto: la puzza del cammello e della tenda non gli verrà via così facilmente!
    L'uomo si pentì subito dello sfogo maldestro, e sbirciò con sospetto lo straniero che aveva dato da mangiare alla bambina. Ma quest'ultimo, distratto nei suoi pensieri, gli rilanciò un sorriso amabile, si alzò, e si avviò ancora verso il retro della casa, dove pareva aver fatto la cuccia quella piccola stracciona. Il vecchio mercante grugnì e si levò a sua volta, andando a prelevare dall'asino il tappeto per le preghiere.
    Era l'ora detta vigilia della sera, il primo turno di veglia delle sentinelle sulle mura delle città, presso i pozzi dei villaggi, nei bivacchi dei pastori: circa le sei pomeridiane, nei giorni corti d'inverno. La luce gialla delle lampade a olio della stazione di posta allargava una chiazza stagnante nel buio blu della bella notte limpida che stava incominciando.
    L'uomo aggirò la casa, si avvicinò a Lilim Pitheké, che già dormiva avvoltolata alla meglio in una vecchia stuoia d'asino raccattata nel recinto, le scosse dolcemente una spalla, e quando lei si levò stordita le parlò così:
    - Pitheké, ascoltami. Io son diretto a nord, come te, e la Via è una. Domani, alla vigilia del mattino, verrò a svegliarti. Ti laverai nella casa di cambio, ti vestirai dei tuoi stracci e partirai con me.
    - Chi sei, signore?
    - Non è un tuo problema.
    - Ma perché mi prendi con te?
    - Te l'ho detto, la Via è una e tanto vale farla insieme: ti troverei tra i piedi in ogni modo. Coraggio, ora dormi.
    L'uomo si levò, e senza aggiungere altro scomparve dietro la casa. Le stelle del cielo immenso di Terra Promessa si specchiarono negli occhi di Lilim, che sorrisero impercettibilmente prima di chiudersi di nuovo.
    Da poco lontano la voce nasale e irosa del vecchio mercante intonò il suo "Shemà Israel!".
    Quando cessò, restò il filo d'oro di un unico grillo. E poi fu silenzio.

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    Bruno Tognolini
    "LILIM DEL TRAMONTO - Palestina Quest"

    UNA SPECIE DI TRAILER

    Se da un libro si dovesse estrarre un trailer, come da un film, composto da frammenti fulminei, incompiuti, non riferibili ad alcun contesto... Questo è un trailer dai primi 25 capitoli.


    - Lei ci gioca?... - chiede Lele interdetto al vecchio frate - E come ci gioca?
    - Tu sei un bambino, no? E allora lo sai. Come fate voialtri, nei giochi? Fate andare i personaggi, i soldatini. Li fate correre, cadere, morire. E fate le voci.
    - Ma... ma le sue statuine sono fisse! Cioè, fisse no, si muovono: ma si muovono coi meccanismi...
    - Eh... non tutte!


    - Domani notte, a Dio piacendo, sono pronto. - disse il frate - E a te quanto manca?
    - Più o meno lo stesso: la shell di virtù reale è abilitata, il motore drammatico è solo da collegare, i template dei personaggi caricati e testati, gli sfondi documentali agganciati alle fonti online...


    Il sole sparì. Fregandosi l'occhio destro a capo chino, la bambina rispose.
    - Mi chiamo Lilim Pitheké.
    Ritrasse la mano, levò il capo e aprì l'occhio: era diverso dall'altro, d'un profondo marrone scuro, quasi nero.


    - Un uomo anziano, un vasaio o un falegname, in viaggio con una moglie molto giovane, incinta e vicina al parto. - riepilogò Zahel. Ma l'altro scosse il capo con aria definitiva:
    - No, mai visti.


    Zahel combatteva solo, senza un suono, muto in mezzo a una giostra di urla pazze. Si teneva molto basso sulle gambe, e si muoveva in una danza precisa, cadenzata da un invisibile tamburo.


    - Quale demonio? È solo una bambina! - rise Zahel con tanta gioviale persuasione che il vecchio finì per sorridere a sua volta. Ma si represse subito, levò un dito nodoso, ed ammonì:
    - Costoro sono esseri stregati! Jahvè non ha potuto terminarli perché era suonato il sabato. E qualcun altro ha finito il suo lavoro! Guardati da lei, straniero. Non pare tua figlia.


    La città di Cesarea fumava pigra e larga nell'alba del terzo giorno di tevet, rosata dai raggi radenti di un sole gelato che occhieggiava dalle catene d'oriente. Le cuspidi dei templi, delle terme, dei mercati svettavano dall'ombra azzurrina, nuovissime e brillanti di nitore, lavate dalla notte.


    - Conclusione?
    - La conclusione la conosci: bisogna trovare questo re... - Ishmaiah mostrò i denti a scacchi, abbassando la voce di un tono - ...‘prima' che nasca.
    - La pista è sempre quella ragazza di Nazareth?


    - Sposo? Ti sei sposata?
    - Beh sì, eccolo qua... guarda, Joseph! - proseguì Myriam, rivolta al vecchio che si avvicinava con un sorriso stanco. - Questa è Lilim, la piccola gebusea che serviva nel Tempio nei primi anni in cui son stata lì.


    - Com'è andato il tuo viaggio, padrone?
    - Non chiamarmi padrone.
    - È così che ti chiamano, qui: ha detto il tuo padrone di far questo, ha detto il tuo padrone di far quello...
    - Sono degli imbecilli. Che cosa hai fatto tutto il giorno, ieri?


    Jod-He, il gigante esseno, svettava furente attorniato dai nemici, roteando nell'aria il suo mestolo sacro, di cui finalmente si spiegavano le dimensioni spropositate e le tacche: parava con esso i fendenti dei gladi romani, e lo calava in mazzate tremende su teste e su schiene. A ogni colpo tuonava con voce bronzea e potentissima una delle quattro lettere sacre dello Schem, l'impronunziabile Nome di Iddio:
    - Jod!... He!... Vau!... He!... Jod!... He!...


    Lele, in modalità prima persona, sta pilotando Jod-He Maccabeo nella sua disperata battaglia.
    L'ho beccato!... - impreca tra sé - Maledizione, ho beccato il virus, vuoi vedere? Un bastardissimo Quixote.fighter! Non si spiega diversamente, una battaglia così violenta...


    Ma dove va? Dov'è che va quel suo bambino, in quali posti dove lei non può seguirlo?
    Questi giochi non sono cose che si vedono e si fanno: sono piuttosto posti in cui si va. Lui va e cammina in un mondo che si crea dieci chilometri davanti al suo naso, e si disfa dieci chilometri dietro di lui. È l'infinito! Una chiazza personale di infinito, preciso, meticoloso, vivosimile...


    - Andiamo, Padre Sergio! - un sorriso sgradevole appare sulla bocca di Padre Serchi. - Lei sa meglio di me che rischio corre il buon nome della nostra comunità. Un ragazzino che viene a trovare un vecchio frate! Ogni pomeriggio! Se la cosa venisse letta...
    - Ho capito, ho capito, va bene! - interrompe l'altro, più imbarazzato che impaziente. - E che cosa consiglia di fare?


    - Sembrano tutti in cerca di qualcosa, ma non sanno cosa.
    - Sanno cosa, - corresse la donna con un sorriso lento - Ma non sanno dove.
    Zahel la guardò. Magdalena compì il sorriso, e parlò sottovoce.
    - E anche tu sai benissimo cosa, e non sai dove.


    - Sì che è cattivo, e tu lo difendi!
    - Non lo difendo per niente, sorellina, è solo che... deve cavarsela da solo, come gli altri. Sennò il gioco non performa, che gusto c'è!
    - C'è gusto che finisce, e tu giochi con me a Remagio.


    - Virtù reale vuol dire... beh, non l'ho mai capito benissimo neanch'io. So che prima si chiamava realtà virtuale, e poi hanno rovesciato il nome... quando hanno rovesciando l'idea, più che la cosa. Cinque anni fa lo slogan diceva: "Non più un altro mondo, ma una virtù di questo".


    - Vindapharna, Rajatiraja, ti prego, ascoltami!
    Lilim Pitheké emerse dall'ombra, guardando seria e ferma in volto il Mago Re.
    - Non uccidere, Maharaja, quest'uomo è con me.
    Il vecchio la guardò sorpreso per un solo istante, poi un sorriso felice schiarì il suo volto.


    - E allora perché non ti chiamano Leone? - chiese Lilim.
    - Perché mi disprezzano. Se tu disprezzi qualcuno come un asino, ma lo temi come un leone, lo chiami Onagro.


    Zahel rivelò quanto aveva appreso da Ishmaiah, e sempre taciuto fino a quel punto: l'uomo che Bar Kochba cercava, quasi di certo cercava Bar Kochba. Era Furio Cornelio Vica, che si presentava come centurione romano della Coorte Italica di Cesarea, ma era in realtà un evocatus augusti, uno di quegli ufficiali distaccati dalle truppe pretoriane per missioni di polizia segreta.
    - E cerca me. - concluse il capo guerrigliero.


    - Che cosa canti, Scimmia, sei impazzita? Non hai mai visto uomini morti?
    Lilim lo guardò, si portò un pugno all'occhio sinistro, prese a sfregarlo. Con l'altra mano indicò debolmente intorno.
    - È pieno di morti in cammino, ognuno a cercare una casa, un parente, una figlia...
    - Ma cosa dici, pazza. Vieni via.
    La bambina si guardò in giro, disperata.
    - I miei occhi non bastano al pianto...


    Si alza in piedi, scandisce le parole.
    - Io scriverò una lettera a tua madre e un'altra alla tua scuola. Dirò che con il tuo comportamento, egoista e insistente, hai messo a rischio la debole salute di un vecchio. Che hai ignorato le nostre raccomandazioni, i nostri divieti...
    Lele lo guarda, e non gli viene più nulla da dire.


    Poco dopo Shamaliel guardava il suo ospite, seduta di fronte a lui, sudata e ansante, avvolta in una grande coperta rosso fuoco, in mano una tazza di vino. Gli parlò con voce bassa e rauca di fumo.
    - La porta della loro stessa casa, forzata dai demoni che comando, mi ha detto dove sono le tue prede.
    - Dove.
    - Sono a Betlehem di Giudea, in una locanda. E lì probabilmente resteranno.




    ECCO INVECE LA "MIA" LILIM

    E' un'elaborazione della foto di una ragazza afgana usata dal National Geographics per pubblicizzzare una serie di CD-rom.
    L'ho tenuta davanti agli occhi per l'intera scrittura del romanzo.




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    Questa pagina è stata inserita il 26/07/99, e aggiornata il 13/12/2010.

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