CINQUE PICCOLE SCENEGGIATURE SULL'ENERGIA
Rossella Sobrero, dell'agenzia pubblicitaria
LA FABBRICA di Milano, curava nel lontano '93, per conto della S.N.A.M.,
un'iniziativa di divulgazione sulle diverse forme d'energia, destinata
alle scuole. A un raffinato corpo di schede storiche e scientifiche voleva
però affiancare un trattamento più "leggero": chiese un contributo
a quattro grandi scrittori per bambini (Roberto Piumini, Pinin Carpi, Donatella
Ziliotto e Piermario Fasanotti), e - grazie a una segnalazione di Piumini
- a me, che in quegli anni ero a stento un esordiente. C'era da spartirsi
gli argomenti: da buon esordiente ho scelto per ultimo, e mi son toccati
in sorte la Fotosintesi, la Catena Alimentare, i Fossili,
il Ciclo dell'Azoto, e l'Energia nucleare. Fresco di teatro
per ragazzi e di Albero Azzurro, non ho voluto scrivere racconti, ma cinque
piccole sceneggiature per cinque "generi" di rappresentazione diversi.
Ed eccoli.
1 . MAGNOLIA MUSCOLOSA
Storia per un Video movie
sulla Fotosintesi Clorofilliana
2 . FIABA MATRIOSKA
Storia per uno Spettacolo
di burattini sulla Catena Alimentare
3 . ODORE BUIO
Storia per un Radiodramma
sui Fossili
4 . MARIO INUTILE
Storia per una Teatronovela
sul Ciclo dell'Azoto
5 . SPUTO SOLARE
Storia per uno spettacolo
di Teatro d'ombre sull'Energia nucleare
1 . MAGNOLIA MUSCOLOSA
Storia per un Video movie sulla Fotosintesi Clorofilliana
Cos'è un "video movie"? E' un filmetto fatto con la videocamera, quelle che ormai hanno tutti. E possono farlo tutti, senza costose attrezzature di montaggio: naturalmente col "montaggio in macchina" (cioè filmando una scena, poi spegnendo e filmando la seguente), gli "stacchi" fra le scene saranno più bruschi e meno belli che al cinema, dove le scene son montate con la "moviola". E infatti qui siamo a scuola, non a Cinecittà. E allora cominciamo.
PRIMA SCENA. INTERNO, casa di Marcandrea. Nella sua stanza arrivano quattro amici e si mettono a chiacchierare, ma noi non sentiamo le voci (perché gli attori fanno finta di parlare). Sentiamo invece una voce che parla di loro: è il Narratore, e si dice "voce fuori campo" (uno che legge dietro la videocamera). Come lui li nomina, l'inquadratura ce li presenta uno ad uno in bei ritratti: così poi tutti li riconosceranno.
NARRATORE
E' un bel pomeriggio di maggio, verso le sei, cioè quell'ora
che i compiti son fatti e gli amici si trovano a casa di uno, con voglia
di parlare. Questa sera li ha chiamati Mavcandvea, che è il figlio
di un banchiere molto ricco, e si chiama così perché ha la
evve moscia. E infatti eccoli che arrivano, uno ad uno: arriva Sterpo,
che si chiama così perché è figlio del giardiniere,
e che si becca sempre con Mavcandvea per stabilire chi è il più
bravo della banda; arriva Maria Pappamondo, che è una ciccia che
non smette mai di mangiare, e per questo si chiama così; e con lei,
presa per mano, arriva Chiara, che si chiama così anche se è
cieca, ma lei ci scherza sopra perché è una che è
nata ridendo; e per ultimo arriva Mario, che si chiama così e basta.
MARIO
Oh, Mavcandvea, dài, dicci cos'è successo. Si vede che
hai la faccia da disastri.
MARCANDREA
Disastvo, catastvofe, emevgenza! Niente: mio papà mi ha povtato
via la pista policav a sei piani.
STERPO (prendendo un po' in giro)
Oh povevino! E pevché?
MARCANDREA
Pevché è avvabbiatissimo, fuovi di sè, in bestia!
Dice pavolacce in inglese tutto il giovno, come se io non le capissi...
Ed è pev colpa della sua nuova banca: sapete quel palazzone alto
sei piani che ha fatto vestauvave in centvo, con quel maledetto giavdino
davanti.
STERPO
Dì un po', non lo avrete mica rasato a zero, quel giardino?
MARCANDREA
Magavi! E' tutto il contvavio! Quello sputino di giavdinetto è
diventato un mostvo.
MARIA PAPPAMONDO
Un che?
MARCANDREA
Un mostvo mostvuoso, un giavdino alien, un veplicante. E' cvesciuto
di sette metvi in dieci giovni. Le foglie sembvano pugni, e i tvonchi sembvano
gambe di lottatove ketch. Pavola! C'è una magnolia mostvuosa mutante
che fa vedeve i muscoli ai passanti!
MARIA PAPPAMONDO
Strudel, che forza! Mitico.
STERPO
Mitico un corno di bue. Il mio papà fa il giardiniere da vent'anni
e non ho mai visto piante fare i muscoli. Sono le tue solite balle.
MARCANDREA
Balle? Vieni a vedeve se son balle, poi mi dici, signov pvofessove
del vadicchio!
MARIA PAPPAMONDO
Sì, dài, andiamoci tutti! Voglio vedere le piante mutanti.
Poi lì vicino c'è la gelateria...
CHIARA
Dài dài, andiamo, chi mi porta?
SECONDA SCENA. ESTERNO, in un giardino. Mentre il solito Narratore parla fuori campo, si vede un modellino di banca (fatto coi lego o di cartone o altro) sistemato in mezzo a un intrico di foglie e sterpi. Poi si vedono le facce dei cinque amici che parlano nascosti tra altre fronde, come se da lì stessero spiando la banca.
NARRATORE
E via di corsa, in dieci minuti sono lì. Be', santa brioscia!
- come dice Maria Pappamondo: era vero. Il giardinetto cittadino stanco
e sfiatato che erano abituati a vedere, era diventato una specie di jungla
amazzonica, una bestia mutante verde imbufalita. I cinque amici, dopo le
prime esclamazioni, cominciarono a dire ognuno la sua, a dare consigli.
MARIA PAPPAMONDO
E non potrebbero far portare qui un branco di giraffe, o meglio ancora
cento colonie di termiti, che si magnano tutto...
MARCANDREA
Cava la mia cicciotta: mica tutto si visolve mangiando, non lo sai?
CHIARA
Dài, Sterpo, dicci la tua. Sicuramente un figlio di giardiniere
sa il segreto.
STERPO
Il segreto lo so, ma costa un tot.
MARCANDREA
Savebbe?
STERPO
Sarebbe una pista policar a sei piani.
MARCANDREA
Facciamo a tve.
STERPO
Cinque.
MARCANDREA
Quattvo.
STERPO
Va be', quattro: giusto per amicizia.
MARCANDREA
Affave fatto. Sputa la soluzione.
STERPO
Calma. Bisogna aspettare il buio, e poi vedrete.
TERZA SCENA. STUDIO. Sì, qui dovete allestire un piccolo studio televisivo, ma non è complicato. Ci vuole una bella stanza, dove si possa fare buio, e illuminare con una luce diffusa che abbia il regolatore (per esempio un'alogena a stelo, quelle del salone di casa). Lo stesso modellino di prima, e anche le fronde intorno, ora sono stati trasportati al centro di questa stanza. La videocamera lo inquadra stretto con lo zoom, per non far vedere lo studio intorno, e non svelare il trucco.
NARRATORE
E piano piano, come è solito fare, il buio venne. Noi però,
che abbiamo in mano la bacchetta dei racconti, lo facciamo venire in fretta.
State a vedere...
Cala lentamente la luce grande della stanza, e si accendono di colpo due o tre lampadine nascoste tra le fronde, che illuminano soltanto il modellino e non "sbavano" intorno. Mentre i cinque amici parlano fuori campo, la videocamera fa piano piano zoom indietro, tanto ora lo studio è buio e si può fare: si vedrà la piccola banca illuminata, al centro di una grande notte nera.
MARIA PAPPAMONDO
Porca polenta! Ma quelle cosa sono?
MARCANDREA
Be'? Cosa vuoi che siano? I quavzi, no?
STERPO
I quarzi, proprio loro. Centomila watt di luci gialle che si accendono
dopo ogni tramonto, come uno stadio in notturna. Così lo vediamo
bene tutta la notte, il vostro bel casalone, vero?
MARCANDREA
Oh, Stevpo! Te la vuoi guadagnave questa policav o no? Avviva questo
segveto?
STERPO
E' già arrivato, anzi, si è acceso proprio davanti al
vostro naso. Ecco il segreto: qui non viene notte.
MARCANDREA
Pvego?... Aaaaahhh, bestia!... Ha vagione! Le luci!
QUARTA SCENA. INTERNO, casa di Mavcandvea, come prima. E come prima i cinque parlano e discutono, ma noi non sentiamo le voci (fanno finta). Sentiamo invece il Narratore, che racconta.
NARRATORE
Bel colpo sulla fronte si dà Mavcandvea: ora ha capito, e lo
spiega a tutti gli altri, lui che ha sette in scienze naturali. Era proprio
così: non viene notte. Come se fosse un giorno senza fine, in quella
piazza. Quelle piante si bevevano la luce senza mai sosta, senza dormire
mai: e dato che erano sveglie, crescevano, crescevano, crescevano, gonfiandosi
come atleti esagerati.
Ora i cinque stanno armeggiando con fionde e fucili a piombini, e infine escono. La videocamera inquadra la finestra, che è molto illuminata dal di fuori, per esempio con due o tre lampade da tavolo con lampadine da cento.
NARRATORE
E via, trovato il problema, trovata la soluzione: i cinque organizzano
una bella spedizione notturna, con fionde e fucili a piombini, e pim!-cloff!...
pum!-cloff!... pam!sbrashhhh! Bersagliano le lampade con tiri precisi,
spegnendole una ad una.
E infatti, una ad una, si spengono le tre alogene fuori della finestra, e ora la videocamera inquadra un piccolo vaso di gerani sul davanzale.
NARRATORE
Le piante tirano un bel sospiro di sollievo: "Ufffff!"... Si stiracchiano,
si curvano un poco, e si addormentano, rilassando le fronde muscolose.
Be', erano proprio stanche anche loro di fare le culturiste: che vita è,
esser costretti a mangiare notte e giorno? Vero Maria Pappamondo?
Spunta la facciona ridente di Maria da qualche parte.
MARIA PAPPAMONDO
Bah! Questione di gusti.
Fine. Se volete ancora divertirvi, qui si possono vedere uno ad uno
i cinque attori, col Narratore che dice i nomi, poi lui stesso,
poi il regista, gli attrezzisti, gli elettricisti, i truccatori, i costumisti...
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2 . FIABA MATRIOSKA
Storia per uno Spettacolo di burattini sulla Catena
Alimentare
Cos'è il teatro dei burattini lo sanno tutti, e allora passiamo
subito al sodo. C'è una bella baracca (di burattini), alta in mezzo
alla scena, con davanti una panca. Fuori scena si sente una voce che racconta:
il Narratore. Mentre lui parla, cinque bambini entrano e cominciano a trafficare
coi burattini, dividendoseli, litigandoseli, facendo le squadre. Ma senza
fare troppo chiasso, per non coprire la voce del Narratore, che dice così.
NARRATORE
E' un bellissimo pomeriggio di dicembre, quei pomeriggi intorno al
ventisette che Natale è passato da poco, ma la scuola è ancora
lontana, e ci si trova a giocare coi doni nuovi di zecca. Per l'appunto
cinque amici si trovarono a casa di uno, che si chiamava Mavcandvea perché
aveva la evve moscia; questo era un bambino ricco, figlio di un banchiere,
ed aveva ricevuto in dono un intero teatro dei burattini, con tanto di
baracca. Ora gli amici fanno le squadre, formano tre compagnie, e danno
inizio a una sfidafestivalrassegna di teatro. Le squadre sono:
Mavcandvea con Maria Pappamondo, che si chiama così perché
è una ciccia che non smette un minuto di mangiare; poi Sterpo, che
si chiama così perché è figlio di giardiniere, con
Chiara, che si chiama così anche se è cieca (ma lei ci scherza
sopra perché è una che è nata ridendo). E per ultimo
Mario, che si chiama così e basta, e che stasera reciterà
da solo. Allora: cominciano Mavcandvea e Maria Pappamondo. Gli altri in
platea a guardare. Attenzione, signori del pubblico: sipario!
Finalmente i nostri amici sono pronti: due dietro la baracca e tre
seduti su una panca di fronte. Calano le luci, si apre il sipario, si comincia.
Qui non dirò che burattini appariranno, e quando e facendo cosa,
perché un po' si capisce dal testo, e un po' lo inventate voi. Allora
via.
MARIA PAPPAMONDO
C'era una volta una fragolina di bosco che cresceva contenta nel suo
bel prato verde. Tutti i buoni sughi che raccoglieva dalla terra nera con
le sue radici bianche, li digeriva nelle sue foglie verdi, e li mandava
a ingrossare la sua bella testa rossa. E questa testa diventava così
rossa e vermiglia e scarlatta, che la sua mamma e tutte le sue amiche la
chiamavano Capirossa.
MARCANDREA
Un bel giovno la mamma le dice: "Attenta, Capivossa, nasconditi bene
sotto le tue fogline, pevché passa sempve di qui una bimba con un
gvan cappuccio vosso sulla testa. Va a tvovave la sua nonna dall'altva
pavte del bosco, e anche se la sua mamma le dice sempve: 'non fevmavti
nel bosco a mangiave le fvagole!' - lei disobbedisce, si fevma, e mangia
tutte le fvagole che tvova".
MARIA PAPPAMONDO
Ma nulla da fare: la fragolina chiamata Capirossa era così curiosa
del mondo che la sua testina rossa non la nascondeva per niente, anzi la
sporgeva fuori verso il cielo a più non posso. Fu così che
un giorno vide una testa rossa grande grande che si sporgeva su di lei.
"Ehi! Ma che fragola sei? Com'è che hai una testa rossa così
grande?"
MARCANDREA
"E' pev mangiavti meglio, fvagolina mia!" - disse la bimba (pevché
pvopvio di quella bimba si tvattava): e la mangiò. Poi se ne andò,
pevò sulla sua stvada incontvò un lupo cacciatove di bimbe,
che dopo una stovia stvana di nonne e tvavestimenti, se la mangiò
a sua volta. Ma mentve la ingoiava, si tvovò in bocca qualcosa di
dolce che non gli piaceva pev niente: una fvagola appena mangiata.
MARIA PAPPAMONDO
Bleah! - disse il lupo che non mangiava fragole, e la sputò.
La fragolina Capirossa (perché proprio di quella fragolina si trattava),
spaventatissima ringraziò il lupo cacciatore, e tornò di
corsa dalla sua mamma nel cespuglietto, dove vissero per sempre felici
e contente.
Applausi e grida del pubblico. Maria Pappamondo e Mavcandvea escono dalla baracca trionfanti, ringraziano, e prendono posto sulla panca. Ora è il turno di Mario. Si piazza dentro la baracca e comincia:
MARIO
C'era una volta una bambina che metteva sempre in testa un cappuccio
rosso, e per questo si chiamava...
Ma ha appena fatto in tempo a tirar fuori il primo burattino, che una salva di grida e fischi lo interrompe.
STERPO
Buuuuuuu! Cappuccetto Rosso! Lo sappiamo!
MARCANDREA
Via! La sappiamo a memovia! Eliminato!
Mario esce dalla baracca, un po' sbuffando e un po' ridendo.
MARIO
Va bene, okay, mi arrendo. Avanti un altro.
Van dentro gli ultimi: Sterpo e Chiara. Un po' di preparativi, e poi sipario.
STERPO
C'era una volta un lupo giovinotto, che cominciava proprio in quei
giorni ad andare a caccia da solo. Questo lupo aveva un bel pelo fulvo,
con una macchia ruggine sulla testa, fra le orecchie. E per via di questa
macchia la sua mamma, e i fratellini, lo chiamavano sempre Caporosso.
CHIARA
Un bel giorno la mamma lupa gli disse: "Stai attento, Caporosso, nel
bosco. Non fermarti a mangiare le bambine, perché passa sempre di
lì un cacciatore con un fucilone lungo lungo, e spara sempre tutti
i lupi che incontra, per vendere le pellicce...
La voce di Chiara (partendo da "cacciatore") cala piano piano e si spegne, come se tirasse giù il volume. E mentre il suo burattino continua a muoversi, torna la voce del Narratore, che dice questo.
NARRATORE
E insomma, non c'è bisogno di continuare, no? Avete capito?
Era una specie di Fiaba Matrioska, con tante fiabe chiuse una nell'altra.
Scommeto che la sapreste continuare... Come continua? Cosa succede poi
al giovane lupo Caporosso? E quante fiabe si possono narrare una nell'altra?
Quante fragole ci vogliono per sfamare una bambina? Quante bambine per
sfamare un lupo? Quanti lupi per sfamare un cacciatore venditore di pelli?
E attenzione: solo un'ultima domanda. Quante fiabe nuove bisogna inventare,
o fiabe vecchie bisogna reinventare, per sfamare voi bambini mangioni di
storie?
Tira fuori la testa dal teatrino, ridendo, la solita Maria Pappamondo, con in mano il cartello "FINE".
MARIA PAPPAMONDO
Ehi, fiabiere! A me una fiababurgher con tomato!
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3 . ODORE BUIO
Storia per un Radiodramma sul Carbone Fossile
Cos'è un "radiodramma"? E' una storia recitata alla radio, dove si sente solo e non si vede. Si può fare anche in casa, con un radioregistratore di quelli normali a cassette, e con gli attori che leggono il testo vicini ai microfoni. Anzi, è meglio con due registratori, perché il secondo deve mandare le musiche di fondo. Gli altri rumori della storia invece li fa una squadra di "rumoristi", che lavora vicino ai microfoni con attrezzini adatti. Alcuni rumori li ho scritti io nel testo: altri - e gli attrezzini per farli - vi divertirete a inventarli da voi. Un ultimo consiglio: non registrate tutto d'un fiato, ma in pezzettini, spegnendo ogni tanto con la pausa: così se sbagliate non dovete rifar tutto, ma solo l'ultimo pezzo. Allora, pronti?
Via. Si sente una musica, e una voce che dice i titoli, quelli che volete voi. Poi la musica sfuma, e cominciano i rumori: scalpiccìo di passi, plip-plop di gocce che cadono, fruscii e tonfi. Dopo un poco, una voce comincia a cantare un po' indecisa (una canzone che volete voi); e dopo un altro po', un'altra la interrompe in tono brusco. Siamo partiti, è comincia l'avventura.
MARCANDREA
Oh Mavio, La Pianti?
CHIARA
Ma dài, Mavcandvea, che fastidio ti dà?
MARCANDREA
Mi dà ai nev'vi.
STERPO
Ragazzi, basta. Stiamo calmini perché siamo in un bel guaio.
Siete sicuri che gli altri siano andati di là?
MARIA PAPPAMONDO
A me sembra di sentire le voci in fondo a questa galleria.
STERPO
Okay, fate silenzio.
Un paio di secondi di silenzio, poi un bello starnuto.
MARIO
Etcì!... Scusate. E' che c'è un umido in questa grotta...
CHIARA
Anch'io ho già il mal di gola. Ma come abbiamo fatto a perderli?
MARCANDREA
Be', ce l'aveva puv detto la maestva: non allontanatevi mai dal gvuppo...
STERPO
Oh, senti. Se avevi fifa stavi lì, chiaro?
MARIA PAPPAMONDO
Dài, Sterpo, adesso basta litigare. Proviamo da questa parte,
tanto queste maledette gallerie son tutte uguali.
Passi che si allontanano. Musica, e sulla musica voce del Narratore (è la sua musica, e d'ora in avanti parlerà sempre con quella).
NARRATORE
Eh sì, erano proprio in un bel guaio. Sedici classi insieme
non son facili da tener d'occhio in una gita. Se poi si visita una grotta
immensa, che sembra un labirinto formicaio, peggio ancora. Insomma, fra
trecento bambini, cinque hanno preso il bivio sbagliato, ed ora son lì
che vanno chissà dove, cantando o parlando forte per mascherare
la paura. Come titolare di una pila superpotente, apre la fila Mavcandvea,
che è il figlio di un banchiere molto ricco, e si chiama così
perché ha la evve moscia. Segue Sterpo, che si chiama così
perché è figlio del giardiniere, e con Mavcandvea è
sempre in gara per chi è il capo. Poi viene, masticando briosce,
Maria Pappamondo, che è una ciccia che mangia senza sosta, e per
questo si chiama così; e con lei, presa per mano, arriva Chiara,
che si chiama così anche se è cieca, ma lei ci scherza sopra
perché è una che è nata ridendo. E per ultimo chiude
la fila Mario, che si chiama così e basta. Davanti ai fasci delle
loro torce, il buio si apre come marmellata di more, e dietro si chiude
come un drago di bitume. Anzi, a proposito di torce: come stanno le batterie?
La musica sfuma, riprende l'azione.
STERPO
La mia sta dando gli ultimi.
MARIA PAPPAMONDO
La mia è già scarica da un pezzo.
MARCANDREA
Stvano: anche la mia supevpotente a mille ove di luce ha dei pvoblemi.
Anzi, guavda, guavda, guavda come tvema... Ohi! Andata.
MARIA PAPPAMONDO (piagnucolando)
Aiutooooo... Io questo buio non l'avevo visto mai... Voglio tornare
a casa!
MARCANDREA
Zitta, scema!... Povca misevia: cevto che buio è buio!
STERPO
Ecco, amen! Andata anche la mia. E adesso?
Musica del Narratore.
NARRATORE
E adesso siete nei pasticci, cari miei. Buio più nero di un
pezzetto di lavagna in fondo a un pozzo in una miniera di carbone. Tutto
sparito. Gli occhi chiusi o aperti, stessa identica cosa. E come tutti
i bambini di città, i nostri cinque amici il buio vero non l'avevano
mai visto. O meglio, i "quattro" amici non l'avevano mai visto: perché
una...
Via la musica.
CHIARA
Ehi, ragazzi.
MARIA PAPPAMONDO
Cosa c'è, Chiara?
CHIARA
Non avete pensato una cosa. Per me questo buio è normale.
MARIA PAPPAMONDO
Porco brioss! E' vero!
Musica del Narratore.
NARRATORE
Eh sì, proprio così: Chiara era cieca. Andava sempre
con loro, in tutti i giochi, o quasi tutti quelli che riusciva a fare.
E i quattro amici la guidavano per mano. Ma questa volta mi sa che cambia
il gioco...
Via la musica.
CHIARA
Allora, calma. Il buio è amico mio, non è da lui che
viene il pericolo, vi giuro. Maria, tienimi il golf, qui dietro. E gli
altri dietro, in catena. Ora vi posso ricambiare un po' di cose...
STERPO
Okay, vai Chiara. Io sto dietro la Pappamondo. Tu Mario tieniti a me.
Mavcandvea chiude la fila. Dài, partenza.
Si sente una musica misteriosa (non quella del Narratore, un'altra), si sentono passi, rumori di uno che inciampa, imprecazioni e "Ahi!". Insomma rumori di marcia al buio, per un poco. Poi finalmente:
STERPO
Ehi, Chiara! Ma perché ti sei fermata?
CHIARA
Ssss! Zitto!... Sniff sniff...
Rumori di naso, come uno che fiuta e annusa con attenzione.
MARCANDREA
Ma insomma cosa succede lì davanti? Pevché non pvoseguiamo?
MARIA PAPPAMONDO
Che cosa c'è Chiara, cosa senti?
CHIARA
Odore di alberi.
MARCANDREA
Dove?
CHIARA
Qui, sulla parete di roccia. Ma aspetta... Sniff, sniff... E' strano...
come fosse... sniff sniff... un odore lontano... alberi antichi...
MARCANDREA
Albevi antichi? Ma cosa stai dicendo?
Musica del Narratore.
NARRATORE
Ssssss! Laciatela fare, che vi conviene! Questa bimba, come molti ciechi,
ha gli altri sensi molto più acuti dei nostri, e per esempio ha
il fiuto di un cane. Adesso odora nel silenzio le pareti di roccia... Sì,
alberi antichi, un odore lontano, dimenticato, come di qualche cosa che
fu pini, ed ora è pietra nera profumata...
Via la musica, un grido.
STERPO
Fossili!!! Accidenti! Chiara, puoi sentire col naso i fossili!
CHIARA
Andiamo avanti.
MARCANDREA
Caspita! E' stvaovdinavio!
Come prima, musica misteriosa e passi, ma per poco.
CHIARA
Ecco, qui l'odore è cambiato. E' come un mare... Sniff, sniff...
Sì, odore di mare, ma poco...
MARIA PAPPAMONDO
Ma sei sicura, Chiara? E' strano: qui siamo in mezzo alle montagne,
il mare è a cento chilometri da qui.
MARCANDREA
Fevmi tutti! Stiamo sbagliando! Mavcia indietvo! Il mave fossile è
più pvofondo del bosco fossile, pevché eva qui pvima di lui.
Vuol dive che stiamo scendendo: bisogna tovnave indietvo, pev salive...
STERPO
Okay, vai Chiara, giriamo. Piano, fate attenzione, qui c'è
un sasso...
Musica del Narratore.
NARRATORE
E così, tra odori di fiume antico, di paludi sepolte, di grano,
di elefante morto da millenni, finalmente Chiara sente un odore di pini:
ma questa volta chiaro e forte, di pini veri e freschi, vivi e verdi. In
quel momento anche Maria Pappamondo fiuta un profumo, tenuissimo, lontanissimo
anche quello, ma inconfondibile per le sue narici.
Sfuma la musica, e Maria Pappamondo caccia un grido.
MARIA PAPPAMONDO
Braciole!!! Sante braciole benedette! Qualcuno sta facendo una grigliata,
o io non sono più la Pappamondo!
STERPO
Dài, corriamo!
Passi di corsa, e su questi la musica del Narratore.
NARRATORE
E via, di corsa, tenedosi per mano. Ora si vede addirittura un barlume,
laggiù in fondo. Corrono e corrono, incontro a quel lumino, che
si fa sempre più grande, più grande, più grande...
E infine smashhhh! Escono nella gran luce del mattino, nascondendosi gli
occhi. Sono sbucati da un'uscita secondaria, che è proprio sopra
il gruppo dei compagni. Per fortuna nessuno si è ancora accorto
dell'assenza, e le maestre stanno facendo un barbecue. I tre corrono in
discesa a perdifiato, con Mario che tira Chiara per la mano, e con Maria
Pappamondo in testa a tutti, con l'acquolina in bocca.
MARIA PAPPAMONDO
Ehi, ragazzi! Non saranno mica braciole fossili...
Risate di tutti e cinque. Musica, e titoli di coda.
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4 . MARIO INUTILE
Storia per una Teatronovela sul Ciclo dell'Azoto
Cos'è una "teatronovela"? Non esiste, me la sono inventata io. In gergo tecnico si dovrebbe dire teatro di situazione, o "situation comedy", come dicono gli inglesi. In sostanza si tratta di questo: una scena recitata, un po' statica, in cui non ci sono pugni o fatti strani; ci sono alcuni tipi che parlano tra loro in una stanza, come succede nella vita quotidiana, o nelle telenovelas, per l'appunto. Ecco, in questa breve "teatronovela" ci sono quattro amici che parlano e litigano in una stanza, e alla fine arriva un quinto e fanno pace. Qui però c'è anche un Narratore, che parla come una voce fuori campo. E dice questo.
NARRATORE
E' un pomeriggio noioso di novembre, di quelli che ci mancava solo
l'azoto da studiare. Quattro bambini si sono trovati insieme, per cercare
di dividere il tedio almeno in quattro: se non in cinque, come in genere
succede. Sì, perché questa sera manca Mario. C'è Mavcandvea,
che è il figlio di un banchiere molto ricco, e si chiama così
perché ha la evve moscia. C'è Sterpo, che è figlio
del giardiniere, e per questo si chiama così; c'è Maria Pappamondo,
che si chiama così perché è una ciccia che non smette
mai di mangiare; e c'è Chiara, che si chiama così anche se
è cieca, ma lei ci scherza perché è nata ridendo.
Manca Mario, ma per loro fa lo stesso, a quanto pare. Proprio lo stesso?
MARCANDREA
Pvopvio la stessa cosa che ho detto io, con pavole divevse. Pevché
vipeti?
STERPO
Io non ripeto, io ti sto spiegando. Si chiamano microrganismi fissatori
perché sono gli unici che fissano l'azoto. Nessun altro lo può
fissare.
MARIA PAPPAMONDO
E voi due invece vi siete fissati, questa sera. E' mezz'ora che litigate:
perché non ci date un taglio?
MARCANDREA
Oh, Pappamondo! Pevché non ti fai gli affavi tuoi?
CHIARA
Dài, basta, leggete. Maria, leggi tu.
MARIA PAPPAMONDO
L'azoto è un elemento poco evidente, in natura...
MARCANDREA
Lo sapete cosa vuol dive azoto? L'ho cevcato sull'enciclopedia del
mio papà.
STERPO
Ah be', allora...
MARCANDREA
Vuol dive "senza vita, pvivo di vita". Un nome che è tutto un
pvogvamma.
STERPO
Perché il tuo non è un programma? Mavcandvea!
MARCANDREA
Sempve meglio di Stevpo, che ne dici?
STERPO
Io non mi chiamo Sterpo.
MARIA PAPPAMONDO
E dàgli! Basta!
MARCANDREA
Tu poi favesti meglio a stave zitta, che Pappamondo è un pvogvamma
eccezionale.
MARIA PAPPAMONDO
Io mi chiamo Maria, non Pappamondo! E Maria è il nome più
bello che c'è.
STERPO
Il più comune che c'è, vorrai dire. Ce l'hanno tutti
in Italia, come Mario.
MARCANDREA
Mavio e Mavìa, che bella fantasia.
CHIARA
Ma Mario che fine ha fatto, lo sapete?
NARRATORE
Ahi. Ecco un punto dolente. Mario non si fa più sentire da sei
giorni. Hanno telefonato a casa sua, ma non risponde mai nessuno. Sono
passati sotto le sue finestre: sempre chiuse. E' sempre stato un bambino
silenzioso, poco apparente, una comparsa nelle avventure con gli amici.
Anche il suo nome è banale, come lui. Ma sparire addirittura nel
nulla: be', è un po' troppo. Chissà cosa gli è successo...
STERPO
Ma cosa volete che gli sia successo? Non gli succede mai niente, a
quello lì.
CHIARA
Tu che ne sai? Te l'ha detto lui?
MARCANDREA
Ma cosa vuoi che dica? E' sempve zitto...
CHIARA
Sarà perché parlate troppo voi.
MARIA PAPPAMONDO
Be', Chiara, ti ci metti anche tu a provocare?
CHIARA
Perché, io chi sono? Non posso litigare? Se fate gli imbecilli,
non posso dirlo?
MARCANDREA
Chi savebbe imbecille?
CHIARA
Tutti voi, qualche volta, tranne Mario.
NARRATORE
Insomma, quella musica andava avanti da tre giorni. Non potevano cominciare
un gioco nuovo, o un libro, o guardare un cartone alla tivù, che
non finisse a litigate in tre minuti. Era come se nel loro affiatamento
si fosse rotto qualcosa, si fosse aperto un vuoto: un buco piccolo piccolo
ma importante, in cui andavano a inciampare senza scampo. Loro non lo capiranno
mai, ma quel buco ha anche un nome.
MARIA PAPPAMONDO
Mario? E cosa c'entra Mario adesso?
CHIARA
C'entra, perché voi pensate che bisogna sempre parlare, e fare,
e beccarvi per essere i primi in tutto! Uffa, sono tre giorni che non vi
sopporto più!
MARCANDREA
Oh, senti, Chiavetta! Mica ti tiene legata nessuno, eh?
CHIARA
E infatti. Ciao!
MARIA PAPPAMONDO
Aspetta, ti accompagno...
CHIARA
No, grazie! So cavarmela da sola!
STERPO
Dài, Chiara, avanti... Stavamo scherzando...
MARIA PAPPAMONDO
Scherzando un corno! Se se ne va lei, vado via anch'io!
STERPO
Allora tutti a casa, via, forza! Stasera non attacca, a quanto pare.
NARRATORE
Drin, drin, driiiiiin! Campanello. Due suoni corti e uno lungo, cioè
il segnale della cricca. Tutti muti: non può essere che lui. E infatti
ecco: Mavcandvea corre ad aprire, e torna in stanza con Mario, che entra
col suo risolino impacciato.
Tutti gridano e fanno baldoria, feste e pacche e domande. Ed alla fine:
STERPO
Ma insomma, dov'eri finito, disgraziato?
MARIO
Niente, sono andato una settimana da una zia.
MARCANDREA
E non potevi divlo, accidenti?
MARIO
Mah... Io pensavo...
CHIARA
Dillo cosa pensavi.
MARIO
Beh, no... pensavo...
CHIARA
Mario... Per una volta: dillo.
MARIO
Oh, insomma: pensavo che non ve ne sareste neanche accorti.
Un bel silenzio lungo, con tutti che si guardano le mani, tranne Chiara. Sì, ora è il suo compito rompere quel muro.
CHIARA
Ma dài, scemo...
E lo cerca con la mano, per dargli un pacca. Tutti, come d'incanto, si mettono a ridere, e dire battute, e dare pacche per scherzo. Fanno festa.
MARCANDREA
Ma cosa dici, cvetino!
MARIA PAPPAMONDO
Ma cosa ti salta in mente?
STERPO
Cosa dici!
NARRATORE
Sì, cosa dici Mario? Lo sai, non sei mica il solo... Anche se
molti genitori si sforzano di dare nomi strani e originali - Michael, Deborah,
Selene, Mavcandvea - noi bambini saremo sempre Mario, tutti Mario: quelli
piccoli e inutili, quelli che non gli capita mai niente. Ma provateci pure
a far marciare il mondo, senza Mario...
MARIA PAPPAMONDO
Allora, Mavcandvea, brutto spilorcio! Tira fuori quel cioccolato da
due chili che tieni per le occasioni! Oggi è festa!
Grida, risate, pacche, festa, e fine.
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5 . SPUTO SOLARE
Storia per uno spettacolo di Teatro d'ombre sull'Energia
Nucleare
Cos'è il "teatro d'ombre" sicuramente lo sapete: è un teatro che mostra, invece che attori in carne ed ossa, ombre proiettate su un telo bianco dal di dietro. Per farlo ci vuole una grande stanza, con un lenzuolo teso in alto con la corda. Bisogna lasciare un bel po' di spazio dietro, dove mettere una lampada potente (quelle alogene a stelo da casa, almeno trecento watt). In questo caso, siccome prima delle ombre si vedranno gli attori, bisogna lasciare spazio e mettere una lampada anche davanti al telo, dove sta il pubblico: anzi, mettetela in modo che gli attori davanti al telo proiettino già le ombre su di esso, come se fosse un muro. Poi capirete perché: ora iniziamo.
La scena davanti è vuota. Entrano ad uno ad uno i cinque amici, presentati da una voce fuori scena, un Narratore, che comincia così.
NARRATORE
E' un pomeriggio orrendo di febbraio, piove da quasi un mese. Quei
pomeriggi che guardando fuori, dietro i vetri, i bambini pensano: bene,
al mondo non succederà più niente di buono. Per questo arriva
come una vacanza la telefonata agitata di Sterpo: emergenza livello otto,
trovarsi tutti al solito muretto. Ed eccoli che arrivano uno ad uno: arriva
Mavcandvea, che è il figlio del banchiere e si chiama così
perché ha la evve moscia. Arriva Maria Pappamondo, che è
una ciccia che non smette un secondo di mangiare, e per questo si chiama
così; e con lei, presa per mano, arriva Chiara, che si chiama così
anche se è cieca, ma lei ci scherza perché è nata
ridendo. Arriva Mario, che si chiama così e basta. E per ultimo
Sterpo, che si chiama così perché è figlio del giardiniere,
e che si becca sempre con Mavcandvea per stabilire chi è più
tosto. Ma questa volta non ha testa per le gare: entra agitato, muto e
misterioso, e con in mano un gran secchio da giardino.
MARCANDREA
Allova Stevpo: cosa ci povti di bello, un vadicchio?
STERPO
Piantala Mavcandvea, non è il momento. Guardate tutti qua.
Nel dir questo posa il secchio per terra, e quattro facce - perché Chiara si avvicina ma non guarda - vi si sporgono dentro, e sgranano gli occhi: dentro il secchio c'è una luce che li illumina (una pila accesa, oppure una lampada che accende Sterpo in qualche modo).
MARIA PAPPAMONDO
Porca pasta, ma cos'è: terra fatata?
MARCANDREA
Tevva fosfovescente?
CHIARA
Cosa c'è? Cosa c'è?
MARIO
C'è una terra che fa luce.
STERPO
Non è la terra che fa luce: è un cosino che c'è
sepolto dentro.
MARCANDREA
Avanti, Stevpo, sputa la stovia inteva. Cosa savebbe "un cosino"?
NARRATORE
E via: Sterpo racconta. Era lì con suo padre nel giardino comunale,
che lo aiutava a sistemare le aiuole, quando la sua zappa rovescia fuori
una cosa luminosissima che era sepolta sotto. Non l'ha potuta guardar bene,
perché era proprio accecante, ma bastava e avanzava: quella roba
era strana, troppo strana. Ha preso su con una bella vangata terra e tutto,
ha buttato in un secchio, ed è corso a chiamare l'emergenza.
Mentre il Narratore dice queste cose, i quattro tirano fuori quattro occhiali da sole, li inforcano, e con quelli tornano a sporgersi sul secchio.
CHIARA
E' uno sputo del sole. Sì, forse è così: con questo
freddo anche il sole è raffreddato, e ha mollato uno starnuto così
forte che un piccolo sputino ha superato il fazzoletto dell'atmosfera,
ed è arrivato giù.
MARIA PAPPAMONDO
No, ve lo dico io che cosa è. Ho finito da poco di leggere "Il
Signore degli Anelli", e ora lo so: è un anello fatato. Come quello
che portava Frodo Baggins, così potente che tutti lo vogliono, ma
chi ce l'ha è maledetto, e non sa più come fare a liberarsene.
E alla fine lo caccia in un vulcano.
MARCANDREA
Spiacente, cave amiche: è una scovia. Dietvo il giavdino c'è
quel centvo di vicevche, e dev'esseve uscita di lì. Fate attenzione
che magavi è vadioattiva.
NARRATORE
Uno sputo solare, o l'Anello fatale dell'Hobbit, o una scoria? Chi
lo sa, forse tutte e tre le cose insieme. Fatto sta che quando Chiara mette
la mano dentro il secchio, Sterpo la blocca con un urlo.
STERPO
Noooo! Ferma lì, Chiara, sei pazza? Guarda che se lo tiri fuori
ci brucia gli occhi a tutti quanti!
CHIARA
A me no...
MARCANDREA
Chiavetta, io l'ho ho capito cosa stai pensando, sai. Ma fovse è
meglio di no: è pevicoloso.
CHIARA
Per voi, forse: non per me.
NARRATORE
Bene, e lì partì una discussione. Come vi ho detto già,
Chiara era cieca. E pensava, non senza logica, così: se questa luce
acceca uno che vede, forse allora fa vedere uno che è cieco. Insomma,
i pro e i contro erano due a due: e allora Chiara, che era il quinto e
la diretta interessata, fa il suo colpo di testa.
CHIARA
Fatevi indietro, ragazzi, io ci provo...
STERPO
No, ferma Chiara, non farlo!
Ma Chiara è velocissima: infila una mano nel secchio, fruga
un poco, tira fuori il pugno chiuso, lo tiene un po' in alto, e infine
lo apre... E plunk! Nello stesso momento, buio pesto in tutta la sala e
musica misteriosa. I quattro amici ne aprofittano: fanno il giro del lenzuolo,
si portano di dietro, e lì assumono pose strane incantate. Chiara
resta dov'è. Poi si riaccende la luce forte, ma stavolta quella
di dietro, e proietta le quattro ombre esattamente dov'erano prima: solo
che ora i corpi son spariti (capito il trucco?). Si vede solo Chiara, col
suo pugno levato, ora di nuovo chiuso, e illuminata solo fiocamente dalla
luce diffusa dal telo. Chiama, grida.
CHIARA
Ehi!... Dove siete!... Mario, Maria, accidenti!... Mavcandvea, Sterpo,
rispondete... Dove siete finiti!
MARIA PAPPAMONDO
Porca bistecca son diventata un'ombra!
MARCANDREA
Incvedibile! Anch'io!
STERPO
Chiara, mi sa che abbiamo fatto un bel pasticcio.
Chiara si avvicina al telo, lo tocca (e qui potete fare dei bei giochi di gesti tra le ombre e l'attrice)
CHIARA
Sento le voci, ma tocco solo il muro!
MARCANDREA
Pev fovza: ci hai stampato sul muvo, sovellina. L'avevo detto io che
eva vadioattivo!
MARIA PAPPAMONDO
Macché. E' la potenza dell'Anello! Anche un'altra fiaba parla
di uno che s'era venduto l'ombra: per un anello magico, mi sembra.
MARCANDREA
Evvove, cava: eva un povtafoglio.
CHIARA
Questo non è un portafoglio: è uno sputo di sole.
STERPO
Va bene! Quando avete finito di discutere mi fate un fischio, e vediamo
come fare per uscire da questo muro. D'accordo?
CHIARA
Hai ragione, scusa Sterpo, mi dispiace.
MARCANDREA
Mai dive mi dispiace. Vimediave.
CHIARA
E come?
STERPO
Senti, proviamo a fare il contrario, vediamo se va. Ricaccia quel maledetto
coso nella terra.
CHIARA
Okay, attenzione: provo...
Chiara armeggia con la mano nel secchio, e via, tutta la scena all'incontrario: buio, musica, i quattro amici ritornano davanti, si accende la luce davanti, ed eccoli di nuovo lì, chini sul secchio.
MARCANDREA
Povca misevia!
MARIA PAPPAMONDO
Santa brioscia!
STERPO
Peste!
MARIO
Chiara? Hai visto qualcosa, almeno?
CHIARA
Boh... Forse sì, ma erano cose strane... Come ombre...
MARCANDREA
Bene. Evavamo noi.
STERPO
Ora però dobbiamo sbarazzarci di questa schifezza.
MARCANDREA
Una pavola! E come? Quella è una scovia vadioattiva, vagazzi:
sono cavoli nostvi! Non si può metteve da nessuna pavte.
MARIA PAPPAMONDO
L'avevo detto? In tutte le favole è così: c'è
un anello o una pietra potentissima, e chi la conquista diventa fortissimo
e incantato. Ma quando poi vuole mollarla non ci riesce.
NARRATORE
Chi ha ragione: le favole o la scienza? Comincia un'altra bella discussione.
Chi dice di seppellirla nel giardino della banca; chi di gettarla in mare;
chi di darla ad un mago, che se la sbrighi lui; chi di mangiarla.
MARCANDREA
Mangiavla? Ma savai pazza?
MARIA PAPPAMONDO
Perché? Guarda, bimbo, che il mio stomaco può distruggere
ben altro.
MARCANDREA
Ah, questo è poco ma sicuvo, tuttavia...
MARIA PAPPAMONDO
Tuttavia guarda!
E rapida come un fulmine Maria Pappamondo si tappa gli occhi con una mano, infila l'altra nel secchio, poi se la porta alla bocca, e butta giù. Pausa, attesa, silenzio. I quattro amici si guardano allibiti, si toccano per vedere se son vivi, vanno al lenzuolo e toccano le ombre. Infine, rinfrancati, corrono da Maria, che mastica facendo facce strane.
CHIARA
Maria!... Maria!... Come stai?
MARIA PAPPAMONDO
Bene. Non è che ce n'è dell'altro?
Risate, pacche e musica. E' finito.
Questa pagina è online dal 16/11/97.
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