Secondo anno, Bologna, 1 agosto 1992
LE ANTIGONI
DELLA TERRA
a cura di Bruno Tognolini
Dunque, sul secondo percorso dell'Antigone non c'è racconto già scritto, e non è questo il luogo e il tempo di scriverlo. Abbiamo solo i testi, e nelle solite forme funzionali di "copioni" - poco più che promemoria per la scena - che abbiamo già incontrato nell'Antigone del '91. Ad essi aggiungerò solo una breve nota di cronaca, necessaria a capirne termini e carateristiche altrimenti incomprensibili.
Luglio 1991, ancora Villa Guastavillani, e sotto la guida di Marco Baliani ancora una compagnia di centoventi: un centinaio di giovani attori (gli stessi e altri), organizzatori, tecnici, drammaturghi. Le novità più sostanziose riguardano l'organizzazione del lavoro collettivo, e il trattamento dei temi. L'atteggiamento etico - e quindi narrativo - di fronte ai temi e al compito lascerò che trapeli dai testi stessi. L'organizzazione, invece, ruotava su una macchina di una certa complessità, che va tracciata almeno in sintesi.
Era attivo un gabinetto drammaturgico centrale, coordinato da Marco e da me, con l'aiuto di Francesco Guadagni ed Eleonora Fumagalli. Ad esso facevano capo cinque drammaturghi, che lavoravano fianco a fianco con cinque registi: Alessandro Quattro con Anna Amadori, Alessandra Latino con Fulvio Ianneo, Marco Pernich con Maria Maglietta, Vincenzo Todesco con Coco Leonardi, e Paolo Dalla Sega con Gigi Tapella.
Ogni regista (la "guida") coordinava il lavoro di due gruppi, grazie all'aiuto e alla mediazione di due "skipper". Ciascuna di queste cinque unità creative (regista + drammaturgo + 2 skipper + 2 gruppi) lavorava sul racconto di una strage, con l'obiettivo di produrre un'azione in due varianti (i due gruppi) o, se si vuole, un testo con due messe in scena.
L'amalgama creativo, la costruzione del filo del senso, passava per due nodi: incontri quotidiani densi e operativi tra Marco, le cinque guide, i dieci skipper e tutti i drammaturghi; e altri incontri, più radi e silenziosi, che avvenivano tra me e ciascuno dei cinque drammaturghi.
Nella giornata, Marco Baliani vagava per i siti di lavoro prescelti dai gruppi, seguendone il lavoro; e col passare dei giorni sempre più spesso si rinchiudeva con me nel "gabinetto drammaturgico", a elaborare il testo per il finale di Piazza Maggiore.
Così la macchina del laboratorio procedeva,
con slanci e attriti, intenti e problemi anche assai diversi dall'anno
precedente, verso il giorno della rappresentazione. Di questi quindici
giorni di lavoro, e dell'unica notte di spettacolo, sono rimasti questi
testi, che ora trascrivo.
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Comitato di solidarietà
alle vittime delle stragi
ANTIGONE DELLE CITTA'
Una cerimonia civica e teatrale per la memoria
delle vittime della strage di Bologna
Secondo anno, Bologna, 1 agosto
1992
LE ANTIGONI DELLA TERRA
LE DIECI PIAZZE
a cura di Bruno Tognolini
Sulle sedie predisposte nelle dieci piazze
il pubblico ha trovato questo volantino, scritto da me. Dal momento che
non c'è racconto dell'evento, al volantino affiderò ancora
il compito di ricapitolarne gli intenti e la struttura.
Bologna, sera del primo agosto 1992
LE ANTIGONI DELLA TERRA
Siamo venuti in queste piazze, come un anno fa,
per ricordare. Ricorderemo le stragi e i loro morti. Ripeteremo i nomi
e i fatti, per chiedere ancora che la verità sia detta tutta intera,
e quei morti abbiano pace. E ricorderemo perché c'è chi vuole
che tutto sia dimenticato. Noi, questa notte, con voi, vogliamo dire che
opporremo resistenza a quest'oblio.
Per ricordare racconteremo, col teatro. Lo scorso
anno abbiamo raccontato la strage di Bologna. Ma le stragi sono state tante
in quegli anni, e ancora non sono finite. Così Bologna, Antigone
delle città, prende su di sé il compito di raccontare col
teatro non soltanto i suoi morti, ma i loro compagni di città diverse,
uniti insieme in un solo e doppio destino: prima il progetto stragista,
e oggi il silenzio.
Quest'anno racconteremo cinque stragi, cinque
offese a noi e alla verità.
La strage di Piazza Fontana, Milano, 12 dicembre
1969: quattordici morti.
La strage di Piazza della Loggia, Brescia, 28
maggio 1974: otto morti.
La strage del treno Italicus, tra Firenze e Bologna,
4 agosto 1974: dodici morti.
La strage del DC9, Ustica, 27 giugno 1980: ottantuno
morti.
La strage di Bologna, 2 agosto 1980: ottantacinque
morti.
Duecento vittime, nessun colpevole.
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Per queste cinque stragi, racconteremo col teatro
cinque storie. Vedrete passare una processione di teatro. Gli attori che
vedrete andar via da qui, dopo ogni storia, andranno in un'altra piazza
a raccontarla di nuovo; ed altri arriveranno da un'altra piazza, dove avranno
già raccontato. Cento attori gireranno in processione, per raccontare
e ricordare, in dieci piazze della città.
Come vedete, non è solo uno spettacolo
teatrale. E' una cerimonia del ricordo. E' una veglia. Non vi chiediamo
di guardare e di applaudire, non vogliamo solamente spettatori: vogliamo
donne e uomini che compiono un'azione, che fanno questa veglia con
noi.
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Il racconto delle stragi, e la processione del
teatro, sarà la prima parte. Dopo questa, la veglia continuerà
in Piazza Maggiore. Lì sentiremo parlare della peste che ha devastato
un regno. Vedremo il Re Edipo, il suo indovino Tiresia, e Antigone, che
torna in quella piazza dopo un anno. Ci interrogheremo sulla verità,
su come può essere difficile chiederla, e pericoloso trovarla.
Il Re e l'Indovino parleranno di questo: Antigone
no, parlerà d'altro. Dirà ancora che l'unica forza che abbiamo
è non dimenticare, anche se è sempre più difficile,
e anche se sembra vano.
Piazza Maggiore finirà con la nascita
di un giardino. Abbiamo portato migliaia di piccoli rami, su cui è
fiorita una sola foglia. Su ognuna di queste foglie è scritto il
nome di un morto, un caduto delle cinque stragi che abbiamo narrato, e
delle altre. Ci aiuterete a piantare questi rami sulla collina di terra
che è sorta in Piazza. Sarà un augurio, perché un
giorno il paese devastato dalla peste possa tornare ad essere giardino
di nomi e di memoria. Qui finirà il nostro teatro.
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Ma per tutta la notte, alla stazione, molti attori di molte città si daranno il turno per recitare fino alle dieci e venticinque di domattina, l'ora dello scoppio. Diranno senza sosta le stesse parole di Edipo, Tiresia e Antigone che avremo sentito in piazza: come monaci officianti di una preghiera civile, mentre noi dormiremo, veglieranno per noi. Non chiediamo che ci siate, ma che lo sappiate.
Queste sono le parti della veglia, la cerimonia
che vi offriamo per dire anche quest'anno, e nel modo più forte,
la nostra resistenza all'oblio.
(Seguivano due brani estratti dal contrasto
di Tiresia e di Edipo in Piazza Maggiore. Il testo è riportato in
queste pagine per intero, e quindi non lo anticiperemo)
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L'azione partiva dunque contemporaneamente
in dieci piazze, e una rotazione complessa guidava il migrare e l'avvicendarsi
dei gruppi su queste dieci scene. In ciascuna piazza un "Prologo", un volontario
(spesso nemmeno attore), presentava l'evento leggendo questo testo, scritto
da me.
Cittadini, ascoltate.
Antigone delle Terre vi saluta.
Siamo qui insieme, come un anno fa, per ricordare.
Ricorderemo le stragi e i loro morti.
Ripeteremo i nomi e i fatti,
per chiedere ancora che la verità sia
detta tutta intera,
e quei morti abbiano pace.
E ricorderemo
perché c'è chi vuole che tutto
sia dimenticato.
Noi, questa notte, con voi, vogliamo opporre
resistenza a quest'oblio.
Per ricordare, racconteremo col teatro.
Lo scorso anno abbiamo raccontato la vostra strage,
la strage del 2 agosto.
Ma le stragi sono tante, e crescono ogni giorno.
Così - abbiamo pensato - doveva crescere
anche il nostro ricordo, ed il racconto.
Quest'anno racconteremo cinque stragi, cinque
offese a noi e alla verità.
Le stragi di Piazza Fontana, di Piazza della
Loggia, del treno Italicus, di Ustica, e della stazione di Bologna.
Duecento vittime, nessun colpevole.
Per queste cinque stragi, racconteremo col teatro
cinque storie.
Vedrete passare una processione di teatro.
Gli attori che vedrete andar via da qui, dopo
ogni storia, andranno in un'altra piazza a raccontarla di nuovo, ed altri
arriveranno da un'altra piazza: cento attori gireranno in processione,
per raccontare e ricordare, in dieci piazze della città.
Come vedete, non è solo uno spettacolo
teatrale.
E' una cerimonia del ricordo.
E' una veglia, che comincia in dieci piazze del
centro, e continua in Piazza Maggiore.
Non vi chiediamo di guardare e di applaudire,
non sarete soltanto spettatori:
sarete donne e uomini che compiono un'azione,
che fanno questa veglia con noi.
Questa veglia è la forma che vi offriamo,
per dire insieme la nostra resistenza
all'oblio.
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(STRAGE DI BOLOGNA)
Drammaturgia: Alessandro Quattro
Regia: Anna Amadori
ARALDO
Concittadini, lavoratori,
sognatori di cose migliori,
ho una notizia da farvi tremare,
qui dietro l'angolo sta per sbucare
il circo dei circhi, il Circo Statale.
Vedrete prestigi, illusioni, acrobazie,
ma non guardate me, non sono mie.
Del circo io sono solo il banditore,
pagato un po' a forfait ed un poco ad ore
per muovere la bocca ed annunciare
il grande baraccon tentacolare
che tutti ci ingloba, dirige e manovra,
come nel mare una vecchia piovra.
Ascoltate! Ascoltate!
Vi parlerò di cose passate,
di un passato che ha voce potente,
tanto da dire che è il nostro presente.
Una bomba esplode sabato 2 agosto 1980 nella sala
d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, uccidendo 85 persone
e ferendone altre 200.
Una bomba che sembrava un pezzo di formaggio,
collegata ad un'altra piccola carica chiamata "Compound B" - una bomba
disponibile solo ai militari.
Sei mesi dopo ,sul treno Taranto Milano, viene
ritrovata un'altra bomba uguale alla prima - questa però inesplosa
- in una valigia con mitra MAB, proiettili, passamontagna, giornali e documenti
di terroristi francesi e tedeschi. Roba da far pensare a un complotto internazionale.
Ma qui comincia il circo nostrano,
ché l'intrigo è tutto italiano.
La valigia l'hanno piazzata il generale Belmonte e il colonnello Musumeci dei servizi segreti, per depistare le indagini.
Si va al processo,
che, credete, nel nostro circo
è già un gran successo.
Si accerta che: Valerio Fioravanti e Francesca
Mambro, due "ragazzini "della destra eversiva, erano in stazione il 2 agosto,
vestiti da turisti tedeschi.
Si accerta che: il terrorista nero Sergio Picciafuoco
era in stazione il 2 agosto, e dopo lo scoppio si fece medicare al pronto
soccorso, dando un nome falso .
Si accerta che: Massimiliano Fachini, nuova guida
del neofascismo veneto, aveva già fornito esplosivo di provenienza
militare per altre stragi, anche per un attentato all'On. Tina Anselmi,
presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica
P2.
Dopo 18 mesi e 205 udienze: ergastolo a Picciafuoco,
Fachini, Fioravanti e Mambro, responsabili della strage; 10 anni a Musumeci,
Belmonte, Pazienza e Licio Gelli, della P2, responsabili dei depistaggi.
Concittadini, lavoratori,
chi è dentro è dentro,
chi è fuori è fuori.
Chi ascolta sente,
chi guarda impara.
Ma resta ancora
la parte amara.
Luglio '90, secondo processo:
tutti assolti
" perché il fatto non han commesso ".
Ragazzi, bambine, signori,
dovran pur servire a qualcosa,
in un circo, i gladiatori.
Sì, quei tali
che, dopo le grandi guerre mondiali,
subito un'altra ne hanno inventata,
una guerra civile, bastarda, e drogata,
per cui sono morti fin troppi innocenti.
State attenti! State attenti!
Qui non c'entrano i sentimenti,
si parla di vita, si parla di morte,
di quel che ci è tolto chiamandola sorte.
Ma ecco, laggiù, li sento arrivare.
Meglio ch'io vada o mi faranno saltare!
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Entra il DIRETTORE su un carretto spinto dall'ASSISTENTE; al suo seguito i COMMEDIANTI con valige e oggetti di scena.
DIRETTORE
Buona sera, signore e signori, benvenuti al Circo
della Verità Negata, della parola imprigionata, della vita bloccata
su un treno in corsa.
L'AIUTANTE spalanca una valigia, ed è lo scoppio della bomba.
DIRETTORE
Ma partiamo subito col nostro primo numero: l'acrobazia
delle parole grosse!
L'AIUTANTE copre i volti dei COMMEDIANTI con fogli di carta da giornale.
VOCE 1
E' con parole di orrore, sdegno e condanna per
il vile, esecrando eccidio...
VOCE 2
... con cordoglio, smarrimento e commossa partecipazione...
VOCE 3
... in un corale abbraccio di palpiti e lacrime
dell'intera classe politica...
VOCE 4
... che saprà reagire con fiera compostezza
a quest'infame affronto...
VOCE 5
... saprà assicurare al paese, una volta
per tutte, una guida sicura...
VOCE 6
... colpirà tempestivamente gli assassini
che attentano alla civile sopravvivenza della nostra repubblica...
VOCE 7
Le stragi rimangono impunite perché lo
stato non può condannare se stesso né proclamare se stesso
colpevole.
Il DOMATORE interrompe bruscamente: tutti tacciono. Poi indietreggiano battendo i giornali.
DIRETTORE
Niente paura, ci sono io a confondergli lo sguardo.
Avanti, anime in pena, fateci vedere di cosa
siete capaci!
Avanzano ripetendo azioni quotidiane dimenticate: il DIRETTORE li interrompe.
DIRETTORE
Basta, basta. Continuiamo con l'acrobazia del
silenzio.
Il DIRETTORE dirige come un maestro d'orchestra.
CORO
Noi siamo gli spettri
condannati a passeggiare di notte
e a digiunare in mezzo al fuoco, di giorno,
finché non saranno purgati e bruciati
i delitti compiuti nei nostri giorni terrestri.
Se non ci fosse vietato di raccontare
i segreti della nostra prigione,
potremmo dirvi cose
di cui la più lieve
vi strazierebbe l'anima.
UNA VOCE DEL CORO
Siamo capaci di starcene in silenzio per anni,
ma se ci apriamo un varco oltre la polvere, allora...
CORO
... si parla, si parla, si parla...
iL DIRETTORE li zittisce con un gesto, si volge al pubblico e sostiene il silenzio.
DIRETTORE
Ma non creiamo troppa tensione: acrobazia della
danza interrotta!
Uno dei COMMEDIANTI esegue una danza sconnessa, fino a cedere stremato. Sulla danza il DIRETTORE dice:
DIRETTORE
Comincerete ad aver paura
indietreggerete in fondo alla stanza
indietreggerete in fondo al tempo
indietreggerete in fondo al cranio
chiuderete gli occhi
tratterrete il respiro
e non esisterete più
proprio come non foste mai esistiti.
Il DIRETTORE resuscita con un colpo il danzatore caduto, che torna con il gruppo a formare una fotografia.
DIRETTORE
Bene, signore e signori, per questa sera abbiamo
terminato.
Niente applausi, grazie. Abbiamo fatto solo il
nostro dovere.
Del resto, oggi che il nostro circo ha di nuovo
raggiunto la potenza d'altri tempi, dovremmo dimenticarsi tutti quanti
di certe accuse da baraccone. Buona continuazione.
Nell'uscire dalla piazza col suo AIUTANTE, grida ai COMMEDIANTI:
DIRETTORE
E voi sbrigatevi, c'è un'altra piazza
che aspetta il Circo della Verità negata.
I COMMEDIANTI si preparano a partire. entra ANTIGONE da dietro la collina, con un fascio di rami verdi.
ANTIGONE
Aspettate, non andate via ancora.
Vi ho incontrato un anno fa su questa piazza,
e niente è cambiato. Continuano a seppellire le vostre voci nella
polvere.
Ma io vi ascolterò, sempre.
Pianta un arboscello. I COMMEDIANTI si avviano per uscire dalla piazza, e si rivolgono al pubblico.
VOCE 1
Stavo partendo.
Volevo fare il giro del mondo
e mi hanno fermato.
Stavo partendo,
ma se volete io torno.
VOCE 2
Avevo troppi sogni,
mamma, in stazione.
Partire per la prima volta,
avevo il cuore in tumulto
e come un presagio.
Addio fratelli, ciao papà.
VOCE 3
Ero in divisa.
Mi avevano detto
che ero al servizio
del nostro paese.
E dissi "lo giuro".
Ed è la mia storia.
VOCE 4
Non l'avevo mai visto
il cielo
in fondo alla stazione.
VOCE 5
Aveva raccolto un fiore
e posato l'aveva sul mio seno.
Dov'è adesso il mio fiore?
VOCE 6
E io andrei in collina
a farmi un bel bianco
frizzante.
VOCE 6 BIS
Non voglio inputridire
come il salice
nella palude.
Voglio ardere
come quercia
nelle infiammate nubi.
VOCE 7
Giudici, maestri giudici,
io li ho visti,
li ho visti in faccia,
con la valigia in mano,
venirmi vicino, sorridere
e dire "buongiorno".
Ma dove li cercate,
signori giudici?
Io li ho visti
io li ho visti
e sono loro a comandare.
ANTIGONE esce dalla parte opposta dei commedianti, dicendo:
ANTIGONE
Custoditeli bene, i vostri morti,
custodite la loro forza in posti sicuri,
perché i vostri nemici li stanno cercando
per portarseli via.
Senza la loro protezione,
sarete in pericolo due volte.
Basta una pietra, un vaso di gerani,
un albero secco, oppure niente.
La cosa più sicura è portarveli
dentro,
tenerli con voi,
perché un giorno potrete chiamarli
per nome ad uno ad uno.
Esce.
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(STRAGE DI BRESCIA)
Drammaturgia: Alessandra Latino
Regia: Fulvio Ianneo
ARALDO
28 maggio 1974. Questa mattina è successo
un fatto terribile. Io e gli altri eravamo in Piazza della Loggia, alla
manifestazione antifascista. C'erano più di tremila persone: operai,
studenti, insegnanti, cittadini. Sugli striscioni avevamo scritto: basta
a troppi anni di violenze. Pioveva, la piazza era un mare di ombrelli lucidi.
Ci siamo riparati sotto i portici, vicino all'edicola: i cortei entravano
lentamente e si disponevano attorno al palco. Alle dieci il sindacalista
inizia a parlare; di Almirante, delle sue squadracce nere, di quello che
sta succedendo qui a Brescia. Alle dieci e dodici minuti un boato secco
interrompe le sue parole.
Al momento non abbiamo capito cosa fosse successo.
Poi tutto è stato chiaro. Sono corso sotto i portici, verso la Torre
dell'Orologio e ho visto. Non dimenticherò più: sotto la
pioggia i corpi straziati coperti dalle bandiere a brandelli, i feriti
che gridavano, lo sguardo sconvolto di tutti noi. La voce al megafono continuava
a ripetere le stesse parole, cercava di riportare la calma.
Io sono corso a casa e ho gridato: "una bomba,
in Piazza Loggia!". Mia madre ha bevuto un bicchiere d'acqua e si è
seduta, pallida. Ha detto soltanto, a bassa voce: "Non si muore così".
Io sono giovane e devo conservare la speranza.
Oggi la mia speranza l'hanno sdradicata, come un albero. Ma non voglio
solo disperazione e rabbia. Voglio capire e metterli insieme i tasselli
del rompicapo.
Voglio capire. Perché con tremila persone
in piazza c'erano solamente 10 poliziotti e 10 carabinieri; perché
non si è tenuto conto dei volantini deliranti, delle parole di quel
fascista che ha detto: ci vogliono le stragi come Piazza Fontana. Voglio
sapere chi sta dietro questi fatti di sangue, chi sono i mandanti e gli
esecutori. Non smetterò mai di chiedere questo, a voce alta.
Sono passati diciotto anni e io continuo a chiedere
che giustizia sia fatta. Ripenso spesso a quei giorni, ai funerali delle
vittime: seicentomila persone che seguono i feretri coperti di fiori. E
fiori ovunque... I fischi, sotto il palco delle autorità: "Leone,
Rumor, Taviani ma statevene a casa!". E quella messa in chiesa, dove Cristo
non c'era più.
Ripenso alla reazione di Brescia, città
simbolo per un anno intero. Alle nostre speranze che giustizia fosse fatta,
subito. Oggi pochi vogliono ancora ricordare, pochi chiedono ancora giustizia.
La gente che passa in Piazza della Loggia dà un'occhiata distratta
alla colonna sbrecciata; le bancarelle del mercato stanno proprio sotto
la lapide con i nomi dei morti. Non ci sono più fiori...
E i processi: un elenco di date che sembrano
incise nel marmo: nessun colpevole. 15 anni, 6 processi, insufficienza
di prove: nessun colpevole. Stupirsene o recitare la parte dell'anima nobile
sdegnata è una commedia che mi ha stufato: logge massoniche, sigle
incomprensibili (Sid, Sifar, Sismi, Sisde), gli "omissis", il caso Moro
archiviato...
Ma la mia speranza ha radici salde. Sempre, a
tutti, io racconterò la mia storia, la storia di Piazza della Loggia,
perchè nessuno dimentichi....
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Entra il corteo dei "sopravvissuti". Due di
loro reggono una barella coperta da un drappo rosso. Il corteo avanza lentamente
guardando verso il pubblico.
Il corteo inizia ad arretrare verso la terra.
Apertura degli ombrelli: i sopravvissuti chiamano persone lontane, evocano
luoghi non più raggiungibili, desideri non più realizzabili.
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Il corteo è giunto alla sommità
della terra e ascolta la registrazione del comizio di Piazza della Loggia.
Il pubblico diventa ora testimone della loro memoria. Reazione dei sopravvissuti
nell'udire il boato dell'esplosione; gli ombrelli volano in aria oppure
vengono richiusi e conficcati nella terr . Alla fine della registrazione
i sopravvissuti esprimono (CORO in polifonia che continua nella scena 5)
il sentimento del dolore, della perdita, del ricordo dei morti attraverso
la frammentazione di materiale poetico.
CORO
- Oggi è un giorno di primavera, soffia
un vento di Sud-Ovest
- uomini e donne che dovrebbero camminare sul
selciato
- paiono invece sollevarsi nell'aria
- Portami via
- Noi, i disubbidienti
- Immagina la luce, in un campo di spighe
- i solitari, gli incompresi
- Dal profondo parlatemi, per tutta questa lunga
notte
- i poeti
- Claude, hanno rubato l'odore della terra!
- Le estati perdute, le notti infinite
- Questo ricordo lo vorre dire
- credo che morirò di poesia
- La mia speranza
- Portami via, portami via
- Sopra questa pece nera, carcasse pressate d'automobili
- valige sventrate
- fiori di cimitero
- Portami via
- Mi hanno vestito di bandiere; e fiori, fiori
ovunque
- Ma oggi è una giornata di primavera?
- La mia speranza
- Non mi ricordo neppure il nome
- come un albero hanno sdradicato
- Datemi la lotta, il ferro, i vulcani
- unite a me i corpi come calamite
- Ditemi tutto, catena a catena, anello ad anello
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I sopravvissuti si riconoscono come umanità
sofferente, si risollevano dalla terra , si avvicinano a riformare il gruppo.
Uno dei sopravvissuti porta, avvolto in vita, un ampio lenzuolo che viene
srotolato velocemente e va a nascondere il gruppo alla vista del pubblico.
Ancora i sopravvissuti si esprimono attraverso la frammentazione di materiale
poetico. Il lenzuolo viene quindi arrotolato, ogni
sopravvissuto riprende il proprio ombrello.
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Il corteo dei sopravvissuti scende dalla terra e, avanzando sempre più verso il pubblico, dice (sempre in polifonia):
CORO
- Io so i nomi dei responsabili della strage
di Brescia
- e di Milano
- e dell'Italicus.
- So i nomi di chi ha manovrato nell'ombra
- dei costruttori della Storia
- i nomi di chi ha gestito la strategia della
tensione
- di chi ha depistato
- insabbiato
- protetto.
- So i nomi delle persone serie e importanti
- che stanno dietro ai tragici ragazzi
- che hanno scelto le atrocità neofasciste
- che stanno dietro ai malfattori comuni
- siciliani e no
- che si sono messi a disposizione come killer
e sicari
- So tutti questi nomi
- tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli
- lo so ma non ho le prove
- e nemmeno indizi
- lo so perché cerco di seguire tutto
ciò che succede
- di conoscere tutto ciò che se ne scrive
- di immaginare tutto ciò che si sa
- o che si tace
- So perché cerco di coordinare i fatti
anche lontani
- e mettere insieme i pezzi disorganizzati e
frammentati
- di un quadro politico.
- So perché cerco di ristabilire la logica
- là dove sembrano regnare l'arbitrarietà
- la follia e il mistero.
Il CORO esce.
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Drammaturgia: Marco Pernich
Regia: Maria Maglietta
L'ARALDO è la DONNA CHE NON PUO' MORIRE.
DONNA CHE NON PUO' MORIRE
Mi siedo qui come facevo allora ma adesso l'aia
è vuota; anche la stanza è vuota . Non c'è più
la sua voce: è rimasta là in piazza Fontana, voce spezzata.
A volte penso che vorrei morire: si sta bene dentro la terra al caldo.
Ma io non potrò più morire finchè non avrò
giustizia.
La storia è iniziata molti anni fa.
Era un pomeriggio di dicembre venerdì
alle quattro e mezza proprio nel cuore di una grande città di un
tempo che è il mio ma potrebbe anche essere il vostro.
Tra il Duomo e il Palazzo Comunale c'è
una piazza.
Sulla piazza c'è una Banca.
Il salone della Banca è pieno di piccoli
proprietari mediatori contadini. E' un venerdì come tutti gli altri.
nel salone c'è un grande tavolo. Sotto
il tavolo qualcuno ha lasciato una borsa in finta pelle. Alle quattro e
mezza la bomba esplode.
Sedici morti e ottantotto feriti.
Quella piazza si chiama Piazza Fontana; quella
banca Banca nazionale dell'Agricoltura; quel giorno 12 dicembre 1969. Da
allora quel giorno si chiama "giorno della strage di piazza Fontana".
A Roma quello stesso giorno esplodono altre tre
borse: due all'altare della patria; una nel sottopassaggio della BNL.
La quinta alla Commerciale di Piazza della Scala
non esplode. Ci pensa la polizia a farla esplodere subito: così
fa sparire una prova.
Quel giorno 12 dicembre 1969 alle 17.30 le bombe
fanno sedici morti e centocinque feriti.
Questa cosa me la ricordo finchè campo.
Ma la storia non comincia così. E' già
cominciata chissà quando chissà dove.
Nel 1965 è cominciato a Roma un convegno
pagato dai servizi segreti.
Filippo De Jorio uno dei capi della destra dice:
" L'infiltrazione comunista ha raggiunto proporzioni allarmanti ... La
lotta va affidata a soldati clandestini che non esitino ad accettare la
lotta nelle condizioni meno ortodosse e con la necessaria spregiudicatezza.
"
In Veneto Franco Freda e Giovanni Ventura fondano
una cellula neofascista .
Nell'estate del 1969 Freda compra 50 timers dalla
Elettrocontrolli di Bologna.
compra anche cinque valigie alla valigeria Duomo
di Padova .
I timers sono quelli degli attentati dell'8 agosto
sui treni e del 12 dicembre.
Anche le borse sono quelle degli attentati del
12 dicembre .
Freda e Ventura collaborano con il SID - i servizi
segreti.
Dopo piazza Fontana a Milano la polizia arresta
l'anarchico Pinelli . Dopo tre giorni - il 15 dicembre - cade dalla finestra
della questura aperta per il caldo .
La polizia arresta anche Pietro Valpreda anarchico
e ballerino. Dice che è esperto di bombe. Poco dopo si scopre che
è falso. Dice che non può più ballare e che per questo
odia il mondo. Poco dopo si scopre che anche questo è falso.
Anni dopo il processo finisce a Catanzaro.
Anche il processo contro Freda e Ventura finisce
a Catanzaro.
Anche il processo contro Giannettini - SID -
e i suoi capi Maletti e Labruna che l'hanno coperto finisce a Catanzaro.
Maletti e Labruna come il loro capo Miceli e
molti politici sono della P2.
Il processo contro Valpreda , Freda e Ventura,
Giannettini e gli altri va avanti anni . Primo grado , appello Cassazione,
rinvio in appello.
Vengono assolti tutti. Il processo è chiuso
per sempre.
La strage non ha colpevoli.
Restano solo i morti e i feriti e i mutilati.
Io sono vecchia ormai ma non posso morire finchè
non ho giustizia.
Al primo processo i giudici condannano tutti
.
Al secondo processo- l'appello- i giudici assolvono
tutti per insufficienza di prove .
Al terzo processo la Cassazione dice che bisogna
rifare tutto - solo Giannettini può andare assolto.
Al quarto processo a Bari i giudici assolvono
di nuovo tutti quanti. E chiudono per sempre il processo.
La strage non ha colpevoli.
Restano solo i morti: Arnoldi Giovanni, China
Giulio, Corsini Eugenio, Dendena Pietro, Gaiani Carlo, Galatioti Calogero,
Garavaglia Carlo, Gerli Paolo, Meloni Luigi, Papetti Gerolamo, Pasi Mario,
Perego Carlo Luigi, Sangalli Oreste, Silva Carlo, Scaglia Angelo, Valè
Attilio.
E i feriti e i mutilati.
Anni dopo si scopre che nel 1969 il presidente
Saragat - appoggiato dalla confindustria - cercava d'imporre un governo
di destra DC PLI PSDI di tipo gaullista.
Si scopre anche che la P2 dal 1969 al 1974 cercava
di realizzare un colpo di stato.
Tutto questo si chiama strategia della tensione
.
Lo scopo è quello di bloccare gli studenti
che stanno in piazza e vogliono cambiare la scuola e la vita e gli operai
che vogliono lo statuto dei lavoratori - approvato proprio nell'autunno
1969.
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Entra un personaggio, il CAPOALBERO, guarda la terra, la prova, l'annusa; infine:
CAPOALBERO
Siamo arrivati. Va bene! Venite!
Arriva tutto il gruppo, trasportando l'albero. Subito tentano di innalzarlo sulla collina. Commenti concitati.
CORO
- La terra sembra buona.
- Forse questa volta ci riusciamo a farlo star
su.
- Rimetterà radici.
- E finalmente ci possiamo fermare.
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Uno si arrampica sull'albero.
QUELLO CHE S'ARRAMPICA
Il nonno raccontava sempre della quercia
diceva- conta le radici ninin
- sono nove nonno
- sono nove e scendono giù giù
giù
fino alle nove fonti dove stanno i morti
l'acqua è fresca sai?
e sono nove anche i rami che tengono su
tutto il cielo
e quando la quercia muore beh allora
viene giù il cielo e viene il giorno
del giudizio.
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DONNA CHE NON PUO' MORIRE
Viene giù il cielo come quel giorno a
Piazza Fontana.
Il CORO si disperde correndo.
CORO
- viene giù il cielo
- viene giù il cielo
- viene giù il cielo.
- come quel giorno.
- il cielo.
- ci sono un sacco di fogli.
- tutto immobile come se non fosse successo niente.
- fogli fogli dappertutto.
- cappelli: 2, 3, 5, dappertutto. Ce n'è
uno appoggiato sul bordo della finestra.
- come se qualcuno lo avesse tolto e messo lì.
- vetri in frantumi.
- tutto fuori posto: come se il vento avesse
sbattuto tutto all'aria .
- un vento fortissimo.
- fogli fogli dappertutto.
- sono rimasti solo gli oggetti perchè
i corpi li portano via subito.
- anche i ricordi.
- quello che è rimasto di lui è
il cappello:
- il corpo è esploso via.
- i fogli sembrano coriandoli.
- ma i coriandoli li fanno con i fogli colorati.
- questi sono bianchi come le lenzuola per coprire
i morti.
- erano tutti contadini.
- hanno coperto tutto con le lenzuola.
- perchè dovevamo dimenticare.
- un ombrello, una penna, giornalisti.
- invece è diventato tutto rosso.
- erano tutti contadini.
- una borsa aperta, la borsa di uno di loro.
- invece li ha uccisi un'altra borsa.
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Il CORO cerca di salvare l'Albero che cade.
CORO
- Cade.
- Cade!
- Attenti!
- Cade!
- Non rimetterà mai foglie nè radici.
- E' caduto anche stavolta! Anche stavolta non
ce l'abbiamo fatta! Non ce l'abbiamo fatta.
- Un albero senza radici non può rifiorire.
- Bisogna cercare un'altra terra.
- E' la terra che non ha memoria.
- Bisogna cercare un'altra terra.
- Questa l'ha sputato.
- Bisogna trovare un'altra terra.
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OLMO
Molti anni fa al centro di una grande pianura
c'era un olmo: aveva più di mille anni.
Non lontano dall'olmo un popolo aveva costruito
la sua città. Ogni sera tutto il popolo veniva a sedere in un grande
cerchio attorno all'olmo.
Le radici dell'olmo erano la scala per la terra
dove vivono i morti.Così con i vivi si sedevano tutt' intorno anche
i morti e passavano il tempo nel racconto della giornata o delle vecchie
storie.
Niente veniva dimenticato e il popolo diventava
più forte.
Un giorno il re di quel popolo fece abbattere
l'olmo.
Nessuno venne più a sedersi attorno e
anche i morti non vennero più.
L'olmo seccò rapidamente. Presto si perse
anche il ricordo.Il popolo si disperse, la terra diventò arida,
le bestie cominciarono a morire e i pochi uomini rimasti cominciarono ad
uccidersi tra loro.
Ma un piccolo gruppo di uomini sollevò
l'olmo e lo portò in un'altra terra.
VOCE DEL CORO
Proprio come noi
OLMO
Qui cominciarono ad annaffiare tutte le sere
l'albero abbattuto. Erano in tre poi in quattro poi in otto e tutte le
sere davano l'acqua all'olmo e raccontavano raccontavano.
Ma loro niente: ostinati continuavano a bagnare
ogni sera l'albero abbattuto e oramai secco.
Un giorno l'olmo mise di nuovo una gemma; e poi
un'altra; e un'altra. Poi piccoli rami, foglie, muschi.
I contadini e i pastori ricominciarono tornare
e a sedersi in cerchio attorno all'olmo la sera. E presto in mezzo a loro
cominciarono a sedere di nuovo anche i morti. Pian piano tornò la
gente e ci fu di nuovo una città, una nuova città.
DONNA CHE NON PUO' MORIRE
Va bene, noi cominciamo ad andare. Andiamo avanti.
La DONNA CHE NON PUO' MORIRE esce dalla piazza.
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FERROVIA
Da bambino stavo a guardare i treni che passavano
con un fischio lungo nel prato di stoppie subito fuori dalla città;
erano là un po' rialzati sulla massicciata e io li salutavo con
un grido e facevo a gara col fischio.
Io sono il morto numero diciassette il morto
che non c'è.
I miei fratelli morti li ha uccisi la bomba e
poi li ha uccisi di nuovo il giudice Occorsio e poi di nuovo ancora la
Cassazione. I miei fratelli morti li ha uccisi il silenzio di chi sapeva
e ha taciuto dei pezzi di stato e dei servizi segreti delle logge segrete
della politica segreta che sapevano e sanno e tacciono.
CORO
- Ma è Pinelli l'anarchico.
- Quello caduto giù dalla finestra della
questura.
FERROVIA
Nel freddo della terra ricordo la nebbia di questa
città che entrano sotto le tettoie della stazione in una luce gialla
di lampadina fioca.
In una notte di nebbia e di freddo mi ha inghiottito
una finestra aperta al terzo piano della questura.
Nel fredddo della terra un quadrato di luce sulla
porta in un mattino d'estate con l'odore del caffè: ho alzato il
mio bambino dentro quella luce in alto contro il sole e rideva.
Ma il mio nome non c'è a Catanzaro nell'elenco
dei morti della strage. Posso dirti come un rosario i nomi dei miei fratelli
morti sono i nostri morti i nostri santi ma il mio nome non c'è:
hanno ucciso anche il mio nome.
Così chiamami solo Ferrovia.
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LA MADRE
Figlio, cuore del mio cuore,
passero del povero cortile, fiore della mia solitudine,
perchè hai chiuso gli occhi e non mi vedi
piangere
e immobile non senti le mie parole amare?
Mio passerotto che mi portavi l'acqua sul palmo
della mano,
Perché non vedi che mi batto e tremo come
una canna al vento?
Qui, in mezzo alla strada sciolgo i miei capelli.
No bimbo, non mi va più di piangerti.
Nel sangue tingerò di rosso la mia gonna
e ballerò.
Ecco: mi sono alzata. Reggono ancora le mie gambe.
Quella luce che ride mi ha fatto sollevare.
E io vado dai tuoi fratelli a portare la tua
voce.
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CORO
- Piazza Fontana tutti assolti!
- Dopo sedici anni hanno cancellato la strge!
- Piazza Fontana tutti assolti.
- Una strage senza colpevoli!
- Per piazza Fontana nessuno è colpevole!
- 12 dicembre 1969 nessuna strage tutti assolti!
- Tutti assolti! la strage impunita!
- Piazza fontana: giustizia negata!Ancora una
volta tutti assolti!
- Ancora una volta tutti assolti!
- Perché tante impunità?
- Perché tanti pezzi di stato
- e non secondari
- sono stati coinvolti nell'attacco ai cittadini
italiani ed alla democrazia?
- Da piazza Fontana l'incapacità dello
stato a dire la verità ha accresciuto la forza e l'arroganza dei
poteri invisibili ha favorito le bombe
- i morti
- gli attentati ai treni!
- Mai ci convinceremo che piazza fontana è
solo un brutto sogno che non c'è mai stato un massacro che le storie
degli 007 marci sono fantasie!
- " La strage è di stato": questa è
l'unica spiegazione non solo politica e morale ma perfino tecnica!
Il CORO esce.
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CAPOALBERO
Ora noi andiamo. Troveremo un'altra terra per
il nostro albero e se non metterà radici ne cercheremo un'altra
e un'altra ancora.
Forse qualcuno di voi pensa che non serve a niente.
Ma noi non smetteremo di cercarla finchè troveremo una buona terra
nutrita di memoria dove nessuno nasconde la verità e l'albero metterà
radici:
ma voi che restate custodite il ricordo che avete
ricordato.
VOCE DEL CORO
Accanto a voi siedono con un sorriso i morti
i nostri aspettano la loro porzione del racconto della verità del
mondo.
Le loro voci sono larghe linee ferroviarie che
solcano l'avvenire e le loro mani campi arati da una sapienza antica e
le loro scarpe rozze strade che attraversano la pianura.
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Drammaturgia: Vincenzo Todesco
Regia: Coco Leonardi
Un uomo con due valige entra in scena, e comincia a raccontare. Con lui, o poco dopo, arriva una ragazza (la RAGAZZA CHE CANTA), che siede sulla collina e lo guarda.
ARALDO
Vedete queste valige? C'è dentro il mio
mondo. Tutto ciò che mi serve viaggia con me. Io di mestiere faccio...
boh, facevo un mestiere come voi, come tutti. Poi mi è successa
una cosa terribile... o magnifica... che ha cambiato la mia vita. Ora di
mestiere faccio il cantastorie. Ma racconto sempre la stessa storia...
RAGAZZA CHE CANTA
Vieni qui, cantastorie. Vieni a cantare con me...
Il CANTASTORIEARALDO le si avvicina, la guarda mentre canta, quindi sulo canto riprende a raccontare.
CANTASTORIEARALDO
Ecco cos'è accaduto. Era la notte del
4 agosto di tanti anni fa, era il 1974. Me ne stavo a godermi il fresco
alla stazione di San Benedetto Val di Sambro, aspettando un qualche treno
che mi portasse a Bologna.
Era tardi, quasi le due. La notte era mite e
quieta.
All'improvviso mi accorsi che gente agitata correva
su e giù per i marciapiedi: ferrovieri, poliziotti... Ci chiesero
di metterci tutti, noi viaggiatori, nella sala d'aspetto. Si sentiva dire
che era accaduto qualcosa di terribile, ma non si sapeva cosa.
Guardavo fuori della finestra della sala d'aspetto,
e d'improvviso vidi arrivare un treno, senza luci, enorme, come se sbucasse
dal buio dell'inferno, con la sirena che lacerava senza sosta il silenzio
della notte.
Quando si fermò vidi una carrozza bruciata,
annerita dall'incendio, con le lamiere divelte, contorte, alzate verso
il cielo come mostruose statue d'acciaio. Venimmo subito a sapere che era
esplosa una bomba, che qualcuno aveva messo una bomba sul treno, e c'erano
stati morti e feriti.
La confusione era enorme. Stavano entrando i
cadaveri carbonizzati, venivano allineati sui binari. Dei militari andavano
e venivano di continuo. Un poliziotto con in mano un pezzetto di carta
spiegazzato prendeva i nomi dei passeggeri. Io uscii per vedere se poteva
dare una mano, mi avvicinai alla carrozza. La cosa che più mi colpì
fu che tutto, sedili, corridoi, valige, era uniformemente bianco, coperto
di vetri, come se fosse caduta la neve...
Entra il gruppo in processione, spingendo una enorme bobina in legno per cavi elettrici. Due donne donne le corrono davanti gridando, si accasciano ,vengono travolte e superate dalla ruota. Altre figure si accavallano, la scalano, cadono: azioni varie, sui seguenti testi.
PRIMA DONNA
Una bombola di ossigeno!
RAGAZZA CHE CANTA (al cantastorie)
Perché mi racconti queste cose? Mi fai
paura...
SECONDA DONNA
Io non ho perdonato. Non solo: ho chiesto giustizia.
Se perdoniamo, perdiamo la voce. Questo succede: non potremo più
parlare, e più nessuno ricorderà quello che è accaduto.
TERZA DONNA
Io ho perdonato. Perché se io dico "ti
perdono", verrà il giorno in cui chi ha commesso qualcosa ripenserà
a quello che ha fatto. Eh sì che ci pensa, è inevitabile:
è costretto a pensare al male che ha fatto. A provare rimorso, a
pentirsene. A provare, finalmente, dolore.
ECUBA
Non sospettavo... non pensavo assolutamente a
niente di tragico. Con la madre di Anna dicevo: "Al peggio, dallo spavento
gli sarà andata via la voce. Li troveremo storditi, in qualcho ospedale".
All'obitorio è entrato il mio consuocero,
poi è uscito e ha detto: "Mi sembra che lì, tra quei morti,
ci sia il tuo Carlo".
Ho bevuto un bicchier d'acqua. Sono entrata e
l'ho visto.
"Eccolo qui", ho detto.
La grande ruota viene adagiata su un fianco. Alcuni vi salgono sopra, altri vi si ficcano sotto e intorno. Il CANTASTORIE riprende il suo racconto, inframezzato da parole degli altri personaggi.
ARALDO-CANTASTORIE
Poi si venne a sapere che erano stati i neonazisti
di Arezzo, e vennero arrestati. Però non furono condannati, perché
non vi erano prove sufficienti. Ma si sa chi è stato! Lo dice anche
la sentenza che li assolve: " E' pacifica la immediata ascrivibilità
del fatto ad un' organizzazione terroristica che intendeva creare insicurezza
generale, lacerazioni sociali, disordini violenti ".
Capite? La verità c'è! La si conosce!
Gli assassimi mica agirono da soli. Al processo
si scoprì che erano stati aiutati dai Servizi Segreti. Sì:
i Servizi Segreti li aiutarono invece che arrestarli... E perché?
Anni dopo si seppe che si era trattato di una
specie di colpo di stato, che tutti gli attentati di quegli anni dovevano
servire per un colpo di stato.
Tant'è vero che la commissione d'inchiesta
del parlamento scoprì che dietro gli attentati c'era la loggia massonica
P2, quella di Licio Gelli. Certo: dice che "la Loggia P2 è quindi
gravemente coinvolta nella strage dell'Italicus, e può ritenersene
addirittura responsabile quale essenziale retroterra economico, organizzativo
e morale".
Queste voci inframmezzano il suo racconto:
VOCE 1
La verità c'è, e la si conosce...
VOCE 2
Le prove non sono sufficienti...
VOCE 3
Si conoscono i responsabili...
VOCE 4
Vedi, ho ancora con me il tuo regalo: s'è
spezzato...
VOCE 5
Non sta scritto da nessuna parte che si deve
perdonare...
Ora la donna chiamata ECUBA, la madre, rovescia i corpi come per riconoscerli, e riprende il suo racconto interrotto.
ECUBA
Mamma mia, che pena... Poverini, quanti morti...
Tutti distesi a terra, sporchi e maciullati. Anna era un po' più
in là, col suo bel faccino tagliato sulla fronte. E il bambino?
Dov'è il bambino? Non è possibile che non ci sia il bambino!
Loro non si separavano mai da Luca...
La ruota viene spinta sulla collina. La RAGAZZA CHE CANTA si fa avanti.
RAGAZZA CHE CANTA
Perché i malvagi vivono, divengono vecchi
e crescono in potenza? La loro progenie si fa salda dinnanzi ad essi e
insieme ad essi. I loro discendenti sono sotto i loro occhi, le loro case
sono in pace, senza paura.
Le rispondono quattro voci soliste.
VOCE SOLISTA 1
Nulla potrà turbare l'ordine della luce...
VOCE SOLISTA 2
... dove sono io sola. E quel che amo...
VOCE SOLISTA 3
... e sulla tavola questo vaso di acqua, e il
pane del riposo.
VOCE SOLISTA 4
Fresca acqua, pane caldo, ai due versanti del
giorno.
Torna ECUBA, e termina la sua storia.
ECUBA
Mi hanno detto di guardare tra i morti che erano
già nelle casse. C'erano due cassettine piccoline, e Luca era in
una di queste. Era nudo. Gli usciva un po' di sangue da dietro la nuca.
"Questo è il mio Luca!" - ho detto.
CORO
Ricordate! Meditate che questo è accaduto!
Vi comandiamo queste parole, scolpite nel vostro cuore.
ARALDO-CANTASTORIE
Ecco: da allora la mia vita è cambiata.
Mi sono procurato i nomi dei morti, e racconto la storia della loro vita.
Tra di loro ci sono bambini, anziani, uomini e donne, tanta gente diversa.
Tutti mi chiedono di continuare a raccontare la loro storia, a chiedere
che la verità venga detta.
Perché vedete, la verità si sa
e non viene detta. Lo stato non dice quello che tutti sanno.
Il peggio è che tutto questo devo gridarlo
intorno, come un amante, come un ubriaco, come un traditore. E' un vizio
maledetto, che mi porterà alla rovina... Quanto potrò resistere,
parlando soltanto con i muri?...
Con queste ultime battute, l'ARALDO-CANTASTORIE se ne va. La RAGAZZA CHE CANTA gli corre dietro.
RAGAZZA CHE CANTA
Aspettami! Cantastorie, aspettami! Vengo anch'io!
Sulla ruota, issata in cima alla collina, si rizza una figura vestita di nero: è FULGENZIO, allegoria del "potere ragionevole".
FULGENZIO
Tutto ciò è sertamente terribile.
Ma voi non cogliete il cuore del problema. E' una questione di buon senso.
La gemte vive in una sorta di ordine riposto, scandito su semplici occupazioni:
il tempo del lavoro, il tempo del riposo, le ricorrenze dell'affetto...
Come pensate che reagirebbe se andassimo a dirgli che proprio coloro nei
quali confidavano, sui quali basavano la loro sicurezza, sono i colpevoli?
Che proprio nel cuore dello stato si annida la peste che ammorba il paese?
Vedo i loro volti velarsi di sgomento, vedo che si sentono traditi, ingannati...
Io affermo che se sapere èpuò far
male, è megòlio non sapere. Dobbiamo tacere per il più
nobile dei motivi: la pace dei nostri concittadini, la salvezza della città.
Amici miei, non inquietatevi: ascoltate la saggezza
popolare, che da sempre conosce la via migliore da seguire: "chi muore
giace, e chi vive si dà pace"...
Scompare dietro la ruota. Da essa soffiano fuori fumi bianchi. Infine emerge il CORO.
CORO
Noi siamo la polvere, il vento.
Siamo cercatori di tracce.
E' giunto il tempo della partenza,
il tempo del pranzo frugale in piedi
sulla porta di casa,
pronti ad attraversare il deserto.
Nel dir questo, il CORO esce, spingendo via
la ruota.
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IL RACCONTO DI USTICA
o del mistero che non è
mistero
Drammaturgia: Paolo Dalla Sega
Regia: Gigi Tapella
Entra l'Araldo in bicicletta, di corsa e lanciando richiami; corre più volte attorno all'isola, fissandone i confini; si ferma e issa la vela con la lampara. Lancia richiami e "canti"...
ARALDO
Qui, qui tutti, qui subito finché non
inizia la notte!
Qui, attorno all'isola che sta tra l'acqua e
il cielo, alla terra che esce dal mare nascondendolo al cielo, terra di
una terra che sta sotto il mare più profondo...
Una terra che trema quando il mare s'inclina...
Tra poco, tra poco questa terra si popolerà
di gente che vi racconterà la sua storia, la storia di un mistero
che non è mistero. Gente di un altro tempo, ma anche del vostro,
gente che di giorno scruta altri orizzonti, ma la notte guarda lo stesso
cielo.
Tra poco, prima che inizi la notte.
E' la notte il mio tempo, la notte delle voci
senza nome, la notte delle parole che non si comprendono.
Entra il PRIMO ISOLANO (FABUS del gruppo 7 e CANALONA del gruppo 8) e inizia la sua azione: pugnalare, bucare e ascoltare la terra, tracciare ferite, canali e condotte d'acqua.
ARALDO
Quando il sole è più lontano dalla
terra, eppure la sua luce è più lunga e più calda;
quando le notti sono brevi e piene di stelle, e il sole rimane sulle nostre
terre fino ad addormentarle: quelle, quelle sono le notti dei fuochi, le
notti in cui s'accendono i falò e qualcuno, sulle alture, interroga
il buio e i suoi segreti.
Sono le notti dei fuochi, le notti dei misteri
meno misteriosi.
Tra poco, tra poco.
Tra poco ricomincerà l'ultima di queste
notti: quella del mio ultimo falò. Quella di un mistero che nemmeno
io, sacerdote di quest'isola, seppi comprendere e spiegare alla mia gente.
La gente di quest'isola la chiama la notte dell'ultimo
falò, la notte del mare che s'inclina.
Da quella notte il mare non è più
mare, da quella notte le reti dei pescatori di quest'isola non pescano
più.
Può ripetere pezzi di testo dall'inizio a qui.
FABUS (dell'8)
Quest'isola è la mia...
L'amo, l'odio; sabbia, bianca, morbida, nera,
fuoco... avanti, piegata e a passi indietro!
CANALONA (del 7)
Questa terra...
E' magica, diventa del tuo colore quando la tocchi,
è ritagliata nella carta, me la devo ricordare!
(continuano ripetendolo sottovoce)
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GRUPPO 8
Gli isolani entrano correndo, salutandosi, attrezzati di corda e un frammento d'oggetto - il carro; si dispongono in cerchio presentandosi e disponendo la corda per la tonnara.
FABUS (è già lì; continua
sottovoce)
L'amo, l'odio; sabbia bianca, morbida, nera,
fuoco...., avanti, piegata e a passi indietro.
STANCA (si sente, dà l'inizio a tutti)
Dall'alto anche le onde sembrano ferme: chi vive
qui vede tutti i confini, anche quelli del tempo.
Frammentati, di corsa, uno sull'altro:
ERBARA
Luci e ombre, e ci fai quello che vuoi; sole,
giallo, caldo; magica , colorata..., pesta l'erba!
Incazzuso!
Occhi finti sulle barche dei pescatori.
CIPODDA
La gente parla poco e ha occhi penetranti; salite
e discese.
CARMELA
Paura dell'acqua, attenti al mare, è come
il diavolo: lo diceva la mamma!
MASTRO CURNACCHIA
E' un bellissimo vento, salta lo scoglio!
Infine ripetono tutti la frase di Stanca.
GRUPPO 7
Azione: vedi sopra; frammento d'oggetto: la scala.
CANALONA (è già li; continua
sottovoce)
E' magica, diventa del tuo colore quando la tocchi,
è ritagliata nella carta, me la devo ricordare!
SCACCHIERA (si sente; dà l'inizio a
tutti)
L' Etna il re, l'erba il popolo, l'acqua. Prendi
l'erba e posa l'erba!
Frammentati, di corsa, uno sull'altro:
AQUALTA (in dialetto)
Facevo squagliare le meduse viola, le meduse
che vivono in acqua e muoiono al sole; isola ingrata, sassi bianchi.
FURESTIERA
Siamo sempre scalzi, narrano di un bambino che
stava dritto in mezzo; c'è un albero di cioccolato, io l'ho abbracciato.
IMPICCIUSA
Non ci sono case, tutti vivono dentro i cespugli;
è un posto dove si arriva, si sta un po' e poi si parte.
MULLETTA
Terra, mare, due sposi arroganti. Schivare l'orizzonte!
SOLITARIA
Io sto sul mio scoglio, e conto ciò che
viene a galla; il mare d'inverno movimentato.
Infine ripetono tutti la frase di Scacchiera.
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L'Araldo intona la Tonnara, interrompendo le presentazioni.
ARALDO
Jamuninniiiii...
(3 volte, la terza tutti insieme)
... cu' Maria
A'mmola, a'mmola
San Giuseppe 'n cumpagnia
A'mmola a'mmola...
(solo IMPICCIUSA/CIPODDA)
... e lu tunnu puvereddu
caricamu stu vasceddu...
(TUTTI:)
... a'mmola...
(interrotto dall'Araldo)
ARALDO
Assumma! Assumma! Assumma! Assumma!
Azione: cerchio di corde attorno alla terra,
su e giù come una rete.
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La terra è il mare: apparizione degli oggetti; bastoni sollevati, attesa.
IMPICCIUSA/INCAZZUSO
Fermi, fermi!
Che c'è nelle nostre reti?
Da dove vengono questi oggetti spezzati?
Tutti corrono attorno alla terra chiamandosi per nome; si fanno luce; suono del vento
ARALDO
Era appena iniziata la notte, e il cielo d'Italia
era pieno di luci in movimento, gente che viaggiava, uomini, donne e bambini
che si spostavano nel modo più veloce e sicuro: la via dell'aria,
la via degli uccelli, la via degli angeli.
Io l'ho visto... Ho visto partire la luce che
poi venne giù... Li ho visti partire alla volta dell'isola, erano
ottantuno...
L'isola ancora li aspetta: quei bambini, quegli
uonimi e quelle donne sono diventati i morti delle acque, i morti della
fossa del Tirreno.
Urlo; poi ripreso dal corno; si copre la luce col relitto. Appare il palo "albero" con la bobina; si innalza e si sfila il nastro, fatto scorrere e ascoltato dagli isolani. Correndo entra Senzombra:
SENZOMBRA
Non ero lì, ero al mio falò sull'altopiano.
Non ero lì, ma da lassù ho visto il mare che si piegava e
schiumava, e con fatica riusciva a ingoiare tutto.
Lì, in quel pezzo di mare che sta tra
Ponza e Ustica, le isolette che spuntano dal Tirreno tra Napoli e Palermo.
Lì cadde la luce, pian piano, inabissandosi dove il Tirreno è
più profondo: tremila metri d'acqua buia seppellirono tutto e tutti,
e nessuno vide e sentì più nulla.
L'Araldo e tutti guardano Senzombra; gli isolani si fermano e indietreggiano.
SENZOMBRA
A un certo punto il mio falò si spense,
spazzato via da un vento che non conoscevo. E allora non vidi più
nulla.
Vidi solo figure di uomini senz'ombra che si
coprivano gli occhi, figure che da allora ritornano nella notte, e iniziano
il loro dire quando il mio si ferma.
A te, Senzombra. Vado in cerca di altre terre,
altre isole per i miei falò...
L'Araldo esce, raggiunge l'altra piazza in
bicicletta.
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SENZOMBRA (leggendo)
27 giugno 1980: il DC 9 della compagnia Itavia
volo IH 870 da Bologna a Palermo, all'altezza dell'Isola di Ustica sparisce
dagli schermi radar di Roma Ciampino. Sono le ore 20.59 minuti e 49 secondi.
Un mistero, un mistero che tutti volevano capire.
Governo, Forze Armate, Aeronautica Militare,
Servizi Segreti.
Chi c'era allora: Francesco Cossiga, presidente
del consiglio, Lelio Lagorio, ministro della difesa, Rino Formica ministro
dei trasporti, Giovanni Torrisi, capo di stato maggiore della difesa, Giuseppe
Santovito, capo del Sismi.
Formica relaziona subito al senato, indicando
varie ipotesi: collisione, ordigno a bordo, cedimento strutturale -cioè
che l'aereo vien giù da solo- e per ultimo il missile.
Il ministro dei trasporti istituisce una commissione
d'inchiesta, la presiede Carlo Luzzati; la magistratura avvia le indagini,
prima dirette da Giorgio Santacroce, poi da Bucarelli, e infine da Priore;
anche l'Aeronautica avvia una propria inchiesta, e prima di tutti, ma in
gran segreto.
E' andata così, insomma: indagini su indagini,
perizie e controperizie, conclusioni subito smentite da altre conclusioni.
Per dodici anni.
Tutti gli isolani: stop su Senzombra, che si mette un paio d'occhiali neri. Battute frammentate tra i vari isolani sulle due isole:
ISOLANO
...quest'isola, quest'isola ancora li aspetta...
ISOLANO
...il falò si spense, spazzato via da
un vento che non conoscevo...
ISOLANO
...il mare che si piegava e schiumava...
ISOLANO
...quest'isola, quest'isola ancora li aspetta...
ISOLANO
...tremila metri d'acqua buia, e nessuno vide
e sentì più nulla...
ISOLANO
...nessuno vide? Nessuno sentì?
SENZOMBRA
I radar.
Solo da lì, solo da quei punti luminosi
dentro uno schermo nero si poteva capir qualcosa. E io ero lì, al
mio radar.
ISOLANO
Avevamo piantato un albero per avvicinarci a
dio, e quella notte il mare ce lo rapì.
E' il mare, il diavolo.
Escono Canalona e Fabus, con la loro lampada, e raggiungono la piazza successiva.
ISOLANO
E' il diavolo, sì, e ci guarda da sotto
sulle nostre barche.
Anche la mia barca lo vede, coi suoi occhi, ma
qualche volta il mare è troppo scuro, e la mia barca ha paura.
SENZOMBRA
Marsala, su quest'isola, e Lìcola, e Martina
Franca: sono le stazioni radar militari che coprono tutto il basso tirreno.
Le loro registrazioni furono immediatamente richieste dalla magistratura,
dalla commissione d'inchiesta, da chi stava indagando su Ustica: parte
dei nastri non venne consegnata, e venne poi distrutta; parte venne consegnata
in ritardo, manomessa.
ISOLANO
Ma chi sei tu, anima morta che ti togli la luce?
SENZOMBRA
Quella notte era buio, popolo di quest'isola.
Era il buio sopra il buio. Nessuno poteva vedere, nessuno poteva sentire.
Solo noi, con le nostre macchine. Luci forti, poi, meno forti, poi spente.
Li avevamo visti partire, e seguiti fin dall'inizio:
sapevamo già tutto, in realtà senza sapere. Poi tutto ci
fu chiaro, quando tutto non fu più.
Ragazza, portami via.
Senzombra inizia a muoversi.
ISOLANO
E' uno straniero, un vecchio straniero, eppure
conosce i nostri morti e la nostra vita!
ISOLANO
Che cosa sapevi, straniero? Che cosa hanno visto
i tuoi occhi?
ISOLANO
Tienili aperti, i tuoi occhi, straniero! E guardaci
mentre ti interroghiamo!
ISOLANO
Cosa sono questi racconti? Da dove ti viene questa
sapienza?
SENZOMBRA
Portami via, ragazza.
Da questo punto i gesti del cavallo iniziano a entrare nelI'attore , gli isolani indossano la corda come finimento, scalpitare e respirare sulla terra.
ISOLANO
Fermati, straniero, e tieni aperti gli occhi!
ISOLANO
...i nostri sacerdoti stavano ai falò...
ISOLANO
...stavano ai falò, quella notte.....
ISOLANO
...e ci dissero che il mare...
ISOLANO
...il mare aveva inghiottito tutto...
ISOLANO
...nel buio e nel silenzio.
ISOLANO
...E ci dissero che quella notte...
ISOLANO
...quella notte c'era un forte vento sulle alture...
SENZOMBRA
Poveri uomini di quest'isola! Non è colpa
vostra se non comprendete la verità che non ha parole, la verità
di chi possiede parole che non può dire.
Via ragazza, portami via.
ISOLANO
Ascoltaci: siamo nelle tue mani. Essere utili,
per quanto ognuno può e sa, è una fatica bellissima. Ascoltaci!
SENZOMBRA
Poveri uomini di quest'isola. Il mio è
un sapere che non giova al sapiente, e perciò è cosa orrenda
e ingiusta. E' un sapere che non gioverà neppure a voi, che lo reclamate
gridando.
ISOLANO
Parla vecchio, parla e sciogli i nostri misteri.
Il tuo silenzio ci offende come un tradimento.
Senzombra corre su e giù per l'isola sempre più freneticamente; si compome una quadriglia di cavalli che corre in giostra attorno al palo tenendo teso il nastro; ad ogni giro Senzombra viene travolto e buttato a terra.
SENZOMBRA
Avete aperto la terra, uomini di quest'isola,
e sotto la terra il mare, e sotto il mare ancora la terra.
Avete trovato segni nuovi, terrificanti, presagi
di altri mali supremi.
Non sono i mali del mistero, no, non sono i mali
supremi che rendono sereni. Sono altri mali.
La corsa è sempre più veloce.
SENZOMBRA
"Non li avete visti", ci dissero.
E ci dissero che non eravamo lì, che non
esistevamo.
Ci dissero che non avevamo visto cadere quell'aereo,
lì, "al posto sbagliato nel momento sbagliato", ci dissero, colpito
per errore da un missile. Un errore tremendo, più tremendo del destino,
e tremendamente nascosto per dodici anni.
I vostri antichi morti erano morti allora, in
quel preciso istante; e noi eravamo lì, uomini senz'ombra, in quel
medesimo istante. Quell'istante diventò un segreto, diventò
buio e silenzio.
E così li seguimmo, i morti delle acque.
Da quest'isola li seguimmo, nella Fossa del Tirreno, dentro i gorghi capaci
di spolpare le ossa in sussurri e subito di far tacere ogni sussurro.
I cavalli si fermano, lasciano il nastro, fremono; guardano Senzombra, che parla a loro supplicandoli.
SENZOMBRA
Quanta acqua sopra noi, uomini senz'ombra, sopra
i morti delle acque. Quella sufficente a far dire "è un mistero,
non un segreto", quella sufficente a rendere invincibile la forza dell'oblìo
che tutto affonda.
Quella sufficente a spegnere i vostri falò,
sulle alture, e a lasciarli spenti per sempre.
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Senzombra per qualche attimo rimane fermo,
stop e silenzio degli isolani-cavalli; poi Senzombra si avvia, lento e
dolente; gli isolani iniziano a comporre l'assetto per la processione (Carro/Scala)
cantando sottovoce il canto dell'esodo. Li segue il corno; quando sono
pronti s'incamminano cantando a voce piena:
ISOLANI
Lu suli sinni và
domani tornerà
si mi ni vaiu iu
nun torno 'cchiù
Si raggiunge così la piazza successiva
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7 . L'ARALDO IN PIAZZA MAGGIORE
E' la notte il mio tempo, la notte delle voci
senza nome, la notte delle parole che non si comprendono.
Quando il sole è più lontano dalla
terra, eppure la sua luce è più lunga e più calda;
quando le notti sono brevi e piene di stelle, e il sole rimane sulle nostre
terre fino ad addormentarle: quelle, quelle sono le notti dei fuochi, le
notti in cui s'accendono i falò e qualcuno, sulle alture, interroga
il buio e i suoi segreti.
Sono le notti dei fuochi, le notti dei misteri
meno misteriosi.
Era appena iniziata la notte del 27 giugno 1980,
e il cielo d'Italia era pieno di luci in movimento, gente che viaggiava,
uomini donne e bambini che si spostavano nel modo più veloce e sicuro:
la via dell'aria, la via degli uccelli, la via degli angeli.
Io l'ho visto... Ho visto partire la luce che
poi venne giù...
Li ho visti partire alla volta dell'isola, erano
ottantuno...
L'isola ancora li aspetta: quei bambini, quegli
uomini e quelle donne sono diventati i morti delle acque, i morti della
Fossa del Tirreno.
Non ero lì, ero al mio falò sull'altopiano.
Non ero lì, ma da lassù ho visto il mare che si piegava e
schiumava, e con fatica riusciva a ingoiare tutto.
Lì, in quel pezzo di mare che sta tra
Ponza e Ustica, le isolette che spuntano dal Tirreno tra Napoli e Palermo.
Lì cadde la luce, pian piano, inabissandosi dove il Tirreno è
più profondo: tremila metri d'acqua seppellirono tutto e tutti,
e nessuno vide e sentì più nulla.
A un certo il mio falò si spense, spazzato
via da un vento che non conoscevo.
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Con quest'ultima storia, è finita la prima
parte della veglia.
Abbiamo ricordato cinque stragi:
coi nomi ed i fatti,
ma anche con le visioni e le poesie,
perché il ricordo si nutra anche di queste,
e sia più forte.
Ora la veglia continua in Piazza Maggiore.
Lì sentiremo parlare della peste che ha
devastato un regno.
Vedremo il Re Edipo, il suo indovino Tiresia,
e Antigone, che torna in quella piazza dopo un
anno.
Ci interrogheremo sulla verità,
su come può essere difficile chiederla,
e pericoloso trovarla.
Il Re e l'Indovino parleranno di questo.
Antigone no, parlerà d'altro.
Dirà ancora che l'unica forza che abbiamo
è non dimenticare.
Anche se è sempre più difficile,
e anche se sembra vano.
Infine, alla stazione, molti attori di molte città
si daranno il turno
per recitare tutta la notte, fino alle dieci
e venticinque di domattina,
l'ora dello scoppio.
Diranno senza sosta le stesse parti di Edipo,
Tiresia e Antigone
che avremo sentito in piazza:
come monaci officianti di una preghiera civile,
mentre noi dormiremo,
veglieranno per noi.
Non chiediamo che ci siate, ma che lo sappiate.
Ora, il nostro gruppo se ne andrà come
gli altri quattro:
ma questa volta vi chiediamo di seguirci.
Venite con noi in Piazza Maggiore.
Parte seconda:
PIAZZA MAGGIORE
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