Comitato di solidarietà alle vittime delle
stragi
ANTIGONE DELLE CITTA'
Una cerimonia civica e teatrale per la memoria delle vittime
della strage di Bologna
Primo anno, Bologna, 1 agosto 1991
Quadro
primo: "LA LAMENTAZIONE"
Copione per i dieci
gruppi nelle dieci piazze
INDICE
Quadro
primo: "LA LAMENTAZIONE"
PREMESSA: i
"copioni"
Forse per opera di residue timidezze o inerzie verbali, anche
fra noi è stato sempre un po' difficile chiamare francamente "testi"
le scritture che qui riproduciamo: di fatto lo sono. Ma sono testi di questo
tipo di teatro, e al pari di esso hanno alcune caratteristiche peculiari,
che li distinguono da altre famiglie di testi teatrali. La prima, che è
molto importante segnalare, è la seguente: non hanno alcuna autonomia
"letteraria" sulla carta. Sono nati all'interno di un processo
organico e plurale, come membra funzionali e inscindibili di esso, e come
tutte le altre membra la loro unica vita è stata in scena. Quindi,
per ricostruire il loro senso, non li si può leggere come brani
autonomi (in chiave letteraria, drammaturgica, semiologica, mediologica,
o altra), ma come appendice, o esempio, o conseguenza di tutto ciò
che abbiamo finora raccontato. Se questo racconto fatto finora ha funzionato,
forse in parte li si comprenderà.
Dopo questa premessa generale, servirà una breve nota di natura
più tecnica. Come per ogni altro dispositivo letterario, chiarire
la funzione nativa di questi due testi aiuterà a comprenderne la
natura anche stilistica. La loro funzione era in origine quella di promemoria
della sequenza di azioni e parole per le guide e gli attori. Promemoria
perché dovevano ricordare l'ordine di azioni che gli attori conoscevano
già, non illustrarne di nuove. Questa funzione è esattamente
opposta a quella dei testi teatrali tradizionali: in quelli, azioni nate
sulla carta sono trasferite in scena, tramite le "didascalie";
in questi, azioni nate in scena sono trasferite sulla carta, al fine della
memoria: "descritte", non "prescritte". Mentre
nel primo caso lo scrittore, preoccupato dell'efficacia prescrittiva, spesso
si spinge a dettagliare in didascalia atti e gesti fino a effetti grotteschi,
nel nostro caso era più che sufficiente, per l'azione della "danza
silenziosa", scrivere appunto "danza silenziosa", e
gli attori sapevano che fare.
Infatti le prime stesure dei testi erano tali: una serie di brani letterari alternati a titoli o nomi d'azioni ("ciechi", "blackout", "saluto ai morti", "deposizioni", "carrello del Poeta", etc.). Fogli tecnici degli attacchi e dei segnali, scritti d'officina che non avevano alcuna leggibilità all'esterno.
In seguito, poiché invece era inevitabile un certo uso pubblico dei testi (per i committenti, per la stampa, per il pubblico stesso, e "per i posteri"), la descrizione delle azioni si è arricchita di dettagli: inutili a ricordare le azioni a chi le conosce già, ma utili a suggerirne un'idea a chi legge senza vederle. Pochi dettagli, tuttavia, e con giudizio: per non tradire la natura originaria di "copioni di lavoro", spacciandoli per altro genere di testi; e poi per non cadere nel paradosso dei cartografi cinesi di cui narra Borges, che a forza di affinare la scala produssero mappe grandi quanto lo stesso territorio: copie cartacee, inutili, del mondo.
Nel copione per le dieci piazze, queste descrizioni più dettagliate delle azioni entrano nel corpo del testo come didascalie tradizionali, alternandosi cioè alle battute e riferendosi ad esse. Nel copione per Piazza Maggiore si raccolgono invece in cinque brani didascalici iniziali che descrivono l'intera azione, seguiti dai testi letterari, e senza riferimento ad essi.
1 . Macerie
Macerie: si accendo tre lampadine nude, pendenti sul mucchio.
Gli attori non si vedono, si sentono risate.
2 . Lo Sbandato
Un uomo solo si fa avanti, scala il mucchio: è lo
SBANDATO, figura addolorata che vaga tra le macerie senza sapere che fare,
con gesti infantili, con lamenti. Raccoglie pietre e tenta di trasportarle,
ma gli cadono, o non sa dove deporle. Allo stesso modo, imprende e lascia
altri atti inconcludenti.
3 . La Ragazza Che Ride
Da dietro il mucchio una RAGAZZA CHE RIDE viene avanti, attraversa
di corsa le macerie, va a prendere per mano tra il pubblico un'ALTRA RAGAZZA,
la porta sul mucchio dicendole:
RAGAZZA CHE RIDE: - Pensa che sui giornali il
giorno dopo c'era scritto: questa volta bisogna prenderli subito...
Ridono tutt'e due e corrono via scomparendo
dietro il mucchio, da cui altre risate fanno eco.
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4 . Il Morto Viaggiatore
Sorridente e impetuoso marcia fuori dalle macerie il MORTO
VIAGGIATORE, trascinandosi dietro, allacciato alla vita, un altro MORTO
che cerca invano di trattenerlo, e che infine perde la presa, cade, e giace
fermo.
Mentre il MORTO VIAGGIATORE prosegue avanti, e durante la sua azione successiva, lo SBANDATO solleva tra le braccia il corpo del morto caduto: ma non sa che farne, e dopo una serie d'intenzioni mancate, lo ridepone a terra.
Il MORTO VIAGGIATORE, ora davanti al pubblico,
comincia a cercarsi addosso qualche piccolo oggetto importante che teme
di avere perduto. Fruga sempre più affannato, finché lo trova:
lo descrive con affetto e divertimento, senza mostrarlo. Il TESTO è
LIBERO, ma finirà con la frase:
MORTO VIAGGIATORE: - ... è importante,
così mi riconoscono...
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5 . Il Volo dei Morti
Sorgendo da dietro il cumulo, tutti gli attori in corsa con
borse e valige occupano le macerie, come uno stormo d'uccelli: sono i MORTI.
Sono belli, ridenti, loquaci, prendono possesso del luogo, e sistemano
le loro piccole cose come a ricostituire un pezzo di casa. Il MORTO VIAGGIATORE,
sempre in piedi davanti al pubblico, dice:
MORTO VIAGGIATORE: - Non entusiasmarsi solo per
lo spirito,
ma finalmente anche per un pranzo,
per la linea di una nuca, per un orecchio
Avere le dita nere per aver letto il giornale
Camminando, sentire che le ossa camminano con te
Togliersi le scarpe sotto il tavolo, sgranchirsi le dita dei piedi
Una parola affettuosa. Oggi ti amo tanto
Prendere in mano una mela, toccare qualcosa
Sfregarsi le mani quando sono fredde
Farsi urtare
La luce del mattino
Lo sguardo di un bambino
Le macchie delle prime gocce di pioggia
Le venature dei fogli di carta
L'erba che si muove
I colori delle pietre
I ciotoli sul letto del ruscello
La tovaglia bianca all'aria aperta
Il vicino che dorme nell'appartamento accanto
La quiete della domenica
Andare in bici senza mani
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6 . Le Presentazioni
D'improvviso i MORTI si accorgono del pubblico, e interrompendo
i loro atti vanno a presentarsi. Scendono dalle macerie, si fanno avanti
verso gli spettatori, si rivolgono direttamente ad essi con questi atti
e testi, in questa successione:
a) Mostrano un vestito o una borsa, che descrivono con TESTO LIBERO ma
partendo tutti da questo attacco:
TUTTI: - Se partissi per un viaggio senza... porterei...
b) Dicono, in disordine polifonico, questi
"pensieri sparsi":
Il nome non conta
e nemmeno i miei anni,
che erano venti
Ero già stanca quel giorno,
in stazione
E chiedi ad Anna
se è chiusa la porta
se il gas l'ha spento
prima di venire
in stazione e andare...
Il telefono non suona,
su nell'ufficio,
ma rispondete, rispondete lo stesso,
non si sa mai
che la Chicca mi chiami
Il caldo è tremendo,
faccio un cliente ancora
E io andrei in collina
a farmi un bel bianco,
frizzante
Proprio in quell'istante
pensavo di scriverti
una piccola lettera
Passavo di lì,
ero uno dei tanti
Ho comprato la birra,
papà,
ma, vedi, s'è rotta
Francesco,
il treno per Bari
è quasi in stazione
Ho traversato l'Italia
per avere un lavoro
Ho perso il mio sacco
e il maglione nuovo
che m'hai regalato
Guarda che c'è una camicia
stirata di fresco
Mi ero fermata,
venendo in stazione,
a una vetrina
perfetta, splendente
coi prezzi sempre
più alti
Ci sono bambini? Ci sono bambini?
No, sono tre adulti, di cui uno forse è una donna
c) Estraggono dalla borsa e leggono i frammenti
di un libro (TESTO: le STRISCIOLINE tratte dai libri di ogni attore)
d) Mostrano in silenzio una foto; non appena
cominciano a parlarne vengono interrotti dal BLACK OUT.
MORTI: - In questa fotografia si vede...
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7 . Il Blackout
Sul gesto del mostrare la fotografia uno degli attori - che
da questo momento sarà il CUSTODE - grida:
CUSTODE: - "NO!"
E i MORTI franano a terra. L'azione si ripete alcune volte con questa struttura: ad ogni "NO!" i corpi cadono afflosciandosi, per poi rinascere immediatamente, ritrovando la stessa identica forma e forza dell'atto in cui erano caduti (la presentazione della foto).
Infine i MORTI cominciano a retrocedere sul
mucchio verso il fondo, incantati nel gesto interrotto del crollare a terra,
senza crollare mai del tutto. E' il CUSTODE che li ricaccia indietro, dicendo
così:
CUSTODE: - Piantatela
cercate di sparire presto da questa terra.
Non ci deve restare nessuno, neanche noi che parliamo
l'estate passi presto. Passi svelta la vita.
(e poi tra sé)
Anche i morti non tornano più in sogno.
Chi ricordava confonde gli amici e i nemici.
Quando all'orfano dici: 'Ho conosciuto tuo padre'
va via senza rispondere.
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8 . Le ondate dei Morti Viaggiatori
Il CUSTODE, rimasto solo, pulisce e sistema le macerie. Avanza
da dietro il mucchio, suonando uno strumento e sorridendo, un secondo MORTO
VIAGGIATORE, preceduto e accompagnato da sbuffi di polvere, e coperto di
polvere egli stesso. Il CUSTODE ancora lo ricaccia indietro, con lo stesso
testo.
CUSTODE: - Piantatela
cercate di sparire presto da questa terra.
Non ci deve restare nessuno, neanche noi che parliamo
l'estate passi presto. Passi svelta la vita.
(e poi tra sé)
Anche i morti non tornano più in sogno.
Chi ricordava confonde gli amici e i nemici.
Quando all'orfano dici: 'Ho conosciuto tuo padre'
va via senza rispondere.
Ma il morto ritorna accompagnato da altri due
MORTI VIAGGIATORI, e tutti e tre vengono ancora ricacciati dal CUSTODE
allo stesso modo e con lo stesso testo. Infine TUTTI I MORTI insieme, impolverati
e ridenti, scalano il mucchio. Ma giunti in cima si bloccano in una posizione:
il CUSTODE li va a pulire e spolverare, mentre dice:
CUSTODE: - Oh quanta gente
morta su una strada
la storia è passata senza vedere!
Oh quanta gente
morta su una strada
sembra aspettare
e non aspetta più...
E passa l'aria
e corre lontano
dove la gente sogna che la vita
si tiene nascosta
ma un giorno tornerà.
Alcuni morti crollano, altri li sorreggono:
si formano le coppie delle Deposizioni.
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9 . Le Deposizioni
Ogni VIVO tiene tra le braccia un MORTO: alcuni cullano,
altri piangono, altri narrano una favola, altri raccontano i fatti di casa,
altri tentano di rianimare, etc. Uno solo dei VIVI dice al suo MORTO (ma
in modo che risalti sull'insieme polifonico):
VIVO: - Parla dell'amore che bisogna strappare
e mangiare.
Comanda che tempo non c'è che per sempre
tutto se non si vince ritornerà.
Dì come ci hanno uccisi e i nomi dei nemici.
10. La Danza
Silenziosa e la Visione della Banda
Uno dei VIVI si stacca dal gruppo, si porta ai margini delle
macerie, comincia a girare intorno al mucchio con un semplice passo di
danza, senza musica alcuna. Uno ad uno, tutti gli altri lo seguono e prendono
quel passo, formando man mano un gruppo compatto: passando davanti al pubblico,
gli attori tengono gli sguardi fissi su di esso. Mentre questa Danza Silenziosa
si svolge in due o tre giri attorno alle macerie, ricompare al centro del
mucchio lo SBANDATO, che ha una visione:
SBANDATO: - Ecco, sì, adesso vedo: i giovani, nei vaporosi vestiti primaverili, le giacche leggere sulle spalle; hanno magliette bianche, o giacchette di cotone color pastello, azzurro, ocra, arancione, verde zaffiro color del mare. Parlano a gruppi coi visi sereni, seduti nei bar, intorno a svolazzanti tavolinetti dai ricami di pizzo; sorbiscono il caffè in bianchissime porcellane, attingono dai vassoi ricolmi di pasticcini.
Le signore sono affacciate ai balconi infiorati, tutt'intorno alla piazza e in fondo alla strada; intanto la banda avanza festosissima, circondata da un nugolo di ragazzini vocianti.
La banda frastornante adesso è in prossimità della piazza. Le ragazze vestite di bianco improvvisamente si girano a guardare i bellissimi musicanti dal corpetto blù. I ragazzini imbambolati spalancano gli occhi.
12. Il Saluto
ai Morti
Infine i CIECHI paiono sentire un richiamo lontano. Si fermano
nella loro ricerca, vanno verso il pubblico: ora vedono, e cominciano a
salutare qualcuno che è lontanissimo oltre le ultime file. Due dicono:
VOCE 1: - Parla dell'amore che bisogna strappare
e mangiare.
Comanda che tempo non c'è che per sempre
tutto se non si vince ritornerà.
Dì come ci hanno uccisi e i nomi dei nemici.
VOCE 2: - Ma quello che non sappiamo di volere
quello che non sappiamo di vedere?
Due sono muti, e accennano solo con la mano.
Due sorridono e parlano, ma senza voce. Due danno quiete informazioni sulla
vita familiare che continua. Uno invita ridendo a giocare. Uno chiama con
voce disperata. Gradualmente finiscono per tacere tutti, e salutare
in silenzio; e nel silenzio, uno di loro dice questo testo:
VOCE: - Al principio essi ricordavano molto bene
la persona amata che avevano perduto e la rimpiangevano.
Poi ne persero la memoria. Non che avessero dimenticato quel volto, ma
aveva perduto la sua carne, non lo scorgevano più nell'intimo di
loro stessi.
Ci si stanca della pietà, quando la pietà è inutile.
Provarono la sofferenza dei prigionieri e degli esiliati, che è
vivere con una memoria che non serve a nulla.
Al grande e selvaggio slancio delle prime settimane era succeduto un abbattimento
che si avrebbe torto a prendere per rassegnazione, ma che tuttavia era
una sorta di provvisorio consenso.
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13. Il Lavoro della Ricostruzione
Intanto gli altri, come riscuotendosi lentamente, tornano
sulle macerie e si mettono al lavoro: spostano pietre, se le passano, se
le lanciano, le accumulano, tentano di costruire tumuli. Qualcuno sposta
le lampadine a saliscendi.
14. Il Dialogo
tra l'Innocente e il Consapevole
Senza interrompere questo lavoro, ma inserendosi in esso,
parte un Dialogo in cui si alternano quattro coppie, che parlano quietamente.
Prima coppia:
INNOCENTE 1: - Sarò egoista, ma io non lo sento questo grande
dolore. Ne parliamo perché è stata una cosa grande, una cosa
pubblica.
CONSAPEVOLE 1: - Ma è appunto per questo, non capisci? Quei morti
non sono più anonimi per noi, son diventati morti collettivi. Sono
anche nostri.
INNOCENTE 1: - No, guarda: se muore mia nonna, quello si è un morto
mio.
CONSAPEVOLE 1: - Ma tua nonna perché è morta?
INNOCENTE 1: - Cosa c'entra questo? Chi muore muore, che glie ne frega
a lui perché è morto? La morte è la morte per tutti.
CONSAPEVOLE 1: - No invece: c'è morte e morte, come c'è vita
e vita. Tua nonna è morta per fatti suoi, questi sono morti per
fatti degli altri. E quindi sono morti di tutti.
Seconda coppia:
CONSAPEVOLE 2: - Sono morti perché qualcuno li ha ammazzati
per uno scopo che non li riguardava per niente. Li ha ammazzati perché
voleva dimostrare qualcosa a tutti, e quindi sono morti di tutti.
INNOCENTE 2: - E allora sentirli miei è una specie di dovere civico?
CONSAPEVOLE 2: - Macché dovere civico! Il dolore non è un
dovere, lo senti o non lo senti, e basta.
INNOCENTE 2: - E tu allora perché lo senti?
CONSAPEVOLE 2: - Perché la vita di ognuno è sacra, intoccabile.
Terza coppia:
INNOCENTE 3: - Io voglio dire questo: il dolore, il ricordo, la disperazione,
sono tutte cose che passano. Magari è proprio questo che vogliono
da noi. Indignatevi bene, disperatevi bene, così poi vi sfogate,
vi passa e state buoni; oppure state lì a ricordare, così
state buoni anche meglio.
CONSAPEVOLE 3: - Su questo magari hai ragione, il rischio c'è. Ma
allora cosa vuoi fare tu?
INNOCENTE 3: - Io voglio fare qualcosa di diverso, di proprio diverso.
Io non c'entro con questa storia qui: quando è successa avevo nove
anni! Il mio problema non è né ricordare né dimenticare.
E' fare qualcosa di nuovo.
CONSAPEVOLE 3: - Ma perché, credi che la memoria sia una cosa passiva?
INNOCENTE 3: - Be', un po' sì, perché è girata indietro,
e poi perché è quello che si aspettano da noi, te l'ho detto.
Quarta coppia:
CONSAPEVOLE 4: - No, ecco, qui è il punto. Loro si aspettano
da noi una memoria passiva, come dire, cerimoniale... Anniversari commemorazioni
eccetera. Invece c'è una memoria che non è passiva, è
un'attività, è un'azione.
INNOCENTE 4: - E quale sarebbe questa memoria attiva?
CONSAPEVOLE 4: - Quella che collega il passato col futuro. Le stragi, il
frutto di quelle stragi che sono nel passato, è qui davanti ai nostri
occhi, nel presente. E poi anche davanti a noi, nel futuro. In un certo
senso quella bomba è scoppiata ieri, anzi: sta continuando a scoppiare
tutti i giorni. Loro vogliono che facciamo commemorazioni, cioè
vogliono solo mezza memoria da noi, quella da qui al passato. Ma noi invece
dobbiamo sparargliela tutta intera: dalla strage a oggi, e poi avanti a
domani. Quella è la tomba che dobbiamo costruire, altro che commemorazioni!
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15. Ismene la Sposa
La nota tenuta di uno strumento chiude il Dialogo. Sorgendo
maestosa da dietro il mucchio, viene avanti ISMENE LA SPOSA come un sogno,
vestita di un lungo abito colorato ed elegante, seguita dal suo suonatore.
I costruttori la guardano, e subito mutano il loro lavoro: mentre cammina
le costruiscono davanti ai piedi una strada di pietre. Ecco il suo testo.
ISMENE: - Sì, qui nella reggia sono rimasta solo io, Ismene. Le notti sono belle, di questa stagione, e se apro tutte le finestre, in tutte le cento stanze, posso correre da una stanza all'altra per inseguire la luna che scappa, ma vince sempre lei.
Io so a memoria i nomi di tutti i morti, e li dico tutte le notti ad uno ad uno, con la città di provenienza e l'età. Posso dirli dall'inizio, dalla fine e da metà, in ordine di città, in ordine d'età, o in ordine alfabetico. Ho cominciato per ammazzare il tempo e la solitudine, poi ho visto che il tempo e la solitudine non morivano ma crescevano. E poi ho visto che succedeva qualcos'altro: crescevano anche i morti.
Sì, se li nutrite bene, i morti crescono, crescono bene, sapete, sani e forti.
Crescono all'improvviso, con un colpo di reni ogni notte, così... E mentre io dico i nomi, riempiono tutta la casa. Polinice è quello che viene sù meglio. Era un ragazzo piccolo, da vivo, nervoso, forte, ma sembrava come stretto nella forza come in una giacchetta troppo stretta. Ora no, ora è diverso: è scoppiata la buccia ed è fiorito come un melograno. Ora frondeggia, largo, e non si fermerà mai. Anche Antigone non scherza, viene sù baldanzosa e fiera, come al solito, piena di forza e cocciuta come un olivo. Può darsi che a sfondare il tetto ci arrivino insieme. Sarebbe bello, mi piacerebbe: tutti i fratelli insieme, come prima. Anche io ci sarò, quel giorno.
Mi fanno ridere i giornali. Li chiamano già fantasmi: forse pensano che è passato abbastanza tempo, che ci si può fidare, e dimenticare. Sì sì, vedranno. Voglio proprio esserci anch'io, quel giorno. Perché è così: se li nutrite bene, i morti crescono, crescono bene, sani e forti.
E solo dopo, quando tutto sarà compiuto, potremo seppellirli per bene, povere creature. Mi viene da ridere pensando alle buche che ci vorranno, saranno costretti a tirar giù un po' di templi e mercati. Come tentare di seppellire ottantacinque balene buttate sulle spiagge all'improvviso, in un giorno d'agosto.
E dopo, anch'io mi sposerò, perché sono ancora giovane e bella: anzi, sempre più giovane. Si vede che ricordare fa bene. Mi sposerò e avrò dei figli, e li nutrirò bene, perché crescano sani e forti anche loro.
Adesso devo andare. E' già notte, è già ora del gioco. O del compito, è lo stesso. Stanotte... stanotte comincio da... Sì, da lei.
Angela Fresu, anni tre, Cagliari...
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16. Il Ritrovamento delle Pietre
Prima che la SPOSA finisca partono tutti, con urgenza, in
cerca di qualcosa. Scavano tra le macerie come cani, molta polvere vola,
trovano una pietra, la spolverano, la mostrano con dignità venendo
avanti e cantando "MOHDE ANI": è la loro pietra.
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17. Antigone
Nella nuvola di polvere, due donne vengono avanti, seminando
polvere come fosse grano, e dicendo (in coro o in contrappunto):
ANTIGONE: - Guardatemi, concittadini miei!
faccio l'ultima strada,
questa è l'ultima volta
che vedo il sole, e non ci sarà
altra luce.
Antigone ridiscende, attratta dal peso del suo
cuore verso i bassifondi del campo di battaglia; cammina sui morti come
Gesù sulle onde.
Fra quegli uomini livellati riconosce il fratello Polinice, da quella sua
nudità sinistramente esibita, da quella sua solitudine che lo circonda
come un picchetto d'onore.
Benché morto, Polinice esiste come il dolore.
Vinto, spogliato, morto, ha toccato il fondo della miseria umana: nulla
si interpone fra di loro, nemmeno una virtù, nemmeno un punto d'onore.
Innocenti delle leggi: le loro due solitudini si incontrano esattamente
come due bocche nel bacio. Si curva su di lui come il cielo sulla terra,
ricreando così nella sua nudità l'universo. Quel morto è
l'urna vuota in cui versare d'un solo colpo tutto il vino d'un grande amore.
Cosa mi può aiutare?
Con la pietà mi sono macchiata di empietà.
Bene: se questo è giusto per gli dei,
scontando la pena capirò la colpa.
Ma se la colpa è d'altri,
vorrei solo che non soffrissero di meno
di ciò che soffro
ingiustamente
io.
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18. La Danza Silenziosa e l'Informazione
Politica
Un attore si porta davanti al pubblico, e tenendo lo sguardo
fisso su di esso, prende il passo di danza. Presto alle sue spalle si aggiungono
tutti gli altri, e nasce nuovamente la Danza Silenziosa, che traccia il
suo lento giro intorno al mucchio. Uno per volta, in direzione centrifuga,
con la pietra in mano, ciascuno si avanza verso il pubblico, e narra i
fatti con queste parole (solo il penultimo brano - "i nomi" -
è detto TUTTI INSIEME):
VOCE 1: - L'esplosione avvenuta il 2 agosto 1980
presso la stazione centrale di Bologna, fu causata da una carica esplodente
collocata nella sala di seconda classe (nell'angolo destro sul tavolinetto
portabagagli, a circa 50 cm dal suolo), e, probabilmente, all'interno di
una borsavaligia, del tipo con cerniera e piedini metallici.
VOCE 2: - La carica era composta da circa kg 2025
di esplosivo gelatinato di tipo commerciale. L'innesco della carica era
probabilmente affidato a un temporizzatore artigianale.
VOCE 3: - distanza entro cui si ebbe morte diretta:
m 45
- distanza entro cui si ebbero danni molto gravi: m 1012
- distanza entro cui si ebbero danni seri: m 18
- distanza entro cui si ebbero danni lievi: oltre i m 20
VOCE 4: - E' stato accertato:
- che si trattava di un composto esplosivo di forma circolare, proveniente
da scaricamento di granate e munizioni militari;
- che Fachini aveva in passato impartito istruzioni tecniche sul modo di
confezionare ordigni esplosivi, istruzioni che raccomandavano appunto l'uso
di un detonatore secondario per gli esplosivi più sordi.
VOCE 5: - Non c'è alcuna delle persone
coinvolte nell'indagine e sospettata di aver commesso la strage che non
risulti in qualche modo, a volte sulla base di prove, altre volte di semplici
indizi, collegata ai servizi segreti.
VOCE 6: - Se ne può trarre la conclusione
che si è costituito in Italia un potere invisibile collegato alla
criminalità organizzata, al terrorismo, ad ambienti politicomilitari,
ai servizi segreti, alla massoneria. Tale potere è divenuto un vero
e proprio stato nello stato.
VOCE 7: - La commissione parlamentare d'inchiesta
sul fenomeno della loggia massonica P2 definisce la loggia come una "associazione
politica, il cui fine non è quello di pervenire al governo del sistema,
bensì quello di esercitarne il controllo".
VOCE 8: - Per avere un'idea della vastità
delle infiltrazioni della loggia P2, è sufficiente dire che nelle
liste figuravano: 52 ufficiali dell'Arma dei Carabinieri, 50 dell'Esercito,
37 della Guardia di Finanza, 29 della Marina, vertici del mondo imprenditoriale
ed industriale, 10 presidenti di istituti di credito, 10 direttori generali
e numerosi funzionari del mondo dell'editoria, del giornalismo e della
Rai TV.
VOCE 9: - Exministri e funzionari del ministero
della Pubblica Istruzione, dei Trasporti, delle Finanze, dell'Agricoltura
e Foreste, di Grazia e Giustizia, della Sanità, dell'Industria e
degli Affari Esteri, del Commercio Estero, del Tesoro, della Difesa e delle
Partecipazioni Statali. Inoltre, deputati e senatori.
TUTTI: - I nomi: Berlusconi, Genghini, Rizzoli,
Roberto Calvi e Michele Sindona, Stammati, Manca, Foschi, Sarti, Pedini,
Bucciarelli Ducci - Birindelli, Miceli, Caradonna e Tedeschi (MSI) - Labriola,
Manca e Cicchito (PSI) - Longo e Belluscio (PSDI) - Bandiera (PRI) - Baslini
(PLI) - De Carolis, De Jorio, Mario Einaudi, Carenini, Arnaud e Danesi
(DC).
VOCE 10: - Le stragi dovevano restare impunite,
poiché è questo un aspetto non secondario della strategia
posta in atto: ingenerare nell'opinione pubblica un senso di profonda frustrazione
e di totale sfiducia nei confronti delle autorità e dello stesso
impegno politico, impotenti a prevenire il ripetersi di nuovi eccidi.
Alla fine il CUSTODE, rivolto al pubblico,
dice:
CUSTODE: - Cittadini di Bologna, non indignatevi.
E' tutto uno scherzo.
Le stragi sono il destino degli uomini e delle donne
e dei bambini e della Guardia Civile. Anche i Servizi che servono
sono il destino dell'uomo.
E' stato uno scherzo.
Con tante scuse.
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19. Il Lancio delle Pietre
Ora gli attori sono tutti di fronte al pubblico, compatti.
Lentamente levano il braccio, caricano il gesto come per scagliare la loro
pietra, raggiungono l'acme di tensione, si bloccano. Cade la tensione del
braccio ma non quella dello sguardo: sempre fissando il pubblico, le voci
intonano "MOHDE ANI". Infine si chinano, miti, e caricano di
pietre le loro borse. Uno solo resta in piedi, col sasso in mano, e dice
sul canto:
VOCE: - Questo è il vero giudizio finale:
dimenticare di avere voluto
essere veri giusti eguali liberi
e non sentirne più dolore:
questa è la nostra condanna finale e per sempre.
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20. Epilogo
Mentre quest'ultimo a sua volta si ritira e prepara la sua
borsa di pietre, il CUSTODE avanza verso il pubblico e dice:
VOCE: - Raccontano che anticamente le città erano costruite sui morti. Gli antenati erano sepolti là sotto e i loro corpi davano cibo alle mura, che crescevano robuste, sane e belle.
Ma i morti, per poter riposare in pace, hanno bisogno che la loro storia sia narrata tutta intera, che sia detta la loro morte, tutta intera, dai vivi che restano, dalla memoria di quelli che verranno.
Se questo non accade, vedete, nessuna tomba è pura, i morti restano ombre potenti, e i corpi immensi contageranno il cuore dello stato.
E allora che razza di città, quale stato, quale nuova repubblica può essere mai costruita su questi morti inquieti? Su questi antenati che non abbiamo mai soddisfatto con la sottile polvere della verità? Ed è per noi, non è per loro, attenzione: noi, non loro, dovremo vivere poi in "quella" città.
Eppure la pietra qui nella mano è pronta,
vedete come è bella, è dura, è vera. Prendetela, come
un pegno. La sua storia è ancora tutta da narrare. E' il pezzo mancante
della città da edificare.
Con parole proprie, da questo punto, lui e
ogni altro porgono un sasso ad alcuni spettatori, invitano gli altri a
raccoglierne uno dal mucchio delle macerie, e a seguirli nella processione
fino alla Piazza. Quando è il momento, parte il canto della "NINNA
NANNA": ciascuno pianta in terra un bastone nel punto in cui era,
e va.
Quadro secondo: "L'INDIGNAZIONE"
Testo corale per Piazza Maggiore
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