Laboratorio Teatro Settimo
AB ORIGINE: LUOGHI PER DURA MADRE MEDITERRANEA
TESTI TEATRALI
I principali testi e materiali letterari elaborati nel corso
del laboratorio
a cura di Bruno Tognolini
PROCOLO
Prima
Versione
Seconda
Versione
Indice
dei TESTI
Indice
del SAGGIO
Indice di
Dura Madre Mediterranea
"IO MI CHIAMO PROCOLO"
Prima versione
Questa prima versione è già evidentemente una seconda.
La prima era basata su brani tratti da breviari e libri liturgici proposti
dal regista all'attore, e conditi da quest'ultimo con spunti rapidi e scatenati
di improvvisazione. Da una di queste improvvisazioni, più
estesa e prorompente delle altre, il regista mi chiese di trarre questa
prima sintesi.
Siccome desidero grandemente che ogni giorno facciate qualche poco
di lettura spirituale, e penso che non tutti potete avere i libri a ciò
convenienti, così vi presento qui sette brevi considerazioni, distribuite
per ciascun giorno della settimana:
mercoledì: il giudizio
giovedì: l'inferno
venerdì: l'eternità delle pene
sabato: il paradiso
domenica: fine dell'uomo
lunedì: il peccato mortale
martedì: la morte.
La morte è una separazione dell'anima dal corpo, considerate pertanto
che l'anima vostra avrà da separarsi dal corpo: ma non sapete dove
avverrà questa separazione. Non sapete se la morte vi coglierà
nel vostro letto, o sul lavoro, o per istrada, o altrove. La rottura di
una vena, un catarro, un impeto di sangue, una febbre, una piaga, una caduta,
un terremoto, un fulmine, basta a privarvi della vita. Ciò può
essere di qui a un anno, a un mese, a una settimana, a un'ora, e forse
appena finita questa considerazione.
Io mi chiamo Procolo, che vuol dire lontano, ma non è il mio vero
nome. Mi chiamano Padre Procolo, ma io non sono padre di nessuno. Mio padre
è il Padre, ma io non l'ho mai visto. Io invece sono un prete ma
non sono mai stato ordinato, e non posso dire messa, e anche questo mi
fa sentire sempre più lontano.
Da cosa sono lontano io non lo so, ma so che c'è un posto dove devo
andare, oppure c'è qualcosa che devo fare, oppure qualcosa che devo
diventare, ma non so cosa, e allora sono sempre pronto.
Io sono teso, ma non sono pazzo. E' il silenzio
di Dio che non risponde e mi lascia qui senza sapere cosa vuole che faccia.
Io non sono un santo, ma non sono un uomo cattivo, sono teso.
I miei fratelli mi trattano bene, ed io non capisco se hanno paura di me
perché mi lascio prendere dall'ira che è un peccato, o se
mi amano così lo stesso. Io li amo lo stesso, tutti quanti, anzi
loro non lo sanno nemmeno quanto li amo, perché sono teso e non
lo so mai dimostrare. Io li benedico sempre nelle mie preghiere di notte.
Quanti la sera si posero a dormire stando bene, e la mattina furono trovati
morti! Quanti colpiti da qualche accidente morirono all'istante!.
Io sono forte, questo lo so. Sono figlio del Padre, da mio padre ho ereditato
la forza, troppa forza che non so dove metterla. Marziale ed Hacca, i miei
fratelli di sangue, loro che sono preti veramente, loro non sono forti
come me, ma io gli obbedisco. Ho imparato a obbedire perché chi
è forte deve obbedire, perché è quella la vera libertà.
Se uno è debole e obbedisce non c'è merito e non c'è
vera libertà. Io obbedisco a Padre Marziale e a Padre Hacca perché
sono preti del Signore, perché sono miei fratelli, perché
hanno conosciuto mia madre, ed io no. Obbedisco a Demetra perché
dopo il Padre viene lei nella casa, come nel cielo dopo Dio Padre Uno e
Trino viene Nostra Signora la Madonna. Sono anche pronto ad obbedire a
Dio, ma lui non mi chiede mai niente.
Prima, quando ero in giro per il mondo, quando non ero ancora prete, non
obbedivo mai a nessuno, non c'era nessuno che mi potesse costringere a
fare qualche cosa, se non volevo, e non volevo quasi mai. Poi mi hanno
spedito qui, in questa casa, per forza, ed allora io ho cominciato a stare
male. Vomitavo vomitavo tutto il giorno, e tutti i giorni, e non potevo
mangiare più nulla. In quel momento ho creduto di morire, e forse
stavo morendo veramente. Ma un giorno Nano, questo fratello che mi guardava
sempre, mi ha costretto a mangiare acciughe e pane secco, acciughe e pane
secco, acciughe e pane secco, e senza bere nemmeno un goccio d'acqua. E'
stata quella la mia Prima Comunione, i pani e i pesci come Gesù
Cristo. E non ho vomitato più e sono guarito.
Io voglio bene a Nano e rispetto il suo silenzio, lui non parla perché
i suoi ricordi è meglio che non li dica mai a nessuno, ma io li
conosco. Mi guarda perché capisce che lui poteva finire prete ed
io soldato, chissà perché non è andata così.
Io lo vorrei aiutare e l'aiuto che un uomo di Dio può dare a un
uomo perduto è uno solo: la santa confessione e la santa assoluzione
dai peccati. Solo io potrei ascoltare i suoi peccati senza essere sopraffatto
dall'orrore, perché l'orrore io lo conosco già. Ma proprio
questo io non posso fare, perché non sono un prete, perché
non posso amministrare i sacramenti, perché la legge di Dio me lo
impedisce, ed io devo obbedire. Padre Marziale e Padre Hacca, i miei fratelli,
sono preti per Dio e per la sua legge, possono confessare, assolvere, comunicare
tutti. Ma lui no, perché l'orrore è un vino troppo forte,
e le loro anime sono vasi troppo stretti. Loro non vogliono, ed io non
posso bere il vino del tuo passato, Nano, e qui nessuno ti libererà.
Nessuno libererà me dalla mia forza, se non la mia obbedienza, se
non questa veglia che è tesa, senza un minuto di pace, e senza sogni.
Io sono teso come un arco puntato nel cuore di mia madre, che mi ha lasciato
solo. Puntato nel cuore di mio padre che ha lasciato sola mia madre, me,
e tutti quanti. Puntato nel cuore di Dio, che mi ha dato solo acciughe
e pane secco, e poi mi ha lasciato solo, per anni, e da anni io faccio
questa preghiera tutte le mie notti senza sonno, per un po' di quiete,
per poter riposare, perché sono stanco.
Dio, anche se sono stanco, tu tienimi sveglio, affinché sia io il
primo che vede mio padre, quando arriva, ed accenda le luci. Dio, proteggimi
dalla minaccia, e concedimi di proteggere da lei i miei fratelli.
Padre, mostrami che la minaccia non sei tu.
Prima
Versione di PROCOLO
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Indice dei TESTI
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Seconda versione
Questa seconda versione è quindi una terza, scritta per
sviluppare più in profondità i temi già ricchi della
precedente, e per meglio intrecciarli con la drammaturgia delle altre "matrie".
Mi pare di ricordare che la prima ebbe il sopravvento.
Io mi chiamo Procolo, che vuol dire lontano, ma non è il mio vero
nome. Mi chiamano Padre Procolo, ma io non sono padre di nessuno. Mio padre
è il Colonnello, che è un soldato, ma io non l'ho mai visto.
Io invece sono un prete ma non sono mai stato ordinato, e non posso dire
messa, e anche questo mi fa sentire lontano sempre più.
Da cosa sono lontano io non lo so, ma so che c'è un posto dove devo andare, oppure c'è qualcosa che devo fare, oppure qualcosa che devo diventare, ma non so cosa, e allora sono sempre pronto.
Io sono teso, ma non sono pazzo. E' il silenzio di Dio che non risponde e mi lascia qui senza sapere cosa vuole che faccia, come una volta aveva chiesto San Francesco. Io non sono un santo, ma non sono un uomo cattivo, sono teso.
I miei fratelli mi trattano bene, ed io non capisco se hanno paura di me perché mi lascio prendere dall'ira che è un peccato, o se mi amano così lo stesso. Io li amo lo stesso, tutti quanti, anzi loro non lo sanno nemmeno quanto li amo, perché sono teso e non lo so mai dimostrare. Io li benedico sempre nelle mie preghiere di notte, ma più ancora di giorno io li sorveglio. Io sorveglio tutti, vedo tutti, perché sono sempre pronto a qualche cosa e forse questa cosa non è un dono o una grazia, ma è una minaccia, e allora io mi tengo pronto a proteggerli.
Io sono forte, questo lo so. Sono figlio del Colonnello, da mio padre ho ereditato la forza, troppa forza che non so dove metterla, come dice sempre Gaia, ma se succede qualcosa posso proteggere tutti, anche Nano, che è stato soldato, ma non è forte come me. Anche Marziale ed Hacca, i miei fratelli di sangue, figli della povera madre morta suicidata, loro che sono preti veramente, anche loro non sono forti come me, ma io gli obbedisco. Ho imparato a obbedire perché lo dice la regola dei santi, ma non solo per quello, perché chi è forte deve obbedire, perché è quella la vera libertà. Se uno è debole e obbedisce non c'è merito e non c'è vera libertà. Io obbedisco a Padre Marziale e a Padre Hacca perché sono preti del Signore, perché sono miei fratelli, perché hanno conosciuto mia madre, ed io no. Obbedisco a Demetra perché dopo il Colonnello viene lei nella casa, come nel cielo dopo Dio Padre Uno e Trino viene Nostra Signora la Madonna. Sono anche pronto ad obbedire a Dio, ma lui non mi chiede niente.
Prima, quando non ero arrivato qui nella casa, quando non ero ancora prete, non obbedivo mai a nessuno, non c'era nessuno che mi potesse costringere a fare qualche cosa, se non volevo, e non volevo quasi mai. Ho cambiato trenta lavori, trenta paesi, trenta vite. Ho fatto il marinaio sui mercantili, l'idraulico, il muratore, sono stato in Libano, a Portorico, a Miami, a Suez, conosco i motori navali. Da ragazzo andavo con gli amici a picchiare nelle discoteche ed eravamo quasi delinquenti. Bevevo, rubavo, rubavo nelle chiese. Poi lavoravo di notte, nelle radio, e parlavo con le donne che telefonavano tutta la notte in diretta per cercare compagnia, e poi mi davano anche appuntamenti. Così ho cominciato a vivere di notte. Una volta eravamo ancorati al largo di Tarragona, eravamo lì da più di un mese non so perché, in una nave greca che puzzava più delle fogne, con quindici uomini di equipaggio che erano tutti delinquenti e io avevo sedici anni e avevo paura che mi ammazzassero di notte. Stavo male, vomitavo tutto il giorno, da molti giorni stavo chiuso in cabina e vomitavo. In quel momento ho creduto di morire. Poi il nostromo, l'unica persona umana che c'era a bordo, anche se mi trattava anche lui a pesci in faccia, il nostromo mi ha portato con la forza su in coperta, mi ha fatto mangiare acciughe e pane secco, acciughe e pane secco, acciughe e pane secco, e senza bere nemmeno un goccio d'acqua. E' stata quella la mia Prima Comunione, i pani e i pesci come Gesù Cristo. E non ho vomitato più e sono guarito.
Questo racconto sembra la vita di un santo, ne ho letto tante, che fanno i delinquenti e vivono nel peccato, ma poi si redimono e ritornano all'ovile. Io non mi sono redento. Ora non bevo più, non cambio lavori, non picchio nessuno, non vado con le donne, ma non sono redento lo stesso. Obbedisco, proteggo i miei fratelli ma non sono redento. Non lo so nemmeno come sia essere redenti, può darsi che sono redento e non lo so, che essere redento sia così. Ma io sono convinto che non sia, sono convinto che quando uno è redento non è più teso come me.
Io prego sempre il Signore che mi redima, ma mi viene il dubbio che non possa farci niente, che questa è un'eredità che io mi porto dietro, che viene da mio padre che è sempre in viaggio e non ha trovato la sua strada, e Dio deve redimere anche lui. Che viene da mia madre che era troppo coraggiosa e sincera e si è uccisa quando ha scoperto l'ipocrisia del mondo. O che viene da molto più lontano, non so da dove, ma lontano come lontano vuol dire il mio nome Procolo, in latino.
Qui parlano tutti del Colonnello, aspettano che torni, forse quando torna saremo redenti tutti insieme, o almeno mi sembra che loro pensano così. Ma io no, io non ci credo che il Colonnello sia il redentore, non so nemmeno se il Colonnello esiste. Comunque, se torna e minaccia la pace di questa casa e i miei fratelli, io sono pronto a proteggerli anche da lui. Io non lo temo.
Vedo che Nano, il mio fratello straniero che è stato militare di carriera, lui delle volte mi guarda in modo strano. Io voglio bene a Nano e rispetto il suo silenzio, lui non parla perché i suoi ricordi è meglio che non li dica mai a nessuno, ma io li conosco, anche se non li ha detti mai. Mi guarda perché capisce che lui poteva finire prete ed io soldato, chissà perché non è andata così. Io lo vorrei aiutare e forse un giorno lo convinco a confessarsi, perché sa che posso ascoltarlo solo io. E se succede dopo averlo ascoltato sarò ancora più teso, ma questo non fa niente se serve ad aiutarlo, perché tanto oramai sono abituato, e poi perché io sono un prete, anche se non posso dargli il sacramento.
Padre Marziale il mio fratello in Cristo e nella carne, è un pallone gonfiato, lui non è teso, lui è riflessivo e sa parlare bene, io no. Sa comandare, sa dire le cose giuste e le cose sbagliate, i fratelli lo ascoltano tutti, dopo Demetra viene lui. Ma lui non sa nemmeno che cosa voglia dire la vita, lui è nato già prete, può solo pregare, o comandare nella vita di ogni giorno, ma lui non può proteggere nessuno. Però io lo rispetto, e gli obbedisco. Padre Hacca, l'altro fratello, il maggiore, non si è redento neanche lui, ma forse nemmeno lo sa, perché lui è un uomo tranquillo e se qualche volta va a donne non fa nemmeno peccato veramente, perché per peccare bisogna essere seri, e Padre Hacca è un uomo contento, che ride o sorride e tutto diventa veniale, e non c'è colpa. Questi fratelli sono stati cresciuti da mia madre, e discutono sempre di madri, pro e contro, della Madonna e di Gesù incarnato, ma a me mi fanno ridere, perché io non sono né pro né contro mia madre, io sono senza, io sono sempre stato senza, e perché non discutono di questo?
Gli altri fratelli sono tutti diversi, Fosca, Gaia, Tea, Ulla, Radio, Vento, Ingrid, Lilith, Osso, Quaranta, Scolastica ed Esteban che sono morti ma sono sempre qui con noi, e tutti insieme vinceremo molte guerre, perché io sorveglierò sempre da lontano, anche se vivo qui e dormo e mangio e mi lavano la tonaca, io è come se fossi lontano e da lì vedo tutto.
Vedo arrivare la minaccia, vedo il pericolo, ma non arriva niente e io guardo, guardo sempre e sono teso.
Io sono teso come un arco puntato lontano da questa forza dell'ira che è un peccato, ma questa forza è la mia forza, e non ne ho altre.
Io sono teso come un arco puntato nel cuore di mia madre, che mi ha lasciato solo. Puntato nel cuore di mio padre che ha lasciato sola mia madre, me, e tutti quanti. Puntato nel cuore di Dio, che mi ha dato solo acciughe e pane secco, e poi mi ha lasciato solo, per dieci anni, e da dieci anni io faccio questa preghiera tutte le notti, per un po' di quiete, per poter riposare, perché sono stanco.
Dio, anche se sono stanco, tu tienimi sveglio, affinché sia io il primo che vede mio padre, quando arriva, ed accenda le luci.
Dio, proteggimi dalla minaccia, e concedimi di proteggere da lei i miei fratelli.
Dio, mostrami che la minaccia non sei tu.
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Questa pagina è stata aggiornata il 6 maggio 1997.